La democrazia in pericolo?

Quante volte lo abbiamo letto o detto noi stessi?

Abbiamo assistito frequentemente a confronti politici in cui la opposizione di turno ha contestato alla maggioranza di turno di “essere diventata un regime”, di “non aver rispettato la costituzione”, eccetera, eccetera. Insomma ci siamo stupidamente abituati ad un lessico “sopra le righe”, figlio di una propaganda politica e non di un confronto democratico, con cui abbiamo “giocato” con l’uso di parole e concetti molto delicati e di cui bisognerebbe sempre avere tanta cura di non strapazzarli invano.

Il grido “La democrazia è in pericolo” è diventato il “Al lupo, al lupo” della famosa favola di Pierino.

Eppure, negli ultimi tempi, i segnali di allarme non sono mancati.

La tecnologia, le fake news, gli “hackeraggi” informatici ci hanno spesso messo davanti agli occhi una tragica e pericolosissima situazione: la concreta possibilità di come, programmandolo a tavolino con adeguati software, sia possibile contaminare in maniera decisiva la volontà degli elettori al momento del voto.

Gli esempi sono stati eclatanti: dall’elezione di Trump fino alle nostre ultime politiche.

Ma anche in questi casi, pur allungando le orecchie un po’ più del solito, abbiamo archiviato il pericolo catalogando come uno dei tanti strumenti di una nuova modalità di lotta politica, tipica di un mondo digitale. Finendo quindi di non ritenerlo decisivo si fini del verdetto elettorale.

Insomma, un atteggiamento che evidenzia un misto di presunzione, miopia, distrazione e arroganza da parte di tutti noi esseri umani.

Il tema però sta diventando, via via, sempre più scottante.

In questa domenica settembrina, ad esempio, si sono tenute in Svezia le elezioni politiche.

Un turno elettorale importante non solo per gli svedesi e per il loro futuro governo ma per la stessa Europa.

Il partito di destra che si richiama apertamente a valori nazionalsocialisti, ha ottenuto un ottimo risultato pur al di sotto delle previsioni. Il partito social democratico ha retto anche se con un risultato che costituisce il “peggio” dal 1910. Un’alleanza tra il blocco del centrosinistra e il blocco del centro destra appare difficile: dunque si prospettano tempi duri per la costituzione del nuovo governo nel paese in cui fu realizzato il welfare più mirato ai meno abbienti di tutto il mondo.

Un’altra votazione che potrebbe quindi continuare l’effetto “Tempesta perfetta” iniziato con la Brexit e continuata poi con la vittoria di Trump e dei movimenti anti-euro e anti-Europa in tutto il continente.

In questo delicatissimo scenario, in cui ogni elezione rappresenta quindi il rischio di una picconata decisiva contro il progetto europeo, ci arriva, su Euronews, una notizia agghiacciante.

Uno studio realizzato dall’Oxford Internet Institute afferma che un articolo di notizie su tre, condiviso su Twitter, sulle elezioni svedesi, proviene da siti web “costruttori” di “notizie spazzatura” che pubblicano quindi informazioni deliberatamente fuorvianti.

I ricercatori dell’Istituto inglese hanno notato che la condivisione di notizie del genere in Svezia è stata, in questa ultima campagna elettorale, significativamente più alta rispetto a quella rilevata in altre elezioni europee, compresi gli ultimi due turni elettorali in Germania e anche l’ormai tristemente famoso referendum sulla BrexIt nel Regno Unito.

La sorpresa, confermata dagli stessi autori della ricerca, è che nessuno si aspettava di vedere come, anche in un paese generalmente considerato di alto livello di istruzione e di alfabetizzazione digitale, potesse verificarsi un fenomeno del genere.

L’istituto inglese ha analizzato 275.000 tweet per un periodo di 10 giorni nello scorso mese di agosto al fine di determinare quante “notizie spazzatura” siano state condivise nella Rete. Convenzionalmente per “notizie spazzatura” si intendono “fonti che deliberatamente pubblicano e forniscono informazioni ingannevoli, pretendendo di essere notizie reali.”

I ricercatori inglesi hanno poi etichettato alcuni siti web come divulgatori di “notizie spazzatura” se questi siti rispondevano a certi criteri riguardo ad almeno tre delle seguenti cinque categorie: professionalità, stile, credibilità, parzialità e contraffazione.

Lo studio ha rilevato inoltre che la maggior parte della disinformazione proviene proprio dal paese stesso, in questo caso la Svezia.

8 volte su 10, le “notizie spazzatura-junk news” arrivano proprio dallo stesso paese dove è in corso il confronto elettorale.

Le tre fonti “spazzatura” più popolari sono risultate tutte collegate al partito populista di destra dei Democratici Svedesi (Sic!), proprio quello che ha registrato negli ultimi mesi un incredibile balzo in avanti in termini di consensi nei sondaggi.

Proprio quello che potrebbe costituire la grande novità dei risultati elettorali: proprio quello che rappresenta l’incubo per molti svedesi perché ha già annunciato e “gridato” in campagna elettorale che, in caso di vittoria, chiuderà i confini, adotterà una politica severissima nei confronti degli immigrati, studierà come uscire da una Europa ormai in mano ai burocrati, che ha creato soltanto dei danni agli svedesi.

Forse, cari amici lettori, è il momento di svegliarci, di porci davvero il problema e studiare delle soluzioni.

SUBITO!!!

A maggio si voterà per le europee: sarebbe auspicabile che le elezioni si potessero svolgere senza contaminazioni inquinanti.

In caso contrario, Pickett teme seriamente che la manipolazione degli elettori, sia istruiti sia meno, non sarebbe più soltanto un’ipotesi di lavoro, suggestiva e accademica, ma una certezza…  con tutte le conseguenze per le nostre zoppicanti ed instabili democrazie.

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