Aldo Cazzullo, sul Corriere della Sera di domenica 7 maggio, nella sua rubrica della posta con i lettori, ci costringe a tornare sul tema già affrontato diverse volte su questo giornale: i “Balneari”.

L’assurda situazione di stallo in cui siamo nuovamente piombati, con la certezza dell’apertura di una istruttoria della Corte di Giustizia del Lussemburgo per infrazione alla normativa europea sulla concorrenza.

La lobby dei balneari, ancora una volta, è riuscita “a buttare la palla in tribuna”, di fatto bloccando in Parlamento la norma che obbligava a mandare a gara tutte le concessioni in essere entro il termine del 31 dicembre 2023.

Con un ritardo, quindi, di oltre 14 anni sulla disciplina contenuta nella direttiva comunitaria che lo prevedeva!

Ad un lettore che gli sottolineava come a furia di rimandare una soluzione che potesse conciliare la necessità di concorrenza con le legittime esigenze degli operatori, si era arrivati ad uno stallo.

Uno stallo che può far presagire ad una prossima normativa improvvisata, fatta di fretta e di furia e che scontenterà tutti, a questo lettore, preoccupato per le sorti del settore, Cazzullo rispondeva con la sua proverbiale pacatezza e lucidità: “Mi consenta di suonare sui balneari una nota discordante dal discorso comune. L’Europa applica a volte schemi astratti, quindi ideologici, a realtà molto diverse. L’Italia non è la Germania, con le sue brumose e fredde coste sul Mare del Nord e neppure la Francia che ha una costa mediterranea breve rispetto alla nostra e a tratti paludosa e ostile per quanto affascinante.

L’Italia ha oltre 8000 chilometri di coste mediterranee. Le coste a volte sono frutto del lavoro di generazioni. Quelle lunghe e sabbiose, dalla Versilia alla Romagna, sono poche. Molte spiagge italiane vengono faticosamente difese dal mare da lavori complessi, da rinnovare di continuo.

Ci sono famiglie che vivono di quello da molto tempo. Poi, certo, ci sono anche i furbetti. Quelli che pagano concessioni troppo basse. Che subaffittano. Che accettano pagamenti solo in nero. Che vietano il passaggio a chi non paga. Sono scorrettezze da punire. Ma applicare all’Italia lo stesso modello uniforme pensato dall’Europa per ogni contesto è sbagliato. Già oggi, su 10 euro che uno straniero spende in Italia, almeno 8 finiscono all’estero, magari in qualche paradiso fiscale.  La maggior parte degli stranieri che arriva sul nostro paese non lo fa su un aereo italiano visto che non abbiamo una grande compagnia aerea e non dorme in un hotel italiano, visto che non abbiamo una grande catena alberghiera italiana. L’Italia è come l’Egitto: del turismo restano i soldi dei ristoranti, dei bar, delle guide, dei musei, non il grosso della spesa.

Se pure le coste migliori venissero sfruttate da multinazionali straniere, perderemo una quota di ricchezza diffusa e magari altre coste più remote e meno attrattive sarebbero abbandonate a sé stesse”.

Pur apprezzando il pregevole ragionamento di Cazzullo non siamo d’accordo!

E’ tutto vero quello che l’editorialista del Corriere della Sera ha evidenziato sia con riguardo alla differenza tra le coste italiane e quelle degli altri paesi europei, sia con riguardo ai rischi di una colonizzazione straniera anche nella gestione delle nostre spiagge.

Quello sul quale Cazzullo non ci convince è la valutazione sulla reazione della categoria dei balneari alla necessaria ridefinizione delle concessioni degli stabilimenti balneari appunto.

Ci saremmo aspettati una reazione propositiva, non corporativa; proattiva nel pretendere bandi di gara che tenessero conto in maniera adeguata degli investimenti fatti e documentati non un muro contro qualsiasi ipotesi di bando di gara.

Ci saremmo aspettati che non prevalesse all’interno della categoria dei balneari la maggioranza dei “furbetti” rispetto alla minoranza dei seri imprenditori.

Speriamo che l’evolversi del confronto non porti, come preconizzato dal lettore, ad una legge fatta male, in fretta, lacunosa e tale da scontentare tutti.

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