Viviamo giornate molto complicate da decifrare. Soprattutto se non siamo economisti e siamo quindi nelle mani degli esperti. O presunti tali. Una parte del Paese esulta, come ai tempi di Spadolini quando vincemmo il mondiale in Spagna (1982) affacciandosi al balcone di Palazzo Chigi con l’indice e il medio della mano in segno di vittoria. L’altra parte del Paese sprofonda in un pessimismo cosmico sul nostro futuro, continuando a trattare il governo giallo-verde come una parentesi costosa ma auspicabilmente transitoria.

I primi urlano “Basta” ai ricatti di Bruxelles, alle congiure del complotto Pluto-Massonico-Giudaico, ad una Europa da demolire più che da ricostruire.

Gli altri, a loro volta, gridano il loro “Basta” ad un governo velleitario, che non decide nulla, composto da pericolosi incompetenti che fanno solo propaganda e creano danni alla reputazione dell’Italia.

La presentazione del Def (che, lo ricordiamo, è solo un documento di programmazione, non una norma come la Legge di Stabilità) ha scatenato di nuovo uno scontro tra le “due curve” con il presidente Mattarella in mezzo a fare da arbitro senza … la Var.

Proviamo allora ad isolarci anche solo per 10 minuti dall’area irrespirabile che si respira in casa nostra e a leggere come ci giudicano dall’estero in questo nostro complesso e bizzarro momento politico ed economico. Come stanno interpretando questo nostro passaggio storico, per lo meno peculiare, gli altri grandi del villaggio globale. Da una parte c’è un presunto Nuovo che avanza nell’interesse del popolo e contro le élite; dall’altro la finanza mondiale che vuole conservare un modello capitalistico che, secondo i “nuovi”, ha creato i disastri del nostro presente.  Questo è lo scenario sul quale si stanno esercitando gli analisti di tutto il mondo per cercare di capire dove andrà a finire l’Italia.

Certo, riprendendo quanto scritto dalla rivista specializzata americana Bloomberg, proprio in questi giorni, potremmo essere accusati di aver scelto una tipica “Gazzetta” americana asservita proprio a quella lobby di potere internazionale che controlla i mercati soltanto per propri fini speculativi ed egoistici, mischiando così affari e poteri a suo piacimento.

Pickett registra questa possibile accusa, avvertendo il lettore di questo rischio.

Detto ciò, per chiarezza, proviamo ad andare a leggere quanto scritto dal giornale finanziario americano, dopo la pubblicazione del Def e del suo contenuto programmatico.

Il titolo dell’editoriale di Bloomberg del 28 settembre scorso evidenzia già il fil rouge del ragionamento sviluppato dall’editorialista David Shipley: “l’Italia mette a rischio il progetto Europa unita: il Governo deve essere ragionevole”.

Ecco in una sintesi in lingua italiana il pensiero della rivista americana:

La lettura del Def mette in crisi l’intero sistema dell’Unione Europa. Fin dall’inizio del suo mandato, il governo 5 Stelle-Lega ha ripetutamente manifestato le sue genuine intenzioni di attuare grandi e costose promesse fatte agli elettori durante la campagna elettorale: un importante taglio delle imposte, una riduzione dell’età pensionabile, l’introduzione di un reddito di cittadinanza nel quadro normativo.

Avendo letto il Def ci si può solo augurare che in questo lasso di tempo che intercorrerà dall’approvazione del Def fino all’approvazione della prossima legge finanziaria italiana, i governanti mettano sul tavolo della ragionevolezza, modificando alcuni aspetti importanti del documento di programmazione appena varato. Tutto ciò nell’ottica di votare una legge di stabilità compatibile con il quadro generale normativo dell’Unione Europea. Adesso infatti – ha scritto l’editorialista di Bloomberg – arriverà per gli italiani il momento della verità. L’obiettivo di un deficit del 2.4% (molto superiore alle previsioni sancite dal precedente governo Gentiloni), sebbene sia sotto il tetto del 3% viola un impegno fondamentale degli stati membri dell’Unione Europea, quello di continuare una politica economica mirata a ridurre, anno dopo anno, il debito globale. Questo principio vale soprattutto per l’Italia che ha un debito altissimo (130% del Pil) , inferiore soltanto a quello della molto più piccola Grecia.

Se gli investitori internazionali dovessero perdere la fiducia nel governo italiano, e quindi si aprisse l’incubo di un continuo innalzamento dello spread per riuscire a piazzare le nuove emissioni dello Stato italiano, i leader europei potrebbero trovarsi di fronte ad una terribile opzione: da un lato dover salvare l’Italia assumendosi però direttamente la gestione della ristrutturazione del debito (come accaduto in Grecia con la Troika negli ultimi anni); dall’altra parte “permettere” l’uscita del terzo più grande paese dell’Unione Europea, tra l’altro tra i fondatori della stessa, lasciando l’Italia al di fuori dell’area Euro.

Tutto ciò, mettendo comunque in pericolo la moneta europea che rappresenta il simbolo degli sforzi per continuare ad avere una Unione Europa duratura nel tempo.

Questa crudele realtà – conclude David Shipley nel suo editoriale – speriamo possa forzare il governo italiano a mettere sul tavolo prudenza e ragionevolezza. L’Italia sta attraversando un momento storico e politico decisivo per il suo futuro: ciò rappresenta una grande opportunità per il governo populista dei 5 Stelle e della Lega per dimostrarsi serio ed adeguato alla complessità dei problemi che ha di fronte. Se l’Italia infatti dovesse rivedere, anche solo in parte, il contenuto del Def, siamo certi che Bruxelles sarebbe più accomodante nel concedere delle deroghe al governo italiano. In caso contrario, potrebbe accadere il disastro con conseguenze negative per tutti ma innanzitutto per l’Italia”

Questa la sintesi dell’editoriale di David Shipley di venerdì scorso. Una lucida fotografia, ad avviso di Pickett, della situazione italiana e un pressante invito all’attuale governo a ripensare il contenuto del Def in vista della prossima Legge di Stabilità.

Per la rivista americana l’Italia può diventare davvero il “cavallo di Troia” in Europa per quelli che vogliono distruggere il progetto di una Unione Europea forte, autonoma, coesa, in grado di competere adeguatamente con gli altri 3 Grandi del mondo: Stati Uniti, Cina e Russia.

A questo proposito circolano, non solo in Italia, voci secondo le quali le scelte strategiche del governo Salvini-Di Maio (in modo cosciente e lucido per il primo, incosciente e confuso per il secondo) siano proprio mirate a far “saltare il tavolo”. A insinuarsi nelle debolezze, colpe e responsabilità dei vertici di Bruxelles, che oggettivamente ci sono, per scompaginare il sistema e distruggere l’Unione Europea. Secondo questo teorema, gli sponsor di questa manovra sarebbero proprio a Mosca e a Washington, per ragioni diverse ma per scopi analoghi. Togliersi di mezzo un competitor importante come l’Europa nella geo-politica internazionale del prossimo futuro.

Too big to fail (troppo grande per fallire)! Questo è stato il mantra per tenere lontano o comunque sospendere il rischio di uno scenario con l’Italia espulsa dai consensi europei ed internazionali.

Attenzione però perché i “venti di guerra” economici che circolano in questi  mesi nel mondo, iniziano, sul serio, a pianificare uno scenario non fantascientifico che vede proprio l’Italia innescare l’effetto domino della fine dell’Europa, con la conseguenza di un continente europeo diviso, debole e non in grado di partecipare proattivamente alle prossime decisioni strategiche sulla divisione del potere nel nostro pianeta.

Abbiamo dunque una grande responsabilità sulle spalle: dobbiamo evitare di essere manipolati da interessi che provengono da paesi più grandi del nostro e che mirano ad obiettivi in cui l’italietta diventa non un alleato ma puramente uno strumento di potere transitorio. Al nostro governo, ma anche a tutti gli organi costituzionali (compresa l’opposizione parlamentare) spetta il compito di evitarci un incubo che travolgerebbe il futuro di tutte le prossime generazioni.

Comments (2)
  1. dario (reply)

    1 Ottobre 2018 at 19:03

    Il problema di fondo non è neanche il 2,4%; la questione vera è che non si investe sul lavoro, sui sistemi educativi, sui giovani, sulle possibilità di occupazione femminile, sui fattori che accompagnano lo sviluppo e la crescita della produttività, sugli investimenti infrastrutturali e sulle manutenzioni straordinarie. Si distribuiscono redditi senza nessuna possibilità concreta di legarli al lavoro con l’idea disumana (vedi grillo) che bisogna liberare l’uomo dal lavoro, si abbassa l’età pensionabile (in controtendenza con tutto il mondo compresa la Russia) facendo gravare il tutto sulle nuove generazioni, si fa un condono fiscale camuffato, si fa una flat tax sulle partite iva senza nessun raccordo con i contratti di tipo subordinato,……
    Detto ciò dobbiamo riflettere sulla fine dell’occidente unico dominatore del mondo se no la decadenza da tardo impero romano non ce la leva nessuno.

  2. Alberto (reply)

    1 Ottobre 2018 at 21:04

    Forse bisognerebbe aspettare e vedere se l’estensione ai redditi degli autonomi fino a 100.000,00 euro e la immissione nel circuito economico del reddito da cittadinanza non finisca per generano anche qualche effetto positivo (sul Pil).
    Esprimersi prima degli fatti è compito riservato ai profeti !
    Gli altri – quelli che profeti non sono – pronunziandosi anzi tempo assumono il rischio dell’imponderabile

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