Sono tornato a rileggere le prime pagine dei giornali tedeschi, cecoslovacchi e polacchi del 1939.

Prima, durante e dopo le invasioni dei nazisti nei Sudeti e poi in Polonia, con il conseguente scoppio della Seconda Guerra mondiale.

Nei primi giorni delle invasioni, la stampa mondiale si spaccava su due fronti: a sostegno degli invasori, “costretti” a mettere fine alle vessazioni sulle minoranze tedesche prima nei Sudeti e poi in Polonia; a favore delle vittime, invase dal cinismo e dalla violenza dell’imperialismo nazista.

Poi, nei giorni successivi, completate le operazioni militari e occupati i territori, la censura imposta dagli invasori faceva cessare ogni forma di libertà di stampa nei territori conquistati. Cessava ogni confronto, ogni forma di contestazione alla violenza degli invasori.

Da quando l’umanità si confronta con il tema della guerra, ogni forma di ragionevolezza viene sconfitta dalla violenza, dalle stragi, da tutte le atroci nefandezze che caratterizzano uno scontro fra esseri umani non più impostato sulle parole, sui ragionamenti, sui confronti anche di opinioni diametralmente diverse o opposte; il confronto si declina soltanto più sulla legge del più forte, sulla muscolarità, sulle armi che annientano l’avversario diventato il nemico da distruggere.

Quando la guerra, come ieri a Maripuol’, ci mette di fronte ad un bombardamento che distrugge un ospedale pediatrico, subito dopo l’orrore ci viene in mente la domanda come sia possibile arrivare a questi punti di violenza e di barbaro cinismo?

Dove sia il limite in cui un’azione di guerra diventa un crimine contro l’umanità?

A Norimberga, nel 1946, si è provato a portare in un tribunale i responsabili di crimini contro l’umanità e in certi casi quel processo ha dovuto ricorrere a passaggi giuridici molto controversi e criticati per arrivare ad una sentenza di condanna, d’altronde  già scritta prima dell’inizio del processo.

Mi è rimasto impresso proprio il caso che riguardava l’accusa all’ammiraglio tedesco Canaris, comandante della flotta dei mari, di aver ordinato ai sommergibili di silurare anche le navi bianche, quelle con la croce rossa sulle paratie, quelle che trasportavano i tanti feriti della guerra in corso.

Ebbene, dal banco degli imputati Canaris si alzò e disse semplicemente “Tu quoque…” , rivolgendosi al prosecutor americano: anche l’ammiraglio Nimitz, nel Pacifico mi risulta – disse Canaris – che ordinò ai suoi ufficiali di colpire le navi ospedale del nemico!

La guerra è la sconfitta della politica.

Quando scoppia significa che le classi dirigenti politiche dei vari paesi coinvolti hanno fallito la loro missione, non hanno saputo gestire i conflitti in modo diplomatico, evitando così lo scontro armato.

Quando la guerra scoppia non ci sono più, ahìnoi, regole del gioco.

Ieri sera, intervistato da Barbara Palombelli, l’onorevole Luciano Violante ha drammaticamente dovuto ammettere che la guerra quando scoppia non prevede nessun’altra “regola del gioco” se non quella di prevalere sul nemico, eliminandolo fisicamente in qualsiasi modo e nel più breve tempo possibile. Ci piaccia o non ci piaccia, dobbiamo confrontarci con questa orribile realtà!

Il direttore de L’Incontro ieri ha lanciato una forte provocazione sul tavolo che ci impone, prima di emettere dei giudizi definitivi su quello che ci sta accadendo tragicamente davanti agli occhi, di informarci, di studiare il perché succedono certi eventi e come mai si è arrivati al punto di rinunciare al confronto politico e dialettico e di passare alle armi.

La censura degil organi di stampa è uno strumento tipico di chi non ammette il confronto: non vuole che ci possa essere un dibattito con chi non la pensa come lui.

In un frangente come quello di una guerra, uno dei peggiori nemici dell’umanità è a mio avviso il conformismo emotivo: il “parteggiare” per una delle parti in campo senza aver approfondito davvero le ragioni di una sconfitta che in ogni caso devasterà l’umanità a prescindere da chi sarà il vincitore militare nello scontro armato.

Per tutti questi motivi che dovremo tenere bene a mente sempre, le guerre vanno evitate in ogni modo e con ogni strumento, anche transitoriamente sapendo sopportare dei soprusi.

Non esistono, a mio parere, delle guerre giuste o ingiuste: esiste l’orrore di esseri umani che si sparano addosso e che, soprattutto nelle guerre civili, diventano protagonisti di violenze assurde che rappresentano una tragica manifestazione di abiura di tutte le conquiste civili faticosamente realizzate negli ultimi secoli.

Per questo le leadership politiche hanno la responsabilità di fare tutto quanto necessario per evitare ai propri popoli una catastrofe come quella che sta drammaticamente accadendo in Ucraina.

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