Via Antonio Cecchi n. 18, Torino. Un sabato mattina qualunque di questo caldo Maggio preestivo. La calma quasi ovattata di un quartiere laboratorio della Torino dell’inclusione non condivisa da tutti, caratterizza la monotonia ripetitiva delle nostre abitudini del giorno semi lavorativo. Si dorme un po’ di piu’, ci si porta dietro le problematiche sorte e gestite durante la settimana, si scende a fare la spesa o dello sport e del cazzeggio con gli amici. In via Cecchi succede tutto questo in un miscuglio di colori e di gente proveniente da tutti i conque continenti. Ma anche dell’ altro. Anche un qualcosa che Pickett ha vissuto e vuole farvi conoscere. Un qualcosa che tiene accesa o riaccende la luce della speranza, la voglia di mettersi a disposizione, la responsabilità di non “stare alla finestra” ma di occuparci degli altri, di quelli meno fortunati di noi.
UNA CONSIDERAZIONE GENERALE: Ci stiamo tutti, chi piu’ chi meno, arrabattando su una serie di problemi apparentemente irrisolvibili. Incartati a livello macro e a livello individuale, nel crogiolarci sugli scenari negativi che ci aspettano senza la forza di reagire, mettendoci passione, professionalità e spirito positivo. Uno dei paradossi del contesto che stiamo faticosamente vivendo è che da un lato abbiamo problemi di malessere sociale aggravati dalla gestione dell’immigrazione e da bilanci pubblici in pauroso deficit e dall’altro che il denaro non e’ mai costato così poco e che il Paese Italia, nonostante i suoi bisogni drammatici, non sfrutta in pieno i fondi europei stanziati a suo favore. Da una parte ci piangiamo addosso per aver fatto troppo a lungo le cicale senza avere la minima forza e volontà di intervenire sugli sprechi esistenti e sull’evasione permanente. Dall’altra parte non riusciamo a capire che le risorse finanziarie ci sarebbero e sarebbero destinate proprio a tante delle inziative di cui avremmo un estremo bisogno per disinnescare incubi come la nuova povertà, come la non decrescente disoccupazione, come il futuro delle nuove generazioni catapultate in un mondo che si occupa solo degli anziani e non dei giovani. Basterebbe saperle valorizzare queste risorse, presentando progettualità innovative e sostenibili. E proprio qui “casca l’asino”: qui evidenziamo tutti i nostri limiti culturali e caratteriali di italiani forse generosi ma sicuramente individualisti e riottosi a rispettare le regole. L’incapacita’ di fare sistema, la non professionalità di redigere progetti in linea con i format di Bruxelles, la pigrizia di non voler approfondire seriamente le opportunità europee che tanto ci costano ma che poco sfruttiamo come fanno invece molti dei nostri partners europei.
Perche’ tutta questa lunga , amara e, passatemi il termine, frustrata introduzione?
VIA CECCHI 18: perchè Pickett, come raccontatovi all’inizio, è reduce da una lunga passeggiata per le vie periferiche di Torino, città storicamente votata alla innovazione, anche e soprattutto sociale, a visitare siti dove dei giovani si stanno industriando per rilanciare zone degradate, contaminate dalla malavita, esempio del malessere sociale esistente in molte città italiane che esplode ormai frequentemente in azioni che diventano drammaticamente di ordine pubblico. Il giro compiuto curiosando quà e là nei vari quartieri della periferia nord della città si porta dietro una serie di riflessioni e proposte mirate a dare una scossa al vittimismo imperante. Pickett ha incontrato e chiaccherato con giovani smart, impegnati nella gestione di progetti inclusivi che tendono, sulla base di una auspicata sostenibilità economica, a ridare vita, speranza e, perchè no, sorrisi a essere umani travolti dalla crisi economica e dal tracollo dei valori fondanti del nostro stare insieme.
IL CECCHI POINT: un esempio concreto ci può aiutare nella spiegazione: via Cecchi, quartiere una volta operaio, oggi prototipo delle nuove integrazioni sia sociali sia di razza con tutte le inerenti complessità. Nella via esiste un comprensorio, all’interno di un cortile, che una volta era la sede della sezione del PCI che aveva proprio lì, fino a qualche … secolo fa, una delle sue roccaforti elettorali. L’area si presenta come un grande centro, oggi inglesizzato in Hub, un po’ fatiscente, con attività artigianali, corsi di formazione, luoghi di intrattenimento per tutte le età e alla portata di tutti, recita il sito Cecchi Point. “La Casa Quartiere e’ un luogo aperto, contenitore di molteplici progettualità dove è possibile proporre attività ma anche usufruire di attività proposte da altri”. Gli abitanti del quartiere trovano qui occasioni per uscire dalla loro solitudine, per imparare un nuovo mestiere, per passare qualche ora di svago in palestra o al bar con amici o con persone incontrate proprio per la prima volta nel Cecchi Point. Il costo dei servizi, dei corsi di formazione, di tutte le attività del Centro e’ contenuto allargando così la platea dei possibili utenti.
COSA FANNO: Per farvi entrare meglio nella dinamica quotidiana del Cecchi Point abbiamo trascritto alcuni degli eventi attualmente in programmazione: (1) Hip Hop: per lasciarsi coinvolgere nelle atmosfere della danza, acquisire una maggior consapevolezza del proprio corpo, muoversi con maggior controllo e agilità; (2) Capoeira: la lotta-danza brasiliana che unisce l’arte marziale alla musica e alla armonia dei movimenti. Salti, acrobazie, musica e strumenti etnici con maestri qualificati; (3) Improjunior: un corso per bambini e ragazzi per sviluppare le loro capacità espressive e aggregative tramite l’uso di tecniche teatrali; (4) Teatro Danza Terapia: un corso che combina l’uso della voce con il movimento del corpo e che aiuta i bambini, con delle modalità semplici e divertenti, a migliorare la conoscenza di se stessi e delle proprie attitudini e possibilità prospettiche; (5) Acroyoga: una terapia che combina lo Yoga classico al Thai massage all’acrobatica. (6) Comedy Studio: la scuola di cabaret e stand up comedy.
Potremmo proseguire per pagine e pagine. Il palinsesto è denso, vario e per certi versi stupefacente. Facciamo invece due passi in un altro laboratorio molto interessante e innovativo.

LE OFFICINE CREATIVE: l’area dedicata alle Officine Creative ha invece il suo focus su una specie di Scuola dei Mestieri dove si tengono dei corsi per apprendere delle mansioni ormai obsolete, che nessuno sa più fare e che scopriamo quotidianamente quanto invece ci manchino. Una speranza per chi, angosciato da un futuro incombente di disoccupato, abbia voglia di ascoltare dalla viva voce di docenti della terza età che, più o meno a livello di volontariato, hanno dichiarato la loro disponibilità a tenere i corsi per i giovani interessati, i segreti e fondamenti di vecchi mestieri in via di sparizione. Falegnami, sarti, ciclomeccanici, fresatori, saldatori, baristi e camerieri sono i mestieri sui quali il Cecchi Point ha per ora concentrato le sue attenzioni. Ma in più, e qui sta la vera innovazione dell’Hub torinese, proprio per puntare alla sostenibilità economica del progetto, i singoli artigiani sono a disposizione di cittadini che, per le ragioni più diverse anche legate all’emergenza sociale, non hanno la possibilità di rammendarsi un vestito, o aggiustare un elettrodomestico o, più semplicemente, di usare una bicicletta per poche ore. I responsabili delle Officine “vendono” questi servizi a prezzi molto calmierati e sempre basati sulla non gratuità altrimenti diseducativa. I clienti possono anche limitarsi a chiedere le attrezzature necessarie per risolvere il loro problema: affittano anche per pochi minuti quella macchina da cucire che non hanno più ed è fondamentale invece per vestire se stessi e le loro famiglie. E così per le biciclette, l’utensileria più spicciola, la falegnameria più sofisticata. Si creano così i presupposti per un flusso di ricavi costante anche se molto esiguo nei numeri. Il modello funziona e l’Hub è diventato un punto di riferimento per gli abitanti del quartiere che vengono numerosi ad utilizzare e comprare i segmenti di attività messi a disposizione dai tutor delle Officine. Formazione e Lavoro dunque associati ad un principio molto artigianale di attività commerciale.

Il confronto con i responsabili del Cecchi Point ha permesso a Pickett di capire anche il forte impegno dei promotori / gestori a far quadrare i conti, cercando, attraverso costi di partecipazione minimali, di coinvolgere un target molto ampio su un principio però non di gratuità. Per apprezzare le cose che ti vengono offerte, e’ il karma che si sente girando per l’Hub, devi pagarle, magari poco, pochissimo, ma il principio è che non devono essere gratuite, se no..non vengono apprezzate sul serio!
IL FORMAT: il modello organizzativo del Cecchi Point è piuttosto semplice: il Comune ha dato in concessione l’area, per un certo numero di anni, ad una cooperativa che si è assunta il ruolo di gestore dell’intero progetto subappaltando a singole associazioni o cooperative la operatività delle singole iniziative. Ogni inquilino paga un canone per l’uso dei vani a lui destinati accollandosi le spese di ristrutturazione e arredamento dei propri locali.
Un grande consorzio insomma che trova varie declinazioni operative in funzione delle specializzazioni dei singoli inquilini.
Questo è il quadro operativo del Cecchi Point che potrebbe rappresentare un benchmark per iniziative analoghe in tutta Italia.
VALORIZIAMO LE PROGETTUALITÀ : il punto che ci interesse cogliere di tale iniziativa è il seguente: il recupero sociale delle nostre periferie è un obbiettivo primario di tutte le politiche europee; l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati anche … almeno a parole (il documento finale della riunione del G7 di Taormina evidenzia infatti qualche crepa su questa affermazione!); la dotazione di fondi europei mirati a queste iniziative esiste e gli stanziamenti sono tutt’altro che banali; certo, bisogna cercare di fare sistema evitando la duplicazione di progetti provenienti dagli stessi territori.
Detto ciò, perchè non riusciamo a valorizzare tutti i fondi messi a disposizione da Bruxelles pur avendone un bisogno spaventoso? I soldi ci sono, le idee anche: d’accordo bisognerà selezionare quelle sostenibili e non velleitarie, ma i nostri giovani volonterosi e smart, le idee le hanno, vanno solo aiutati a realizzarle. E qui sta il nocciolo del problema: non siamo capaci a scrivere i progetti, a descriverli secondo i format voluti dagli enti europei erogatori; a renderli non solo suggestivi ma anche realizzabili per gli organismi deputati al controllo e alla selezione. A dargli le gambe, insomma, per farli camminare davvero.
Leggiamo sui giornali, sempre più frequentemente, di casi di fondi pubblici per gli immigrati monopolizzati dalla malavita e dirottati su speculazioni private e illecite. Ciò significa, al netto della corruzione dilagante del sistema, che le associazioni malaviltose sono più brave e professionalizzate di quelle “per bene”. Ottengono fondi illimitati in modo superiore a chi li chiede per iniziative non solo lecite ma con finalita’ sociali! Il colmo! Un altro primato del nostro bizzarro Paese.
LO STIMOLO A METTERSI IN GIOCO: che fare? Metterci a disposizione di iniziative, tipo quella del Cecchi Point, per aiutarle a realizzare progetti finanziabili che possano migliorare il contenuto e le prospettive delle varie attività esistenti. Partendo dalla comunicazione (fondamentale per far sapere al territorio e alle sua varie comunità l’esistenza di queste virtuose iniziative: soltanto un flusso di visitatori, potenziali utilizzatori/acquirenti dei prodotti/servizi proposti potra’ garantire un flusso di ricavi sufficiente per la stabilità e sostenibilità del Centro!) per continuare con una manutenzione, anche edile, piu “sexy” nei confronti dell’utenza, per finire con il consolidamento di un livello di mentoring adeguato all’innovazione e ai bisogni sociali.
Momenti e luoghi di incontro, formazione, speranza e sorrisi possono davvero rappresentare esempi del come provare ad uscire da una spirale, soprattutto psicologica negativa e distruttiva. Possono diventare il miglior farmaco contro il nichilismo imperante.
Ciascuno di noi esca dai suoi egoismi e dalle sue timidezze e metta a disposizione di questi ragazzi, pieni di buona volontà, le sue sue esperienze, competenze e relazioni. Facciamoli sentire meno soli. In ogni città d’Italia ci sono, ne siamo convinti, dei Cecchi Point.S copriamoli e aiutiamoli nella loro crescita o nel loro consolidamento.
Ripartiamo da lì: Pickett e’ pronto per la sua parte.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.