Secondo il Censis, come abbiamo visto, siamo diventati più cattivi, più frustrati e imbufaliti da una decrescita della nostra qualità della vita… per nulla felice. Ma anche perché abbiamo perso le speranze di un futuro migliore. Chiudiamo l’anno 2018 migrando dalla rabbia e dal rancore dello scorso dicembre 2017 alla cattiveria odierna, pronta “a tutto“ pur di riscattarci.

In questo quadro parecchio fosco, Pickett ha deciso di selezionare alcuni eventi accaduti nelle ultime settimane che ci possono offrire una sintesi di alcune nostre peculiarità italiote, a volte strane, a volte virtuose, a volte soltanto rissose.

Uno zibaldone di episodi che ci dovrebbe aiutare a leggere meglio il “chi siamo“, il “come siamo diventati “, e il “come potremmo essere“.

Il richiamo severo di Papa Francesco.

Nel suo quinto discorso natalizio, pronunciato dalla finestra di Piazza San Pietro, il Papa, tra i molti temi toccati, ha voluto dare una speciale enfasi al rapporto in essere tra le diverse generazioni. Tra i padri e i figli, tra i nonni e i nipoti, tra i vecchi e i giovani. Da visionario rivoluzionario quale egli è, Francesco ancora una volta ha anticipato un possibile scontro tra gli uomini evitabile solo se compreso, studiato e arginato in anticipo.

La prima dichiarazione del Papa è stata la seguente: “gli anziani hanno la saggezza. A loro è stato affidato il compito di trasmettere l’esperienza della vita, la storia di una famiglia, di una comunità, di un popolo.“

E ancora: “possiamo dire ai giovani timorosi che l’angoscia del futuro può essere vinta. Possiamo insegnare ai giovani troppo innamorati di se stessi che c’è più gioia nel dare che nel ricevere e che l’amore non si dimostra solamente a parole ma con le azioni. E che cosa chiedo ai giovani? Provo pena per un ragazzo i cui sogni si spengono nella burocrazia. È come il giovane ricco del Vangelo che se ne va triste, per il suo fato. Chiedo ai giovani uno sguardo alle stelle. Quel sano spirito che porta a raccogliere le energie per un mondo migliore. Ecco cosa vorrei: un mondo che viva un nuovo abbraccio tra i giovani e gli anziani. L’anziano che invecchia bene è come il buon vino. Il vino quando invecchia migliora. Si deve invecchiare con saggezza per poter trasmettere saggezza.”

Un forte richiamo dunque a tutti noi a serrare le fila e a non perderci in miopi battaglie economiche, apparentemente inevitabili, come in materia di politiche pensionistiche. L’importanza dei nonni per i nipoti, dei figli per i genitori, di una famiglia a cui ricorrere e partecipare per sentirsi meno soli, più protetti e più forti, è un valore fondante della qualità e della felicità delle nostre vite. Non roviniamolo per questioni grettamente materiali.

Il balzello sulle rimesse.

Nel tempo del “decreto dignità”, nasce un balzello a danno e sulle spalle dei più bisognosi. Dal 1 gennaio 2019 entrerà in vigore una tassa dell’1,5% sui trasferimenti di denaro all’estero. Un balzello sulle rimesse dei migranti, cioè sui soldi che i lavoratori stranieri mandano periodicamente nei propri paesi d’origine per aiutare le famiglie rimaste là.

Da “aiutiamoli a casa loro”- ha scritto di recente Carlo Petrini sulla Repubblica-siamo passati al “facciamoci aiutare da loro a casa nostra.”

Questa nuova tassa, infatti, colpisce soprattutto i migranti che in Italia hanno un regolare lavoro e che dunque pagano le loro tasse, esattamente con le aliquote che abbiamo noi italiani. Non solo, ma colpisce coloro che pagano le nostre pensioni, perché versano oggi contributi che molto difficilmente incasseranno una volta che saranno anziani.

Senza contare, poi, che anche le agenzie di “money transfert“ esigono la loro percentuale sui trasferimenti, che oscilla tra il 7% e il 10% ma può arrivare fino al 15%. Quindi, per spedire 50 € a casa, un migrante in Italia rischia di doverne pagare quasi 10, il 20%!!!

Una chiara ingiustizia, tant’è che l’Onu più volte è intervenuta imponendo commissioni minime alle agenzie di trasferimento.

“Tassare le rimesse è un provvedimento esclusivamente punitivo – ha scritto il fondatore di Slow Food – espressione delle più becere tendenze xenofobe di questo governo. Un governo che, sulla stessa onda, non ha firmato il Global Compact for Migration dell’Onu, l’accordo globale sull’accoglienza dei migranti approvato con il voto favorevole di 152 paesi.”

Ma che paese stiamo diventando? Si chiede Petrini, “non si sa se fa più paura l’arroganza delle iniziative del governo o la nostra capacità come cittadini di sopportarla.“

Risulta quasi strano allora doversi aggrappare a Papa Francesco come unico leader che sul palcoscenico mondiale ha il coraggio e il carisma morale per esprimere posizioni chiare su una deriva nella quale non dovremmo accettare di venire invischiati. “Eppure non possiamo rassegnarci, perché ovunque è evidente che esiste una massa critica di cittadini che non ci sta a essere rappresentata da un governo forte con i deboli per non affrontare le vere questioni complesse di un’Italia impantanata.”

Possiamo arginare questa onda xenofoba – ha scritto ancora Petrini –rallentarla, sgonfiarla. Dobbiamo provarci, altrimenti non potremmo tenere la testa alta quando i nostri figli o nipoti ci chiederanno dove eravamo quando una umanità dolente veniva respinta, rinchiusa e sfruttata.”

I derby nella ricerca pubblica

Ad ogni legge di bilancio si alza il grido di dolore dei ricercatori. I fondi pubblici dedicati alla ricerca diminuiscono sempre di più e il settore cruciale per l’innovazione e l’ammodernamento del nostro sistema industriale si impoverisce. Ebbene in questo contesto in cui la miopia della politica non ha scusanti, esistono ugualmente scontri e polemiche tra i guru del settore che innescano confronti serrati sulla destinazione dei pochi fondi destinati appunto a finanziare la ricerca.

Ci riferiamo ai recentissimi interventi sulla stampa nazionale della senatrice a vita Elena Cattaneo e del direttore dello Human Technopole (HT) Iain Mattaj, a proposito della istituzione e lancio del progetto HT avente il focus sulla ricerca biologica e sul suo impatto sulla salute. Un’iniziativa di cui si poteva fare a meno, secondo la senatrice Cattaneo; un progetto che rappresenterà un fiore all’occhiello per l’Italia nel mondo proprio nel campo della sanità e della salute dei cittadini, per Mattaj.

Pickett si chiede, forse ingenuamente: visto la tragica e permanente distrazione della politica su una reale azione di rilancio del settore della ricerca che stimolerebbe gli attuali ricercatori ancora rimasti in Italia a… rimanere e richiamerebbe nel nostro paese quelli che necessariamente sono già emigrati all’estero per avere le giuste soddisfazioni professionali, non sarebbe opportuno, si chiede Pickett, che i più autorevoli specialisti invece di accapigliarsi tra di loro, facessero fronte comune verso governo e parlamento per farsi sentire maggiormente in termini di lobby virtuosa per aumentare i fondi destinati alla ricerca?

Non bastano le considerazioni conclusive della senatrice Cattaneo nel suo intervento pubblicato su La Repubblica per farci sperare: “C’è da augurarsi che HT fiorisca e che lo faccia realizzando l’obiettivo dichiarato dal suo presidente Marco Simoni di creare un “Hub aperto“ per favorire la crescita del sistema ricerca del paese. È ancora possibile costruirlo seguendo l’esempio svedese dello “Science for Life Laboratory” vale a dire un concentrato di super-esperti e tecnologie a cui tutti possono accedere su base competitiva, basta disegnarlo così nel primo documento di indirizzo strategico che dovrà essere approvato dagli organi di HT. C’è anche da augurarsi però che questo non avvenga facendo appassire il resto della ricerca italiana. Per evitarlo serve che la comunità scientifica e accademica si esprima coralmente in tutti i suoi livelli, giovani compresi, nell’interesse comune per realizzare una società fondata sull’economia della conoscenza, oggi totalmente assente – se non a parole -dall’orizzonte del paese.“

Apparentemente e… , aggiungiamo noi, finalmente sembrerebbero parole condivisibili dopo tante polemiche contro il progetto HT. Nella sostanza evidenziano, a nostro avviso, fratture, scontri, visioni parziali di cui non si sente davvero la necessità.

La lotta all’evasione? Basta volerla fare davvero

Pickett lo ha scritto, gridato, ripetuto in vari post. Per rimettere a posto i conti dello Stato e per far cessare una disuguaglianza iniqua, sfrontata e sleale, bisogna partire da una politica efficace contro l’evasione fiscale.

Ormai non ci sono più scuse: la tecnologia lo consente. Se non la si adotta, non ci sono più alibi esterni: non la si vuole adottare!

A dimostrazione di ciò, ci soccorre una notizia proveniente dalla goduriosa costa romagnola. Da Riccione, dove la sindaca di centro destra, al suo secondo mandato, Renata Tosi, ha detto basta ai furbacchioni albergatori, evasori seriali della Tari (la tassa rifiuti), sospendendo loro la licenza e obbligandoli a chiudere l’esercizio proprio durante le feste natalizie e di fine anno.

È successo il finimondo ma la sindaca ha retto il colpo e non è arretrata di un palmo. “Ho già ottenuto dei buoni risultati – ha detto la Tosi ad Alberto Mattioli della Stampa – ad esempio l’albergo Cocoricò che la Tari non l’aveva mai pagata, ha già versato due delle tre rate arretrate, quindi gli ho revocato la revoca della licenza e a capodanno potrà aprire. Dei 10 hotel a cui ho contestato l’irregolarità, uno si è già messo in regola. Altri, a quanto dicono, lo faranno nei prossimi giorni quando riapriranno gli uffici comunali.”

I destinatari protestano, accusano, le contestano di scoraggiare gli imprenditori della prima risorsa del territorio: il turismo.

Se sono imprenditori veri – dice la sindaca – le regole le rispettano. Se sono solo “prenditori” non mi interessa che vengano a Riccione. Anche perché quello che non pagano loro viene poi ripartito su tutti cittadini e la fattura del servizio rifiuti poi alla fine va saldata.”

Ecco perché Pickett ha sempre parlato di concorrenza sleale. Evasione vuol dire competizione distorta tra i leali, corretti e i furbi, scorretti.

La speranza e che la Tosi abbia aperto un forellino nella diga.

Un’opportunità per la nautica italiana

La Brexit, da un lato, e la nuova legge sulla nautica nei Paesi Bassi (solo le barche possedute almeno per il 50% da cittadini residenti potranno battere le bandiere dei tre paesi fruendo dei relativi benefici) che entrerà in vigore il 1 gennaio 2019, dall’altro lato, potrebbero far ritornare competitivo il nostro paese dopo le batoste del governo Monti.

“Costruiamo quasi il 32% delle barche di tutto il mondo ma poco più del 2% della flotta da diporto mondiale batte la nostra bandiera“ sostiene Lorenzo Policardo, segretario generale di nautica italiana. “Il governo dovrebbe emanare i decreti attuativi per semplificare le procedure. L’Italia ne ricaverebbe soldi e lavoro. Ci sono paesi come la Liberia che con le registrazioni navali fanno il 12% del loro Pil.“ Dopo le correzioni degli errori fatti dal governo Monti, con l’abolizione della tassa di possesso, la bandiera italiana pare essere tornata interessante tra gli operatori del settore: “Per le barche a vela è ancora competitiva – dice Giorgio Gili, amministratore delegato della Tourmondeur Italia – la bandiera francese, per i grandi yacht quella inglese che però è più costosa.”

In Italia siamo ancora indietro nei tempi della burocrazia e delle pratiche amministrative. In Inghilterra, tramite Internet, in 15 minuti si completa la domanda per la registrazione della barca. Ci sono quattro facciate, semplici da compilare: si allega qualche documento necessario alla identificazione e… voilà, il gioco è fatto!

La Brexit però sta inducendo molti armatori a lasciare Londra. Oggi l’alternativa più efficiente è Malta che, in pochi anni, è diventata la prima bandiera con 2187 registrazioni di navi e yacht. In quarantott’ore si completa la procedura, senza tanti problemi. Da quel momento un funzionario della capitaneria maltese diventerà il tutor della vostra barca. L’armatore potrà rivolgersi a lui per qualsiasi inconveniente in qualsiasi parte del mondo.

Malta conviene – ha sostenuto Gian Enzo Duci, presidente di Federagenti marittimi – perché facilita chi usa lo yacht per l’impiego misto, personale e commerciale. Ma l’Italia in questo campo sta rimontando perché oggi il noleggio occasionale fino a 42 giorni l’anno consente l’uso promiscuo dello yacht a tassazione agevolata (20%).”

Se c’è riuscita Malta, perché non dovrebbe riuscirci il nostro paese, con tutte le sue coste, i suoi porti i suoi cantieri?

Non dimentichiamoci mai che l’indotto intorno ai cantieri ha consolidato un artigianato di eccellenza che ci viene invidiato in tutto il mondo. Vecchi mestieri che sappiamo fare o insegnare solo noi. Eppure… eppure proprio perché siamo strani, bizzarri e autolesionisti, negli ultimi vent’anni abbiamo fatto di tutto, a livello normativo, per far scappare tutti dai nostri porti. Presupposto di tale scelta? La caccia alle streghe degli evasori. Possedere una barca significa evadere le imposte.

Così tassiamo il settore e impareranno la lezione! Questo il mantra della nostra dissennata politica fino al governo Monti. Con la conseguenza dei porti quasi vuoti, dei cantieri fermi, dell’indotto in bancarotta, di migliaia di disoccupati.

Forse, oggi, ci siamo finalmente resi conto che questa industria è importante; che la lotta all’evasione e alle bandiere ombra si poteva fare in altro modo e, grazie anche alla Brexit e al nuovo RegCode che entrerà in vigore il 1 gennaio 2019, che siamo tornati competitivi, interessanti: un paese, in altre parole, dove tornare a registrare la propria barca.

Il RegCode è un regolamento dedicato ai grandi yacht in charter, un codice unico per tutte le bandiere nell’orbita inglese, le “Read ensign“ che fanno capo ai paradisi fiscali sparsi per i sette mari: Cayman, leader mondiale con il 20% di immatricolazioni, isole Marshall, British Virgin Islands, Isole del canale, Gibilterra, Bermuda. Sono le bandiere di convenienza che dominano nei nostri porti, dove almeno una barca su due è “straniera“ anche se l’armatore è italiano.

Da gennaio aderirà all’accordo anche Panama, primo registro internazionale del mondo con 8000 navi di cui 46 in Italia, che però ha perso terreno nel diporto e vuole recuperare.

Pickett si augura che questa fortunata congiunzione astrale ci permetta di rilanciare un’industria che è apprezzata in tutto il mondo e che dà lavoro a migliaia di addetti specializzati.

Non perdiamo questa occasione. Il vice ministro leghista Rixi è stato preciso a riguardo: “Prima finiamo di trascrivere le 100.000 imbarcazioni italiane nel nuovo registro telematico della nautica, poi penseremo ad una riforma della bandiera.“

Quando?

“Cominceremo a parlarne prima del salone di Genova, a settembre 2019.”

Il Codice della nautica – secondo Roberto Neglia, responsabile dei rapporti istituzionali di Ucina, il comparto di Confindustria che si occupa appunto di nautica – entrato in vigore a febbraio 2018 contiene già alcune importanti semplificazioni per rendere più appetibile la bandiera italiana. Stiamo lavorando con il ministero per completare questo processo, in particolare sui regolamenti di sicurezza e i titoli professionali.”

Qualcuno intanto è già rientrato in Italia: Armani, Valentino e Dolce e Gabbana  sventolano di nuovo il tricolore sui loro panfili.

Chissà!

“Caffè sospeso” fa scuola.

Il format del “caffè sospeso“ nato a Napoli, al caffè Gambrinus, crea proseliti.

A Berlino è stata realizzata una nuova moneta, parallela all’euro. Si chiama “Kiezmarke”, che tradotto significa gettone di quartiere.

Può essere acquistata o spesa, per ora, in cinque tipi di negozi della capitale tedesca. Si tratta di una moneta al 100% solidale, funziona con un meccanismo molto simile a quello del “caffè sospeso“ e può essere utilizzata dai senza fissa dimora. A Berlino ne hanno contati circa 10.000!

Lo scopo del progetto è quello di superare il concetto di elemosina. Chiunque voglia fare beneficenza e vuole essere certo che la sua generosità crei valore, può acquistare una moneta del valore di un prodotto in uno dei negozi convenzionati e regalarla ad un bisognoso. Ci sono varie opzioni: dai capi di abbigliamento uomo, donna e bambino a vivande come insalate e pasti sani anche vegani; tagli di capelli e barba, altre possibilità nel mondo del food e del beverage.

L’idea di questo progetto solidale è stata lanciata dall’agenzia di pubblicità Dojo con lo slogan “One Warm Winter“ un inverno caldo, tramite un video a cui hanno partecipato alcuni dei VIP tedeschi della televisione e della musica.

“Il nostro sogno è che questo gettone possa raggiungere ogni angolo di Berlino e anche altre città“ ha detto Julia Troll, project manager di “One Warm Winter”.

Lo scopo è dunque quello di includere. Di regalare un attimo di vita normale a chi è in difficoltà.

Ci avevamo pensato anche a Torino ma poi difficoltà burocratiche, pigrizia e distrazione ci avevano fatto “posare la penna“.

Ora Berlino ci sfida in modo virtuoso. Facciamo ritornare il format vincente dei caffè sospesi del caffè Gambrinus nel suo paese d’origine: l’Italia.

Buone riflessioni a tutti.

Con questa lunga carrellata di storie di italiani, si chiude anche questo secondo anno di Pickett.

Buon 2019 a tutti e… Grazie di cuore.

 

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