l salutare break estivo ci consente una pausa di riflessione.

Con un po’ più di tempo a disposizione, possiamo probabilmente leggere di più, confrontarci meglio con i nostri simili, ragionare più approfonditamente sui temi di attualità, sul momento che stiamo vivendo.

Proprio in questa parentesi di relax psico-fisica, Pickett ha voluto curiosare negli umori del paese.

Ha voluto, più che altro, testare gli umori, gli stati d’animo, i pensieri dei nostri concittadini durante un agosto caratterizzato dalla tragedia di Genova, dalla tristissima e inquietante vicenda della nave Diciotti nel porto di Catania, dal futuro incerto dell’Ilva di Taranto, dalle acrobazie dialettiche dei membri più rappresentativi dell’attuale maggioranza governativa, sempre molto più interessati e concentrati a valorizzare ogni episodio a fini propagandistici e partitici che non alla sua soluzione concreta.

Ne è venuto fuori un quadro contraddittorio.

Per certi versi sorprendente, per altri meno.

Cercando di fare una veloce sintesi, Pickett si è trovato spesso a registrare due diverse fotografie del nostro paese in questa difficile fase di transizione.

Da una parte i grandi media, per la maggior parte, concentrati nell’evidenziare i rischi che stiamo correndo in termini di credibilità internazionale, con una serie di “uscite“ propagandistiche che allarmano i nostri creditori: i “famosi“ sottoscrittori del nostro grande debito pubblico. Con loro una parte del Paese preoccupata delle vicende che dobbiamo ogni mattina apprendere con sgomento per l’incompetenza, l’arroganza e la miopia dimostrate dal nostro governo.

Dall’altra una popolazione, neanche troppo diversificata nei suoi diversi livelli sociali, che in gran parte approva le decisioni politiche governative e vive quasi con l’atteggiamento di una tifoseria calcistica i comportamenti tenuti dal nostro ministro dell’interno o dal nostro ministro dello sviluppo economico su temi complessi, articolati e spinosi come l’immigrazione, l’Ilva di Taranto, la nostra manovra finanziaria che dovrà essere adottata e deliberata nel prossimo mese di settembre.

“Era ora“, “Da tempo bisognava rispondere così ai burocrati di Bruxelles“, “È tempo di dire basta ai soprusi europei“, “Che i magistrati non provino a toccarci Salvini, se no…!“: questa è una rapida rassegna delle frasi più ascoltate da Pickett in questa pausa agostiniana.

Con una necessaria precisazione di carattere antropologico però: l’interlocutore, stimolato da domande o dubbi sollevati da Pickett, in una prima fase tentenna. Prima vuole capire da che parte stia l’intervistatore: soltanto quando ha la sicurezza di poter parlare sinceramente, senza remore, decide di sfogarsi. Sembra quasi che superi la vergogna, che sta provando, a tirar fuori dalla “pancia“ i peggiori sentimenti di rabbia, rancore, odio che ha dentro e che anche lui è consapevole che non sia molto virtuoso né dire né ascoltare.

Poi però diventa un fiume in piena: ce n’è per tutti, salvo che per gli attuali governanti che finalmente stanno facendo capire agli altri partner europei che non siamo il ventre molle sul quale infierire. Anche noi abbiamo la nostra dignità che riaffermeremo, se necessario, battendo i pugni sul tavolo e ribellandoci ad un atteggiamento vessatorio, incomprensibile e non accettabile dell’Europa. Anche a costo di… Qui, l’interlocutore, seppur stimolato, si ferma.

Capisce che la politica del “far saltare il tavolo“ si porta dietro il rischio dell’emarginazione, della perdita di credibilità a livello internazionale. Ma questa parte del ragionamento è troppo complicata: non porta da nessuna parte.

Più facile è semplificare, ragionare a slogan, gridare più degli altri, sfogare la bile e prendersela, di volta in volta, con i nuovi “nemici“, quelli individuati nella propaganda dei capi.

Aldilà di una generale preoccupazione di fronte a reazioni di parecchia gente, anche istruita, che decide di privilegiare le scorciatoie della semplificazione rispetto alla complessità di articolare dei ragionamenti costruttivi, basati sulla fattibilità, non sul velleitario, ci viene un dubbio: anzi una grande inquietudine!

La storia ci dovrebbe insegnare che in momenti di incertezza come quello che stiamo vivendo è pericolosissimo appiattirsi bovinamente dietro posizioni estremistiche che, individuato il nemico, si concentrano in una propaganda spesso manipolatrice, che combina pezzi di realtà con fake news o obbiettivi, forse anche affascinanti ma sicuramente utopici e devastanti. Questi fenomeni, storicamente, portano poi a delle delusioni cocenti quando, alla resa dei conti, il bilancio per il paese è stato disastroso e il futuro si dimostra pieno di incognite e ormai con pochissimi alleati.

In quel momento allora, quegli stessi soggetti che hanno appoggiato una propaganda devastante e non costruttiva, saranno pronti ad auspicare l’arrivo di “un uomo solo al comando“ che possa, finalmente, risolvere i problemi del paese.

Il finale del film lo conosciamo tutti e, non credo, vogliamo rivederlo nei prossimi mesi.

Detto ciò, un altro dato che ha colpito Pickett nel corso del suo curioso girovagare per vari territori del nostro paese è che, la stessa gente che cinque minuti prima grida, si accalora, partecipa, difende l’operato dei nostri governanti, la ritrovi in momenti di socialità collettiva, per esempio ad un concerto o ad un evento musicale pubblico, tutta compatta, sorridente, emozionata di fronte a un artista che, con talento e abilità , riesce magicamente a riprendere le fila del discorso e a farci tornare tutti uguali, compatti, convinti di quanto sia bello vivere in questo paese nonostante tutto.

Non sono quindi impazziti ma forse solo smarriti e stufi di una certa politica. Recuperabilissimi se non ci si dimentica di Loro, delle loro priorità, insicurezze, paure.

E allora sorge un interrogativo: l’anomalia di questa fase della storia italiana non è tanto fornita da chi ha legittimamente preso i voti e oggi governa il paese, quanto dalla totale mancanza di una alternativa reale e propositiva. Pur facendo parte di quella schiera di italiani che non hanno votato i nostri attuali governanti, ci rendiamo conto che, oggi, nonostante quello che stiamo vivendo, non esiste una vera opposizione. Vera nel senso di proporre e diffondere un progetto di governo alternativo a quello del movimento giallo-verde.

Ci si limita a contro-slogan, detti più o meno bene nei vari telegiornali.

Ad una serie di polemiche speciose o di lamentele tipiche di un’opposizione che preferisce limitarsi ad un confronto di retroguardia che non ad un confronto prospettico, su temi reali, su progettualità che interessano il futuro del nostro paese.

Sia l’opposizione di centro destra sia quella di centro sinistra utilizzano il loro tempo con battute, quasi snobistiche, contro gli attuali governanti e con una serie di frecciate ai propri compagni di partito, i loro veri avversari.

Si preferisce cioè continuare un film già visto e già… perduto… le beghe interne alla propria conventicola partitica… rispetto al ricompattarsi per una nuova strategia comune, alternativa e diversa rispetto a quella gridata dagli attuali leader della maggioranza.

Viviamo, insomma, in un paese spaccato in due con una parte che partecipa attivamente alla vita politica, assistendo calorosamente e piena di speranze ai comizi dei leader di maggioranza e una parte che si lamenta, manifesta le preoccupazioni del momento, paventa derive di un futuro a breve disastroso sia dal punto di vista economico che sociale… Eppure, se ne sta a casa propria, curando il proprio “giardinetto“ senza attivarsi per partecipare alla costruzione di un progetto alternativo.

Una riedizione, insomma, della famosa “maggioranza silenziosa” fotografata dalla penna di Indro Montanelli.

Forse, dovremmo rifletterci sopra a questa curiosa ma preoccupante situazione. Quando? Subito, alla ripresa dei lavori, nelle prossime ore.

Prima che sia troppo tardi e i danni siano diventati enormi.

Comments (1)
  1. Liberale stupito (reply)

    27 Agosto 2018 at 12:12

    La desolazione della classe politica che ci ha portato nelle mani di questi “nuovi” politici da strapazzo che si riempiono la bocca di populismo e demagogia è imbarazzante. Ma forse quella classe politica e parimenti questa rappresentano veramente la società in cui viviamo.
    Pensare che un liberale come me abbia votato PD evidenzia che sia il centro destra che mi dovrebbe rappresentare è ormai fuori luogo, ma che anche il centro sinistra che non mi dovrebbe rappresentare è altrettanto fuori luogo e non può attrarre i voti dell’elettorato cui si è da sempre rivolto.
    Cresce così il seme dell’essere contro. Contro ogni cosa, contro ogni idea, contro ogni posizione.
    Bisogna ripartire dai corpi intermedi, dalle idee, dal prendere posizione. Grazie Pickett
    Proviamoci tutti almeno un minuto al giorno

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