Facciamo uno strappo alla regola e torniamo sull’argomento discusso ieri.

Leggendo i giornali durante questa pausa natalizia mi sono venute sotto gli occhi due notizie provenienti da Mosca e da Pechino.

Le sintesi giornalistiche dei discorsi alla nazione di fine anno di Putin e di Xi Gjinping.

State a sentire cosa hanno detto e come lo hanno comunicato, proprio nell’ottica dei ragionamenti preoccupati che Pickett ha cercato di socializzarvi ieri.

Xi ha parlato per 1 ora e mezza davanti a circa 3000 delegati del Partito Comunista cinese riuniti nell’imponente Sala del Popolo edificata a suo tempo da Mao.

Putin ha incontrato 1700 giornalisti russi e stranieri in una delle più solenni sale del Cremlino e ha parlato, quasi a braccio, per oltre 4 ore. Entrambi hanno avuto la diretta televisiva e un’ampia copertura social e digitale.

Insomma, come ha correttamente registrato il direttore de la Stampa di Torino, Maurizio Molinari, entrambi i leader hanno costruito una loro immagine mirata ad esaltare il loro ruolo incontrastato e essenziale per il paese, sottolineando l’importanza di una leadership forte per consolidare l’identità del proprio modello politico e della conseguente sua forza internazionale. Ciò che colpisce è la volontà di entrambi di esaltare queste forme di autocrazia al fine evidente di comunicarne la superiorità rispetto al maggior nemico: la democrazia rappresentativa dell’occidente ed in particolare degli Stati Uniti.

In sintesi la tesi del leader russo e del leader cinese è la seguente: tanto più Europa e Stati Uniti avranno sistemi politici deboli, leader incerti e vulnerabili, Parlamenti paralizzati e inefficaci, tanto più le maggiori autocrazie del pianeta punteranno a sfruttare la comunicazione di massa per vantare la loro superiorità. “Perché si tratta – ha specificato Molinari – anzitutto di una sfida globale tra modelli di stato e governi alternativi, rivali”.

Xi ha difeso con orgoglio ed enfasi l’identità socialista della Cina e ha accusato l’occidente di volerla mettere in crisi. Non una parola sul rallentamento della crescita, sulla violazione dei diritti delle minoranze, sul divieto di dissenso politico, sul massiccio controllo delle comunicazioni personali di tutti i cinesi.

Putin invece ha accusato gli Stati Uniti di volere la guerra nucleare, si è detto d’accordo… sorridendo, con la decisione di Trump di ritirarsi dalla Siria, ha rimproverato a Macron la rivolta dei Gilet Gialli, ha spronato il governo britannico a rispettare il volere del popolo sull’uscita dall’Unione Europea, ha rivendicato con forza il sequestro delle navi ucraine nel Mar Nero in quanto responsabili della violazione del diritto internazionale.

La lettura comparata di parole e messaggi di Xi e Putin porta a dedurre che entrambi si sentono dalla parte vincente della Storia, vedono nei movimenti populisti il sintomo dell’inesorabile declino delle democrazie liberali ed offrono agli stati indeboliti dell’occidente di affidarsi a loro per fare business e ricevere garanzie di sicurezza. La loro scommessa è, in ultima istanza, sulla possibilità di raccogliere la resa del modello rivale, incassandone i frutti strategici ed economici”

Pickett è assolutamente allineato sulle conclusioni di Molinari confermandosi in attesa di vedere se e come le democrazie occidentali comprenderanno il rischio che stanno correndo e sapranno reagire a questa terribile sfida.

Comments (1)
  1. cinzia (reply)

    28 Dicembre 2018 at 12:23

    E in questo scontro tra titani il piccolo premier italiano, che rivendica il populismo del suo governo e nella conferenza stampa di fine anno confonde camera e senato, lancia l’iniziativa , che stravolgerà le sorti di questo paese, “donne e uomini normali, gesti esemplari”.
    Astrosamantha Cristoforetti, la novantenne Fiorenza de Bernardi (prima donna pilota in Italia ) o Luca Parmitano ( per rimanere tra le stelle) non sono donne e uomini abbastanza normali per il premier e non possono essere fonte di ispirazione.
    No, in un paese maglia nera nel mondo cosiddetto civile per la dispersione scolastica (dal 16 al 33% a seconda delle regioni mentre la Russia è al 5% e la Norvegia a zero) sentivamo proprio l’esigenza di dare voce e visibilità alla donna e uomo qualunque, celebrando gli “italiani brava gente” e dando così al popolo l’impressione che in questa società non ci siano pericolosi bubboni di maleducazione, intolleranza e razzismo.
    Correva l’anno 1938 e qualcuno pensò di limitare la cronaca nera e dare risalto all’immagine edulcorata dell’Italia improntando le notizie a “ottimismo, fiducia e sicurezza nell’avvenire”.
    E i gesti esemplari delle donne e uomini normali diverrano il nuovo megafono del populismo, per nascondere i veri problemi, anche quello dei treni che non arrivano in orario.
    CG

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