La definizione di Stato proposta da Max Weber corrisponde a: “Quella comunità che all’interno di un determinato territorio rivendica per sé il monopolio dell’uso legittimo della forza fisica”.

Se ne deduce che uno Stato diventa tale quando riesce a monopolizzare la violenza sul territorio, che ne costituisce il segno distintivo, allo scopo di garantire l’ordine pubblico interno e di assicurare la difesa contro eventuali nemici esterni.

Mi chiedo, il nostro Governo e il nostro Ministro dell’Interno sono informati di questo principio e se sì come conciliano il principio in questione con la imminente legge sulla legittima difesa, che permetterà a tutti noi di sparare a chi dovesse entrare in casa nostra con presunte intenzioni delittuose, armato o no, di notte e di giorno?

È stupefacente constatare come lo Stato che dovrebbe difendere la mia sicurezza, mi dica, per bocca del  governo, di provvedere da solo armandomi e autorizzandomi a sparare senza timore di incorrere in azioni penali, perché una legge mi proteggerà da una eventuale azione penale della magistratura, che peraltro è obbligatoria.

Se avessi saputo che queste erano le condizioni per aderire allo Stato, ci avrei pensato.

Se incrociamo questa prossima legge con alcuni dati statistici attuali se ne ricava un quadro desolante.

Ufficialmente esistono già 4.500.000 persone possessori di una o più armi. Non si conosce, come è ovvio, il numero di quelli che hanno un arma o più non denunciate. Naturalmente con l’approvazione della legge il numero delle persone che si armeranno aumenterà, con grande gioia dei produttori di armi. Inoltre non è chiaro se nel numero dei possessori di armi sopra indicato siano compresi i cacciatori o no.

Altro dato scoraggiante è che pur avendo spostato l’inizio della condizione di anziano a 75 anni rimaniamo pur sempre un popolo di vecchi con tendenza all’aumento sia in numerica che in percentuale, perché nel 2017 sono nati 15.000 bambini in meno rispetto al 2016.

Siamo uno Stato abitato da vecchi, armati fino ai denti, e chiuso a qualunque forma di integrazione dall’esterno, grazie alla appena approvata legge sulla sicurezza. A proposito della quale bisogna dire che ha una denominazione ingannevole perché così denominata induce a pensare alla sicurezza in generale, mentre è una legge sulla sicurezza contro l’ingresso degli emigranti e la regolamentazione degli emigranti che già si trovano in Italia.

Il Governo e il Ministro dell’Interno pensano che mettere in galera un certo numero di emigranti, costruire barriere all’emigrazione che comunque non si arresta, respingere disperati o rimpatriare a parole (500/600.000?) uomini, donne, bambini che non si sa da dove provengano e di cui spesso non si conosce il nome certo, determini la sicurezza dello Stato?

Come se non sapessimo che lo Stato nel quale viviamo è insicuro a causa delle organizzazioni criminali che lo infiltrano, e contro le quali spesso lo Stato si dimostra impotente e in alcuni casi di corruzione, connivente. A sparare per le strade di Napoli, Calabria, Sicilia, Puglia, gli oltre 200 condannati in Emilia, ecc. non sono gli emigranti.

Come se non fossimo coscienti che l’insicurezza deriva dalla disoccupazione crescente, dal rallentamento dell’economia, da una condizione di incertezza sul futuro che mette in fuga le nuove generazioni. Chi si occupa della sicurezza psicologica dei cittadini?

Temo che il concetto di sicurezza che orienta il Governo e il Ministro dell’Interno riguardi solo quelli che hanno qualcosa da perdere.

Chi non ha niente da perdere non sa cosa farsene della sicurezza contro gli emigranti e della legge sulla legittima difesa.

Chi non ha niente da perdere desidererebbe essere integrato in un processo produttivo che gli garantisca un presente decente, e se possibile una prospettiva di futuro. È l’integrazione che genera la sicurezza, è l’inclusione nella società che determina la sicurezza. La sicurezza per legge è l’anticamera della Stato di polizia, perché la legge sulla sicurezza ha come corollario le leggi restrittive della libertà di stampa, dell’autonomia della magistratura, della libertà di parola.

Molti “maitre a penser” continuano ad assicurarci che non ci sono più le condizioni per un ritorno del fascismo. Sarà, ma le condizioni per un governo di destra a trazione dell’attuale Ministro dell’Interno ci sono tutte.

Di fronte a questa prospettiva è inevitabile chiedersi che fine ha fatto il partito che diceva di rappresentare la sinistra. Qui il discorso diventa lungo e complesso e per questo mi limito a un invito.

Vorrei invitare la dirigenza del PD e i candidati alle primarie a fare visita, e restare in raccoglimento davanti al celebre quadro di Pelizza da Volpedo, il quarto Stato, e domandarsi se i protagonisti di quella metafora (cambiate pure i soggetti attualizzandoli) siano interessati alla sicurezza e non invece all’integrazione, all’inclusione attiva in una società che riconosca i diritti di tutti, a un lavoro dignitoso, a un ruolo nella vita pubblica, perché sono queste le condizioni che determinano la sicurezza dello Stato e dei cittadini.

Niente di tutto questo perché anche i dirigenti del PD parlano di sicurezza cercando di distinguersi affermando che loro la sicurezza la gestirebbero meglio, la garantirebbero meglio, la proporrebbero in maniera più corretta , educata.

Mi chiedo: sicurezza per sicurezza perché dovrei seguire il PD e non  Il Ministro dell’Interno? So anche io che le periferie delle grandi città sono un disastro. Ma questo disastro lo risolviamo con la polizia?

Le periferie delle grandi città erano un disastro già al tempo delle “coree”, dei quartieri dormitorio, della grande emigrazione interna, quando gli emigranti erano i “terun”. E anche allora l’accoglienza non era all’ordine del giorno.

Deve essere una caratteristica di certe categorie di italiani, la non disponibilità all’accoglienza. Sempre.

Quel degrado fu in parte risolto con l’integrazione, l’accoglienza faticosa, la partecipazione.

Forse i dirigenti del PD hanno perso la memoria non solo di quegli anni, ma hanno dimenticato anche che i loro padri, i loro nonni, furono esiliati, arrestati, e qualcuno ammazzato, quando nel 1922, in nome della sicurezza contro gli scioperi rossi, che erano finiti da due anni, andò al potere la destra che si rivelò per quello che sappiamo.

Quello che voglio dire è che i dirigenti del PD hanno bisogno di individuare una linea politica da proporre al paese e che quella linea politica non può essere basata sulla sicurezza perché già patrimonio della destra sovranista.

In politica bisogna avere il coraggio di sedersi dalla parte del torto quando dalla parte della ragione tutti i posti sono occupati. La politica è anche visione e per distinguersi dall’avversario deve proporre un pensiero originale a cui ispirarsi.

Come affermare che un emigrante abbandonato in mezzo al mare cessa di essere emigrante e diventa naufrago con tutti i diritti del mare che lo proteggono e lo traggono in salvo. Quando tocca terra ridiventa emigrante ma intanto lo hai salvato.

Comments (1)
  1. Maurizio Baiotti (reply)

    7 Dicembre 2018 at 8:33

    Non concordo pienamente con queste proposizioni

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