Continuiamo ad essere sballottati tra due pensieri che “fanno a pugni” tra di loro. I cinque grandi protagonisti della rivoluzione digitale in atto (Facebook, Amazon, Google, Microsoft, Apple) ogni giorno ci presentano una novità suggestiva. Una provocazione psicologica. Un’offerta a cui è difficile dire no. Ci stanno cambiando la vita, le abitudini, le decisioni di acquisto, i nostri comportamenti tradizionali. Dovremmo essergli grati, molto riconoscenti: ci stanno rendendo più facile, più divertente, più stimolante, più informata la nostra vita quotidiana. Ci riempiono di gadget tecnologici che ci ottimizzano i tempi, aumentano la nostra conoscenza, ci fanno sentire più… Diciamo “più” in senso generale!

Eppure… e qui sta il secondo pensiero-dubbio che si aggira nei nostri circuiti cerebrali (un po’ come al personaggio di Altan!) c’è qualcosa che ci preoccupa, che non ci piace, che istintivamente ci allarma.

Si va bene il progresso, la tecnologia, le comodità che ci offre l’ormai irrinunciabile smartphone, ma qual è il vero prezzo di tutto ciò? Cosa c’è dietro l’apparente virtuosità generalizzata di questa vera e propria rivoluzione del III millennio? A cosa stiamo andando incontro, quasi inconsapevoli?

Secondo alcuni, ad esempio il corrispondente dagli USA del quotidiano la Repubblica, Federico Rampini, ci troviamo di fronte ad una nuova declinazione del capitalismo originario, quello più feroce e più cinico. I nuovi capitani d’industria sono dei lucidi e spregiudicati imprenditori di solito molto giovani, che, grazie ad una intuizione, ad una conoscenza, ad un talento particolare, hanno realizzato un modello di business che sta scardinando le regole del gioco preesistenti.

Una frase fatta? Una fotografia eccessivamente severa? Una banale retorica anti-modernismo?

Proviamo a mettere in fila le loro scelte imprenditoriali recenti e poi verificheremo, sul serio, se si tratta di una pura polemica passatista e non di una spinosa realtà.

– la nostra privacy è stata saccheggiata: volenti o nolenti dobbiamo prenderne atto!

– il diritto d’autore svaligiato e svuotato di ogni contenuto.

– ogni intermediazione politica, commerciale, culturale è stata picconata ed è saltata. Oggi il rapporto tra il singolo umanoide e i suoi simili è diretto anche nei confronti del “potere” e dei potenti!

– I profitti sono enormi anche grazie ad una forma nuova di sfruttamento dei lavoratori: contratti precari e flessibili; orari pesantissimi; retribuzioni basse e stressate dalle performance. Tutto ciò è drammaticamente ottimizzato dal grande bisogno di un posto di lavoro “a tutti i costi” dopo la grande crisi del 2007.

– la pianificazione fiscale è valorizzata al massimo sfruttando al meglio le nicchie di disallineamento nell’impostazione delle politiche fiscali dei vari stati del villaggio globale.

– I top five si stanno comprando il mondo, dall’editoria al retail, blindandosi così la possibilità di gestire in futuro sempre meglio il loro modello di business.

– infine, e la circostanza è sotto gli occhi di tutti noi, il gap tra i top five e “gli altri”, aumenta di giorno in giorno, riducendo la possibilità di vedere sul mercato nuovi giocatori nel breve termine.

Insomma si è creato un vero e proprio oligopolio di capitani d’industria, tutti americani, tutti molto più cinici, spietati e potenti di quelli “mitici” della rivoluzione industriale inglese del 1800.

In più, la riduzione dei giocatori sul mercato consolida gli esistenti e marginalizza tutti gli altri riducendo così la competitività nel sistema e aumentando il costo di entrata di coloro che si candiderebbero ad entrarci. Stiamo assistendo dunque, più o meno ignari o più o meno distratti, al ingegnerizzazione di un sistema che, poggiando su mercato globale ed aperto (quasi tutto), consolida la leadership di pochi, sempre più potenti e incontrollabili. Spesso ai limiti o, meglio, fuori dal perimetro dei divieti normativi del “vecchio mondo”.

Questo e il progresso, signori miei! Potrebbe dire qualcuno. Ma è proprio così? Tutto ineluttabile e ormai senza rimedio?

Pickett pensa di no!

Senza la presunzione di avere la bacchetta magica, tipica del velleitarismo demagogico, proviamo a fare un ragionamento propositivo sul cosa si potrebbe fare nel brevissimo termine.

1) rafforzare, o articolare in modo più specifico ed analitico, la normativa antitrust, favorendo una reale e costruttiva collaborazione tra le autorità preposte nei vari Stati. Soprattutto in materia di disciplina della cosiddetta “posizione dominante” non coerente con un modello di mercato libero e aperto.

2) ridurre o annullare le differenti tassazioni esistenti tra gli Stati in materia di profitti di impresa. Ciascuno deve pagare le tasse dove produce il reddito, evitando la co-presenza sul mercato globale di aliquote molto diverse in differenti Stati. Stiamo parlando di omogeneizzare le aliquote delle imposte sulle persone giuridiche non, si badi bene, di introdurre tasse specifiche per il settore (come la tanto discussa Web Tax): perché penalizzare chi crea nuove forme di valore? Abbiamo bisogno di tasse giuste, uguali per tutti, ma pagate da tutti in tutti i paesi, senza la creazione di privilegi a favore dei più furbi o preparati.

3) Last but not… Least: la necessità di una politica, con la P maiuscola, che si confronti con le big five interloquendo con loro senza sudditanza, o peggio…; che sappia imporsi anche a grandi multinazionali ormai considerate quasi delle “impunite”, non punibili. Una politica che sappia valorizzare questa straordinaria opportunità tecnologica riconducendola però nel perimetro della legalità e dei controlli democratici. Una politica che ponga fine al Far West e, come sempre è successo in 2017 anni di vita dell’umanità, sappia riprendere in mano, a livello mondiale, sia dal punto di vista etico sia tecnologico, le redini del gioco, addomesticando il nuovo “orso” capitalista.

Ci piacerebbe infine, ma questo è forse un sogno che Pickett dovrebbe tenersi per sé, che questi nuovi, spregiudicati capitalisti del terzo millennio sviluppassero una profonda e sentita teoria della responsabilità sociale. Come ci aveva fatto sperare Mark Zuckemberg, qualche mese fa, assumano, oltre a quello di ricchissimi imprenditori di successo anche un ruolo di trascinatori di un cambiamento del mondo mirato a diminuire le ingiustizie, ridistribuire meglio la ricchezza pro capite, creare le condizioni per la pace e non per i conflitti armati. Ci piacerebbe, in altre parole, che questa nuova generazione di imprenditori assumesse il ruolo di pionieri di un nuovo mondo che, grazie anche alla loro straordinaria capacità di produrre profitto, possa sperare di vivere una coesistenza mondiale più pacifica, più giusta e più rispettosa delle idee altrui. Ma questo è forse soltanto il sogno di Pickett … il sognatore!

Comments (2)
  1. Giuseppe (reply)

    11 Dicembre 2017 at 17:00

    Bravo concordo.

  2. Eraldo (reply)

    12 Dicembre 2017 at 9:19

    bravo pickett

    bell articolo

    bel sogno !

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