Forse è la volta buona per dire addio all’unanimità!

Proprio nell’ultimo fine settimana qui a Bruxelles si è tenuta la prima riunione di lavoro, squisitamente tecnica, tra i delegati di nove Stati membri dell’Unione.

Il club, per ora ristretto (solo nove su ventisette membri) viene denominato “amici per la maggioranza qualificata” e ha come obiettivo “l’abolizione del consenso totale di tutti i membri per certe votazioni” e quindi la cancellazione del diritto di veto sui temi della sicurezza e della politica estera europea.

L’obiettivo di questo gruppo di lavoro è arrivare ad un testo di una norma che consenta soltanto due forme di voto: la maggioranza semplice per tutte le materie e – per le questioni più delicate – una maggioranza qualificata forte di almeno il voto favorevole 15-18 Stati ed una rappresentanza non inferiore al 65% della popolazione europea.

Per ora il gruppo dei promotori di questo progetto è composto da Italia, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Spagna, Finlandia e Slovenia: la Germania partecipa ai lavori con il ruolo di coordinatore del tavolo.

Potremmo quindi, finalmente, raggiungere quel traguardo di efficienza decisionale (senza l’abbandono del criterio della rappresentatività) che costituisce l’unica via per superare delle imbarazzanti situazioni di stallo che troppe volte hanno evidenziato la crisi del progetto di una Unione Europea forte, coesa, rappresentativa, efficiente nella catena di comando e nelle decisioni da prendere in tempi brevi come la pandemia e la guerra in Ucraina ci hanno drammaticamente segnalato.

L’annuncio stampa circolato a Bruxelles in queste ore parla di una “coalizione aperta a chiunque vorrà unirsi”.

Le aree su cui i nove intendono intervenire non sono specificate (si mormora l’assistenza militare, le sanzioni, eventuali nuove pandemie) ma l’obiettivo comune dichiarato dai nove Stati promotori è comunque quello di “Migliorare l’efficacia e la velocità del processo decisionale UE in maniera pragmatica”.

Ormai l’Europa ha 27 membri, con molte candidature ulteriori “in sala d’attesa”; l’attuale governance  non è più difendibile e bisogna lavorare perché entro il 2024 si possa raggiungere un accordo che la renda più flessibile ed efficiente.

Certo, passare ad un regime di maggioranza qualificata (anche Silvio Berlusconi nel suo video-discorso di sabato scorso alla convention di Forza Italia ha parlato di questo tema, sottolineando come lui da anni propone un quorum dell’80% al posto dell’unanimità per certe materie rilevanti) impone ai paesi membri un grade lavoro politico e diplomatico per costruire ogni volta alleanze forti, mettendo in minoranza i membri riottosi.

Il governo italiano ha dato delega al Ministro degli Esteri Antonio Tajani di partecipare ai lavori portando avanti il processo di modifica della governance insieme a Francia e Germania.

Proprio in queste ore, Tajani ha voluto esternare il suo pensiero sull’ipotesi di nuovi assetti nella governance europea: “L’Europa per fare scelte politiche  – ha detto il nostro Ministro degli Esteri – deve rafforzare la sua istituzione democratica che è il Parlamento europeo, l’unico a non avere capacità legislative. I rappresentanti dei Paesi europei devono presentare delle proposte legislative che non possono essere prerogativa assoluta della Commissione europea perché l’unico rappresentante elettivo è il Parlamento … Lisbona ha fatto compiere un passo in avanti al Parlamento ma quel percorso deve proseguire… e l’Italia deve essere protagonista in Europa, protagonista attiva perché l’Italia siamo noi, abbiamo il diritto e il dovere di contare di più in Europa, dobbiamo farci valere, bisogna contare, essere credibili, affidabili, seri e responsabili e fare delle proposte”.

Sarà molto importante nel tavolo di lavoro che svilupperà le proposte di  modifica dell’attuale governance, l’utilizzo della cosiddetta “clausola di passerella”, che rappresenta la possibilità di abolire l’unanimità senza dover riformare i Trattati base dell’Unione, percorso che richiederebbe anni e comunque … l’unanimità dei consensi!

La domanda che si fanno tutti nella capitale belga è la seguente: per utilizzare lo strumento della “clausola di passerella” è necessaria l’unanimità?

Seguiremo il dibattito nei prossimi mesi.

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