Il tema ha drammaticamente appassionato i lettori di Pickett.

Tra i tanti contributi ricevuti ne abbiamo scelti tre oltre a quello di Fidelio che abbiamo già pubblicato.
Sono uno specchio della tragicità materiale ed etica di aver costruito un modello di vita che ha dato vita a delle disuguaglianze ingiuste, evitabili, non accettabili: dobbiamo tutti conoscere meglio il tema per non archiviarlo o rimuoverlo con il semplice ed egoistico adagio “ma c’e’ sempre stata la poverta..fa parte della vita!”

Basterebbero tanti piccoli gesti per innescare  un effetto domino di esempi positivi che costringerebbe le nostre classe dirigenti a inserire questa tragedia umana al primo posto delle priorita’ da risolvere. Se no, cari amici, democrazia, coesione pacifica e speranza nel futuro, insomma tutto quello che abbiamo costruito in tante generazioni che si sono succedute nel tempo, rischiano di essere sconfitte dal rancore, dalla rabbia e dal risentimento di chi non ce la fa più.
Buona lettura e buoni propositi.

Riccardo, grazie dell’articolo
Certamente nel nostro paese siamo di fronte ad un nuovo tipo di povertà … che è povera, come si dice nell’articolo. Senza tanti giri di parole.
Mi sembra pero’ che il problema sia duplice.
Primo: La nostra povertà è nuova. Se 70 anni fa uno era povero in Italia, aveva comunque più dignità di quella che ha ora. Non so se ci sia vergogna nel fare la fila nel prendere il pasto caldo. So pero’ che gran parte dei 5 milioni di poveri ha pochissime attitudini al lavoro e non è aiutato per svilupparlo. Tantissimi, anche giovani, non cercano più lavoro
Chi aiuta con un piatto di minestra fa molto bene. Ma dovremmo veramente riformare i centri per l’impiego quasi a costringere a formarsi chi non ha lavoro. E fare bene. Si fanno dei corsi di italiano in cui non si impara la lingua… Terze medie regalate.
Secondo: non c’è lavoro. E’ inutile dire che se uno si forma troverà lavoro di sicuro. E ce ne sarà sempre meno. Per lo meno di lavori come intendiamo adesso.
Credo che saremo costretti ad inventarci dei nuovi lavori che nell’immediato non produrranno ricchezza apparente ma che a lungo andare saranno positive ricadute per la società.
Quanto lavoro si potrebbe inventare legato alla messa in sicurezza del territorio? Taglio boschi, drenaggio fossi … etc…
Quanto lavoro legato alla pulizia del pianeta!
Certo che se questi lavori li si affronta come si fa adesso per i lavori socialmente utili, non si va lontano. Ci si deve specializzare. Ditte specializzate dovrebbero nascere, finanziate dalla società, per accogliere questi nuovi lavoratori. Ci va un impegno più profondo della nostra società. Non solo elemosine.
R

Concordo con Fidelio: la povertà non ha aggettivi, è solo degrado e solitudine.

Aggiungo qualche riflessione sparsa :
io l’articolo  l’ho letto stamattina dall’IPAD che mi consente di accedere on line al mio quotidiano preferito.
Ma pare che strumenti come questi siano immorali secondo il vicepremier Di Maio e che non potranno essere acquistati con il reddito di cittadinanza .

Ma avere i mezzi che facilitano la conoscenza (pc, tablet ecc) è un privilegio o un diritto?
E l’eventuale uso distorto, solo per giocare o chattare, è un problema che si risolve elevando il livello culturale del nostro paese o negando l’accesso, non al futuro, ma “al presente” della comunicazione?

Questa domanda retorica ci porta al post di Di Battista che, rispolverando il mito coloniale del “buon selvaggio”, guarda ai bambini guatemaltechi che corrono felici dietro una palla e li paragona ai nostri figli persi dietro allo schermo del cellulare.

Si è chiesto DiBa come sta crescendo quel bambino felice, che uomo/donna sarà?

Io non posso prendere un anno sabbatico (con il mio lavoro ci vivo) per girare la “periferia del mondo” perchè non sono una giornalista e non ho le competenze per pubblicare i miei scritti sul Fatto Quotidiano (ah… anche DiBa non è giornalista? Credo nel suo caso le competenze non contano perchè è amico di Travaglio e ha anche fatto il parlamentare senza aver mai fatto politica e scriverà pure un libro – senza essere scrittore – tratto dai suoi viaggi già opzionato da Mondadori che gli darà 400mila euro) me dunque posso riportare solo la mia esperienza di viaggiatrice e l’ultima, breve, in Madagascar .
Anche io ho visto bimbi felici (davvero) che nuotavano in acque cristalline ma ho visto anche che vivono in capanne senza servizi igienici, che non hanno l’obbligo scolastico, che  hanno un ospedale per 80.000 persone e un’aspettativa di vita di 65 anni verso i nostri 85/87.
Cosa ci mettiamo nel paniere della felicità?

• la palla o i diritti all’istruzione e alla sanità e a vivere in una paese che non abbia epidemie di peste? Sì, proprio peste, quella che noi “infelici” ricchi/bianchi/occidentali del XXI secolo possiamo, per fortuna, solo leggere nel romanzo di Camus, quella che cova nei cassetti e, raffigurazione dell’empietà umana, è sempre pronta a distruggerci.
• Il nuoto con i pesciolini o il diritto a strade che permettano di percorerre 100 KM in meno di tre ore?

E anche solo accostare DiBa a Che è un sacrilegio ma non per rispetto della figura di Guevara ma per la mancanza di qualunque punto di contatto tra i due.
Non basta andare in America Latina per diventare diverso dai populisti che rappresenta. Ed infatti non è molto apprezzato in quelle latitudini: va a documentare la povertà per rivendere i suoi diari a Mondadori mentre i suoi sodali sono servi del ministro della paura che combatte a suon di slogan gli stessi poveri che lui fotografa.

E stride anche la foto di Mujica con Grillo. Non conosco abbastanza le idee dell’ex presidente dell’Uruguay e mi riprometto di leggere il suo libro “la pecora nera” ma conosco Grillo e il suo patrimonio di 400 milioni di euro (sacrosantamente guadagnati con spettacoli il cui biglietto costa 60 euro) che, non mi pare, sia stato devoluto per il 90% ad opere di sociali come ha fatto Mujica.
E il nostrano Beppe non ha neanche lontanamente le competenze maturate da Josè in anni di lotta come guerrigliero e ministro e vive  in una splendida villa mentre Mujica vive in una piccola fattoria.
Cosa ha imparato dal colloquio avuto con il “presidente più povero del mondo”? Ben poco se non ha capito che Mujica non difende la povertà ma la sobrietà.
A proposito, il SUV di Grillo è sobrio?

Ed infine il reddito di cittadinanza: uno schiaffo ancora ai poveri, condannati all’indegnità della sussistenza e a quelli che 800 euro li guadagnano lavorando tutto il giorno in un cantiere, in un call center, in un centro commerciale.

E dite a Pickett che Che Guevara è un eroe, è il santo laico dei poveri (definizione del Vaticano) mentre DiBa è un impostore come Grillo.

C

Stefano Zamagni nell’incontro che ho avuto l’onore di condurre a Padova nello scorso mondiale, diceva prima di qualsiasi campagna elettorale alcune cose che trovai già all’epoca molto interessanti. Ne condivido alcuni stralci:

–          La questione del lavoro. I neet sono giovani sotto i trent’anni che né studiano, né lavorano, né fanno tirocinio o apprendistato. Sono in Italia più di due milioni e duecentomila. Questo è un “peccato contro lo Spirito” perché tenere le persone a fare niente è il delitto più grave che si possa immaginare. Se tengo un giovane a fare niente, quello perde la propria identità perché ognuno di noi scopre la propria identità attraverso e con il lavoro. Se ti tengo fuori dall’attività lavorativa, anche se ti do a fine mese un contributo per non morire di fame. È vero che non ti faccio morire di fame, ma ti faccio morire lo Spirito, perché tu non lavorando entri in quella spirale o del vizio o della depressione o della sottovalutazione del sé, che vuol dire distruggere delle vite. Sono stupito che molti politici non capiscono questo concetto. Quando vado a Roma in parlamento perché mi chiamano spesso a fare le cosiddette audizioni, gliene dico sempre di tutti i colori. Per loro basta dare dei bonus con cui mangiano. Ma sono discorsi da fare? Tu vuoi trattare un giovane come un cane? Al cane affamato butti un pezzo di carne ed è contento, ma a un giovane tu rovini le prospettive di vita.
–          Allora bisogna capire che il lavoro va creato non ridistribuito. Non è facile. La tendenza prevalente è ridistribuirlo. Il lavoro è opera umana, non viene dalla natura, la natura ci dà le piante, l’aria, l’acqua… Il lavoro è la tipica attività umana, infatti gli animali non lavorano, tanto che per far lavorare un cavallo bisogna addestrarlo molto. Il lavoro è opera dell’uomo che vive in società. Si può creare il lavoro? Pensiamo alla green economy, la blue economy, blue vuol dire che bisogna sfruttare le correnti dei mari, ad esempio nello stretto di Messina si è calcolato che si potrebbe produrre tanta energia. Come a suo tempo abbiamo inventato l’energia idroelettrica sfruttando il dislivello, così ora si può sfruttare l’incrocio di correnti, come quelle dal mar Ionio e dal mar Tirreno. Poi bacini culturali. 1970 il Louvre di Parigi aveva gli stessi visitatori annuali degli Uffizi di Firenze, nel 2015 il Louvre ha un numero di visitatori quattro volte superiore agli Uffizi. Il problema è che noi non sappiamo valorizzare il nostro patrimonio culturale perché lo abbiamo dato in mano alla burocrazia. Alle tre si chiude! Il lunedì è chiuso! Scioperi. Non si creano le opportunità lavorative. L’Unesco ha calcolato che il 50% dei beni culturali del mondo sono in Italia. Da questa ricchezza non ne ricaviamo niente e non creiamo lavoro.

– Oggi nel mondo i poveri assoluti sono 800 milioni ma trent’anni fa erano 2 miliardi e mezzo. Le ultime proiezioni dicono che nel 2050 i poveri assoluti non ci saranno. Qual è la novità? Che mentre la povertà assoluta cala aumenta la disuguaglianza, che dice la distanza che separa chi sta in basso nella scala sociale e chi sta in alto. Forse da noi le cose vanno meglio che altrove, ma guardate gli Stati Uniti. La disuguaglianza si misura con un coefficiente che si chiama di Gini. La disuguaglianza negli ultimi quarant’anni è quadruplicata e continua ad aumentare. Il sistema economico a livello globale aumenta la ricchezza complessiva ma mentre aumenta il reddito complessivo aumenta anche il divario, come a dire oggi i ricchi sono più ricchi dei ricchi di ieri mentre quelli che sono in basso lo sono più di ieri.

– Le disuguaglianze nascono se fin dall’inizio si parte con un’idea, ed è una idea razzista, per cui c’è qualcuno che non ce la può fare. Sei tu che non sei capace di valorizzare i suoi talenti e soprattutto non fai tesoro di quello che diceva il grande Goethe: si impara solo ciò che possiamo/amiamo/diamo. Se volete che un giovane impari è inutile fargli le prediche, bisogna fargli amare quell’argomento e ci sono i modi per farlo, perché quando uno ama per esempio lo studio lo fa volentieri e si diverte. Se invece rispetto allo studio vedo solo l’aspetto doveristico viene meno quella forza trasformativa che è l’amore. Capite perché sono contrario alla meritocrazia. Ho dovuto scrivere una voce sull’Enciclopedia Treccani, andatela a vedere. 36:00
http://www.treccani.it/enciclopedia/meritocrazia_(Dizionario-di-Economia-e-Finanza)/
Quelli che parlano di meritocrazia sono talmente ignoranti che non sanno la differenza che c’è tra meritocrazia e meritorietà. Scrivono libri sulla meritocrazia, ma non sanno che la meritocrazia è nemica della democrazia? Questo non l’ho detto io, l’ha detto Aristotele. Se amate la democrazia non potete amare la meritocrazia perché kratos in greco vuol dire potere, quindi meritocrazia vuol dire dare potere a chi ha il merito, cioè agli ottimati, agli intelligentoni. Democrazia vuol dire potere al popolo e nel popolo ci sono persone un po’ più su e un po’ più giù. La meritorietà invece è una cosa giusta, vuol dire dare a ciascuno ciò che si merita. Ma non dargli il potere.

Le trovai cose tutte molto interessanti.

E

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