Dalle banche di Wall Street alle organizzazioni di IT non si parla d’altro: Bitcoin, Blockchain, Cryptocurrency. Ma cosa significano davvero questi termini?

Per comprendere il reale potenziale della tecnologia blockchain è impossibile non introdurre Bitcoin.

Bitcoin viene proposto per la prima volta nel 2008 come sistema di pagamento peer-to-peer, un’alternativa nata dalla sfiducia nelle banche come guardiani globali del sistema finanziario in seguito alla crisi finanziaria del 2008. Bitcoin permette infatti ai pagamenti online di muoversi da un utente all’altro senza passare attraverso un’istituzione finanziaria, rendendo quindi possibile una transazione digitale senza un intermediario. Questo è possibile grazie a una tecnologia che sfrutta la crittografia, che si sostituisce così a banche e regolatori finanziari nel verificare la legittimità della transazione e nel salvaguardare l’integrità delle risorse coinvolte.

Bitcoin è un registro pubblico decentralizzato (decentralized Ledger) che non viene supervisionato da nessun intermediario finanziario. Chiunque possiede bitcoin può partecipare al network, inviare e ricevere bitcoin, persino conservare una copia di questo registro se lo desidera.

Il registro Bitcoin traccia gli spostamenti di un singolo bene: il bitcoin (si noti quindi che “Bitcoin” con lettera maiuscola si riferisce al registro o protocollo, mentre “bitcoin” con lettera minuscola si riferisce alla valuta o unità contabile presente nel registro Bitcoin).

Il registro segue diverse regole che tutti i partecipanti devono accettare per poterlo utilizzare. Una di queste regole prevede che saranno sempre prodotti solo 21 milioni di bitcoin. Questo tetto, che sarà prima o poi raggiunto, rende il bitcoin intrinsecamente immune all’inflazione. Non è infatti possibile produrre più bitcoin su richiesta e ridurre il valore generale della valuta.

Il meccanismo risulta quindi politicamente decentralizzato, infatti nessuna istituzione gestisce i bitcoin, ma centralizzato dal punto di vista dei dati, perché tutti i partecipanti devono accettare la condizione del registro e le sue regole. Un bitcoin o una transazione non possono essere modificati, cancellati, copiati o falsificati – tutti verrebbero a saperlo. Questo principio racchiude la grande forza di questo procedimento.

Per capire meglio il funzionamento di questo sistema possiamo utilizzare un semplice esempio. Immaginiamo una transazione materiale tra due soggetti, rispettivamente Lisa e Bart: Lisa consegna fisicamente a Bart un gettone (token) per la sala giochi, quindi ora Bart ha un token, mentre Lisa nessuno, la transazione è completa e Lisa non può più dare a Maggie lo stesso token perché l’unico che aveva è ora di Bart.

E se questa transazione fosse digitale? Per esempio nel caso in cui Lisa spedisse a Bart un token digitale via mail. Il risultato dovrebbe essere sempre lo stesso, quindi Bart dovrebbe avere un token digitale e Lisa nessuno. Ma se Lisa avesse fatto copie o falsi di quello stesso token digitale? O se lo avesse messo online disponibile per tutti per il download? In fondo un token digitale non è altro che una sequenza di zero e uno, se sia Lisa che Bart avessero lo stesso chi potrebbe dire chi dei due è il vero proprietario? Inoltre Lisa potrebbe anche decidere di utilizzare il suo token più volte e spedirlo anche a Maggie.

Per questo motivo diventa essenziale trovare il modo di stabilire la proprietà del token digitale. La soluzione è utilizzare un database, un registro, che tiene traccia del singolo bene, in questo caso il token digitale, nel momento in cui Lisa lo spedisce a Bart.
Un intermediario, che chiameremo Homer, conserverà il registro assicurandosi che sia costantemente aggiornato. Se fosse Lisa a conservarlo potrebbe cancellare la transazione e sostenere di possedere ancora il token digitale, mentre se lo conservasse Bart potrebbe alterare la transazione affermando di aver ricevuto da Lisa due token digitali e raddoppiando il suo tempo nella sala giochi.

Homer, che conserva il registro, non è quindi coinvolto nella transazione ed è un intermediario. Ma potrebbe decidere di accreditare a Lisa e Bart una commissione che nessuno dei due vuole pagare, farsi corrompere per cancellare la transazione oppure appropriarsi indebitamente del token digitale aggiungendo un’ulteriore transazione. Il problema è quello di fortificare la fiducia in queste operazioni, riportandole a un livello di certezza simile a quello delle transazioni fisiche, dove la proprietà di un bene è tangibile. Per esempio, Lisa e Bart potrebbero distribuire il registro a tutti i loro amici e non solo Homer, in modo da decentralizzare la fiducia. Dal momento che il registro è digitale tutte le copie potrebbero sincronizzarsi, e se la maggioranza semplice dei partecipanti accetta la validità della transazione – confermando che Lisa effettivamente possiede il gettone che vuole spedire – quest’ultima può essere aggiunta al registro.

Il principio è semplice, se più persone hanno una copia del registro, barare diventa più difficile (bisognerebbe falsificare tutte le copie, o corrompere la maggior parte dei partecipanti). Più cresce il numero delle persone che conservano il registro, più cresce la sicurezza di quest’ultimo, così che Lisa potrà spedire gettoni digitali a Bart senza bisogno di passare da Homer.

Il procedimento fino ad adesso ipotizzato differisce però dal sistema di Bitcoin, infatti Lisa e Bart possono permettere solo ai loro “amici”, persone fidate, di partecipare, mentre Bitcoin è un registro pubblico a cui chiunque ha accesso. Questa pubblicità aumenta il rischio di partecipanti in malafede e transazioni false.

Bitcoin risolve la questione premiando i bravi e fedeli partecipanti e allontanando quelli in malafede. Più precisamente, alcuni partecipanti di Bitcoin, chiamati “minatori”, sono incentivati a mantenere il network. Il loro compito è quello di raggruppare le transazioni in un “blocco” e aggiungerlo al blocco più recente della catena dei blocchi precedentemente creati – è così che nasce la “blockchain”, la catena di blocchi che descrive la struttura unica del database di Bitcoin – dedicando moltissima potenza di calcolo nel network durante tale procedimento. Questa attività rappresenta il meccanismo del consenso di Bitcoin ed è chiamata “prova del lavoro” (Proof of Work). I minatori sono premiati con bitcoin, un enorme incentivo dal momento che un singolo bitcoin ha un valore attualmente stimato che supera gli 8.000 $.

Lo smisurato quantitativo di potenza computazionale comporta l’utilizzo di moltissima energia, recentemente il consumo energetico giornaliero della blockchain di Bitcoin è stato stimato come più grande di quello dell’Ecuador con i suoi 17 milioni di abitanti. Questo disincentiva gli hacker così come i partecipanti da agire in malafede perché hackerare Bitcoin comporterebbe un esorbitante costo in termini di energia, elettricità e soldi. Inoltre, se la comunità di Bitcoin scoprisse l’hacking il prezzo dei bitcoin crollerebbe, rendendo così un attacco informatico economicamente controproducente.

Questo astuto modello permette la creazione di un registro di cui tutti di fidano, ma che nessuno controlla.

Dal lancio di Bitcoin nel 2008 sono emerse migliaia di altcoins, monete alternative, e diversi tipi di criptovaluta (cryptocurrency), vale a dire valute digitali decentralizzate che sfruttano la crittografia.

Bitcoin ha infatti un codice sorgente aperto e chiunque può utilizzarlo per creare un altcoin, queste diverse valute digitali utilizzano però regole diverse da quelle di Bitcoin – come il tetto massimo di 21 milioni di bitcoin e il meccanismo “Proof of Work” come garanzia per l’intero sistema – e si relazionano a diversi modelli economici.

Il valore di un singolo bitcoin è aumentato da circa 300 $ nel 2015 a più di 8.000 $ nel 2017, rappresentando il primo bene digitale sicuro, mobile, facilmente trasferibile e di durata che ha avuto successo, almeno fino ad ora. Questo valore è soggetto alle stesse regole di domanda e offerta di qualsiasi mercato, cosicché se gli investitori considerano preziose le caratteristiche del bitcoin e la domanda cresce, il prezzo sale e viceversa.

Definire la blockchain e possibili utilizzi

Per definire la tecnologia blockchain separandola concettualmente da Bitcoin potremmo dire che è una tecnologia che offre un modo di raggiungere un accordo, quindi un consenso, tra due soggetti all’interno di una cronologia digitale. È importante perché i beni digitali e le transazioni sono facilmente falsificabili e/o duplicabili, mentre la tecnologia blockchain risolve il problema senza richiedere l’intervento di un intermediario.

Questa tecnologia è applicabile in particolari circostanze, come il caso di Bitcoin che la utilizza per decentralizzare i pagamenti. Per individuare queste circostanze si deve pensare ad altre situazioni in cui è necessario provare la proprietà ma non si vuole un intermediario.

Il primo esempio è il titolo di proprietà fondiaria. Potrebbe essere utile per tutti avere accesso a una fonte decentralizzata di documentazione che testimonia chi è il proprietario di un dato terreno. Rappresenterebbe anche un aiuto umanitario, considerando che i colpi di stato e le guerre spesso ridistribuiscono i terreni ingiustamente e in modo scorretto. Un registro decentralizzato non permetterebbe nessuna contestazione in materia di proprietà. Una delle compagnie che sta attualmente lavorando in questo senso è Velox.RE.

Questo sistema è immaginabile per stabilire la proprietà di qualsiasi bene materiale, dalle macchine agli strumenti musicali e così via. Mentre un sistema di archiviazione documentale cartaceo è soggetto a contraffazione e deterioramento e un sistema centralizzato si presta ad attacchi informatici, errori e alterazioni, il sistema blockchain implica che non c’è una sola entità addetta al controllo del registro, mettendo in essere un meccanismo a prova di alterazione, neutrale e resiliente.

Questa tecnologia potrebbe anche essere sfruttata come strumento per verificare l’identità. Invece di far emettere dallo stato o governo un documento, l’identità delle persone potrebbe essere attestata da una blockchain globale e pubblica controllata da nessuno per la garanzia di tutti. Gli utenti potrebbero così verificare la propria identità. Molte società si stanno muovendo in questa direzione, come ID2020 e Civic. Ma le applicazioni di questa tecnologia non si esauriscono in questi due esempi.

A questo punto è importante fare un’importante distinzione: senza il sistema di verificazione dato dalla blockchain il registro sarebbe definibile come “registro distribuito” (distributed Ledger) decentralizzato e solamente accessibile a un gruppo selezionato di persone, come il primo registro usato da Lisa e Bart e i loro amici fidati per scambiarsi token. Questo tipo di registro è privato e per questo non necessita delle stesse misure di sicurezza di sistemi come Bitcoin. Dal momento che il registro usato da Lisa e Bart è condiviso solo con i loro amici non è necessario un sistema di blockchain, che potrebbe anzi rivelarsi scomodo, lento e eccessivamente complesso in questo caso. Al contrario, un intermediario potrebbe servire ad alleggerire l’amministrazione di questo tipo di registro. Quindi se tutti i soggetti sono fidati e si conoscono, il modello tecnologico del registro distribuito rappresenta una sufficiente garanzia di sicurezza. Un esempio ne è la tecnologia di R3’s Corda, che sta lavorando con le più importanti organizzazioni di servizi finanziari per migliorare i procedimenti bancari.

Questo per tenere presente che se per Bitcoin, una blockchain pubblica e senza bisogno di autorizzazioni è l’unica soluzione, questo tipo di tecnologia può non essere sempre la migliore risposta, potendosi rivelare in certi casi la peggiore.

I principali problemi della tecnologia blockchain

Oltre al dibattito esistente tra registro distribuito e blockchain, un altro problema è ridimensionare le blockchain. Per permettere alla blockchain di funzionare, molti partecipanti devono necessariamente conservarne copie aggiornate, cosicché lo stesso database è conservato da migliaia di nodi di rete, il che è inefficiente.

La blockchain si è sviluppata in senso contrario alla logica dietro il progresso tecnologico degli ultimi quindici anni, come quella del Cloud Computing, che tende verso un singolo database a cui molteplici nodi hanno accesso senza dover necessariamente conservare una loro copia privata del database.

Inoltre, i nodi di rete che conservano copia della blockchain ricevono un aggiornamento costante e sono distribuiti in tutti il mondo, e questo comporta una grande latenza, vale a dire una grande quantità di tempo necessaria affinché i dati si spostino attraverso il network. Il risultato è che mentre Bitcoin processa circa 3 o 4 transazioni al secondo Visa ne può processare più di 1.500 al secondo.

Ethereum e gli Smart Contract

Se Bitcoin è un sistema decentralizzato per i pagamenti Ethereum aggiunge un’altra funzione permettendo agli utenti di inserire codici nella sua blockchain che hanno un’esecuzione automatica. Questo codice si chiama “contratto intelligente” (Smart Contract). In questo mondo Ethereum si propone di creare una piattaforma decentralizzata di computazione, un supercomputer globale.

Per spiegare il funzionamento di uno smart contract immaginiamo che Lisa e Bart facciano una scommessa: secondo Lisa la temperatura di domani mattina raggiungerà 26 gradi, al contrario secondo Bart sarà più bassa. I due puntano 10 bitcoin sul risultato. Se Lisa e Bart non si fidassero l’uno dell’altro dovrebbero scegliere un terzo come depositario di garanzia, quindi consegnargli i 10 bitcoin che quest’ultimo dovrà poi distribuire al vincitore della scommessa. Anche i bitcoin in questo caso richiedono la presenza di un intermediario.

Tuttavia Ethereum offre una soluzione decentralizzata. Lisa e Bart potrebbero concordare l’utilizzo di un codice basico, una sorta di contratto, in grado di notificare al sistema l’effettiva temperatura e pagare il vincitore. Lisa e Bart potrebbero poi disporre questo codice, la loro scommessa, sulla blockchain di Ethereum.

Sembra un “contratto” perché tutti i participanti alla blockchain di Ethereum conservano una copia dell’accordo. Esattamente come la sequenza blockchain di Bitcoin sa che Lisa ha spedito a Bart un bitcoin, quella di Ethereum sa che i due hanno stipulato un accordo. Questo contratto è perciò automatico.

Gli smart contract rendono Ethereum molto appetibile, e dal momento che sfrutta la tecnologia blockchain, questi contratti sono molto difficili da attaccare, modificare o alterare, proprio come è economicamente controproducente attaccare Bitcoin.

Ethereum punta ad essere una piattaforma su cui creare applicazioni decentralizzate, incrementa quindi il sistema nato con Bitcoin incoporando smart contract e solide capacità di computazione. Queste ulteriori applicazioni, che gli sviluppatori potrebbero creare sulla blockchain di Ethereum al posto di crearne una nuova, intendono essere meno inclini agli errori, più naturali e trasparenti, oltre che avere minori costi amministrativi e maggior sicurezza.

Secondo un articolo pubblicato nell’agosto 2016 sul blog di Joel Monegro, all’epoca investitore di Union Square Venture, intitolato “Fat Protocols”, l’internet conosciuto fino ad oggi funziona grazie a protocolli come TCP, IP, HTTP e SMTP, che sono open-source e mantenuti da sviluppatori devoti. Se tutto internet si basa su questi protocolli, questi ultimi dovrebbero avere molto valore, cioè generare guadagno, ma non è quello che è successo. Le applicazioni costruite su questi protocolli invece, come Google, Facebook e Amazon, hanno ottenuto tutto il guadagno, catturando l’intero valore di quei protocolli senza i quali non potrebbero esistere.

Ethereum agisce come un livello base per applicazioni decentralizzate. La sua criptovaluta, l’ether, può essere scambiata con dollari, euro o altre valute di stampo governativo proprio come i bitcoin. Per questo motivo il valore di questo supercomputer è racchiuso al livello base del suo protocollo.

Ethereum è il primo supercomputer di questo tipo e la sua potenza computazionale è limitata, per questo gli sviluppatori pagano in ether per poter usare la sua blockchain.

Anche il valore di questa valuta, l’ether, segue il meccanismo chiave di ogni mercato della domanda e dell’offerta.

Initial Coin Offerings (ICO)

Le ICO costituiscono una modalità digitale di raccolta di risorse finanziarie. Un’organizzazione potrebbe decidere, invece di rivolgersi ai tradizionali fondi di capitale di rischio, di offrire agli investitori una quantità determinata di criptovalute, come bitcoin o ether.

Quella quantità di criptovalute permette, tra le altre cose, una sorta di accesso all’applicazione decentralizzata, proprio come un bitcoin dà accesso alla blockchain di Bitcoin, per esempio nel caso in cui si volesse spedire un pagamento a qualcuno sparso nel mondo.

Se per esempio si rilasciassero questi token per piattaforme di social media decentralizzati, si potrebbe stabilire che l’utente debba necessariamente avere un token per accedere alla suddetta piattaforma.

Gli investitori di ICO sperano di ottenere profitto comprando in anticipo l’accesso ad applicazioni decentralizzate, proprio come hanno fatto gli iniziali investitori di bitcoin ed ethereum.

Le ICO potrebbero rappresentare un grande cambiamento nel modo di ottenere fondi e incentivare gli investitori/sviluppatori/utenti delle società. Allo stesso tempo però poggiano su un instabile piano regolamentare. Molte delle organizzazioni dietro queste ICO potrebbero offrire titoli finanziari illeciti. Chi propone queste ICO però spesso sostiene di non star offrendo titoli finanziari ma di introdurre nel mercato la loro valuta – o token – come parte di una nuova classe di beni.

Per fare un esempio: il bitcoin è un token che assicura la proprietà di un’unità contabile del registro Bitcoin, senza la quale sarebbe impossibile partecipare a quest’ultimo, il bitcoin è inoltre l’unico mezzo di scambio del network. In questo senso il bitcoin non è come un titolo finanziario ma un’utilità all’interno del network.

Tuttavia molte di queste organizzazioni devono ancora creare un network funzionale e rischiano di incorrere in una cattiva amministrazione dopo aver ricevuto ingenti somme grazie alle ICO.

 

In conclusione, la tecnologia blockchain, sebbene ancora nelle prime fasi del suo sviluppo, intende rimodellare concetti come denaro, intermediario e fiducia. Rappresenta un’ipotesi non solo politica ed economica ma anche tecnologica, fornendo un nuovo metodo per stipulare accordi che per la prima volta non prevede l’intervento di intermediari. Le sue implicazioni sono quindi potenzialmente enormi, e solo il tempo potrà svelare quali forme assumerà questo fenomeno. Quel che è certo è che ci troviamo all’inizio di una trasformazione dei sistemi di pagamento, le cui conseguenze si ripercuoteranno soprattutto sulle banche, che dovranno attrezzarsi per non rimanere indietro rispetto alla tecnologia, ma anche sapersi reimporre come autorità su cui il pubblico può continuare a riporre fiducia. La moneta digitale inoltre, trovandosi nei primi stadi della sua evoluzione, è altamente instabile, dal momento che, e in questo senso mette in guardia anche la BCE, il suo potere di acquisto è variabile, essendo interamente dipendente dal mercato degli speculatori. Per questo motivo non si sa né come né quando potrà rappresentare un reale metodo di pagamento alternativo per i consumatori. A questo si aggiunga la facile influenzabilità che hanno dimostrato talvolta gli investitori: lo dimostra il caso di una società britannica che ha visto il prezzo delle proprie azioni gonfiarsi esponenzialmente dopo la diffusione della notizia che nel piano della società trovava spazio la parola “blockchain”, e dovendo inseguito chiarire che si trattava di una sperimentazione ancora in una fase iniziale e di ricerca.

Tutto fa presupporre l’avvento di una vera e propria guerra tra moneta digitale e moneta classica.

Serena Sibona

 

 

Comments (1)
  1. Vittorio Musso (reply)

    13 Dicembre 2017 at 13:09

    Buon pomeriggio,
    di seguito riporto un interessante articolo del WSJ che analizza le motivazioni alla base della forte volatilità del BITCOIN da cui emerge come I principali investitori siano retail asiatici, in particolare cinesi.

    The Force Behind Bitcoin’s Meteoric Rise: Millions of Asian Investors
    Retail investors, mostly in Asia, are pushing the price of bitcoin to new heights
    Soaring Bitcoin: If It’s a Bubble, When Will it Burst?
    Dec. 12, 2017 5:32 a.m. ET
    20 COMMENTS

    Behind the stunning rise of bitcoin lies a new force in global financial markets: millions of individual Asian investors.

    Despite the attention focused on the launch of bitcoin futures in the U.S. this weekend, the center of gravity for trading the virtual currency, measured by volumes, has been in the Eastcstarting in China, before shifting earlier this year to Japan, and recently to South Korea as the latest hot spot.

    And unlike past financial frenzies—such as the dot-com bubble of the late 1990s, when U.S. retail investors only piled in at the later stages of the rally—individual investors have been first to the party, fueling bitcoin’s 1,600% rise this year.

    “Bitcoin is one of the few markets we’ve ever had in history where you’ve seen these astronomical gains around the world and the retail investors in Asia are the ones driving it,” said Chris Weston, chief market strategist at IG Group, one of the world’s largest online trading platforms. “It feels like this whole thing is being driven by the average Joe who isn’t nearly as financially literate as a professional fund manager.”

    Various forces have stoked Asia’s bitcoin fever. While individual wealth has been growing in recent years, particularly in China and South Korea, lucrative investment opportunities can be hard to find, with property markets expensive and stock markets fully valued.

    Anecdotal evidence suggests that Asians are more comfortable with the concept of virtual currencies such as bitcoin, particularly younger people who have grown up in a world of e-commerce and mobile payments.

    China last year made up the bulk of trading volume before regulators clamped down. But by the end of November, Japan, South Korea and Vietnam accounted for nearly 80% of bitcoin trading activity globally, according to research firm CryptoCompare, while U.S. trading was about one-fifth of the volume. In the past few weeks, the U.S. share of the overall total has increased.
    And while the numbers can fluctuate significantly on a daily basis, South Korea at one point last week accounted for as much as a quarter of bitcoin trading activity, exceeding that of the U.S., according to Coinhills, a data firm that tracks digital currencies. South Korea has a population of about 51 million, compared with 323 million in the U.S.

    “Asia in general has a lot of interest in trading cryptocurrencies…[They] are the cool new thing that young people are excited about” said Vitalik Buterin, the creator of another type of cryptocurrency called ethereum, in a recent interview in Seoul.

    Lee Sang-chul, 32, is one of the millions of South Koreans who have become besotted with bitcoin. Mr. Lee, who runs a car-detailing shop in the southern port city of Busan, invested 100 million South Korean won (about $92,000) into the virtual currency in October, a decision he describes as life-changing thanks to the gains he has made.
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    Bitcoin 101: What It Is, How to Invest
    The virtual currency bitcoin continues surging to new highs as a frenzy of investors get in on the action. WSJ’s Paul Vigna explains what you need to know, and how to invest should you want to join the mania. Photo: Alexander Hotz/The Wall Street Journal.

    “Before bitcoin, I’d be at my shop from morning to evening. Now, I close shop when I have an appointment or leave early,” said Mr. Lee. He has hired two people at his shop since he started investing in bitcoin, and bought his wife an expensive Chanel handbag for their wedding anniversary.

    “My goal is to accumulate as many bitcoin as I can,” Mr. Lee said, adding that he expects the virtual currency to replace standard currencies in the future.

    In Hong Kong, cryptocurrency fans gathered one recent Friday evening at what was advertised as a “Bitcoin Bubble Bash.” The meetup was organized by BitMEX, a local trading platform, which arranged for pizza, wraps, beer and wine to celebrate “the most successful year of bitcoin history yet (again!),” according to the event invite. Nearly 200 people registered, with attendees including teachers, equity traders and insurance brokers.

    “I’ve doubled my money. It’s only going up. I’m getting rich so quick,” said one person who attended the event.

    It is people like these across Asia who have propelled bitcoin’s prices higher this year. Analysts reckon traditional Wall Street professionals won’t become the market’s main driving force for some time.

    “It’s the first ever bankerless bubble,” Joshua Brown, chief executive of New York investment-advisory firm Ritholtz Wealth Management, wrote on his blog this month. “There’s never been a phenomenon like this where the general public beats the ‘big money’…We have a full-blown mania on our hands and Wall Street is still at the drawing board.”

    Bitcoin’s popularity in South Korea has led to the cryptocurrency often trading at a higher price there than elsewhere. When bitcoin surged past $17,000 last week for the first time, according to CoinDesk, a research site that distributes the most widely quoted price across the crypto space, it hit almost $25,000 on Bithumb, South Korea’s biggest cryptocurrency exchange. Two other Korean exchanges, Coinone and Korbit, also displayed prices well above $20,000. Those spreads have since narrowed.

    “Every market had its own local rules and that creates all different types of discrepancies,” said Cedric Jeanson, founder and chief executive of BitSpread, a bitcoin-focused hedge fund.

    The bitcoin frenzy in Asia has triggered a backlash from regulators and politicians. China has already this year banned cryptocurrency exchanges and initial coin offerings, a form of fundraising that uses cryptocurrencies.

    Late Monday, Hong Kong’s market regulator issued a warning that some unregulated cryptocurrency exchanges could be illegally offering futures and other cryptocurrency-related investment products.

    Earlier this month, Pan Gongsheng, deputy governor of China’s central bank, warned investors about bitcoin at an event in Shanghai. “There’s only one thing we can do—watch it from the bank of a river,” he said. “One day you’ll see bitcoin’s dead body float away in front of you.”

    South Korean Prime Minister Lee Nak-yon has also sounded the alarm. “If we let things continue, I feel that it will lead to some serious distorted or pathological phenomenon,” he said in a speech last month.

    The chairman of Korea’s Financial Services Commission, Choi Jong-ku, on Monday told reporters the government wouldn’t officially authorize any cryptocurrency exchanges or introduce bitcoin futures trading.

    “Too many people have jumped in to invest without knowing the basics,” said Josephin Jung, a former teacher turned bitcoin trader in her mid-40s, who regularly gives private lectures on bitcoin in Seoul. “And too many are getting cheated in the process.”

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