Chi poteva immaginare che la globalizzazione sarebbe andata a sbattere contro il protezionismo del più grande ipermercato a cielo aperto del mondo? Chi poteva immaginare che la globalizzazione avrebbe ripristinato i confini nazionali super controllati dall’esercito e dai controlli sulle persone? Chi poteva immaginare che i trattati commerciali sanciti quando la globalizzazione era di moda sarebbero stati stracciati? Chi poteva immaginare che la globalizzazione avrebbe fatto risorgere i nazionalismi con il naturale corollario di razzismo e xenofobia? Chi poteva immaginare che la globalizzazione che doveva creare lavoro nei luoghi più poveri perché il costo era più basso, innescasse, unitamente a guerre insensate figlie di quella globalizzazione, esodi biblici inarrestabili che l’uomo bianco non sa come fronteggiare?

L’Occidente si sta arroccando. SI HA LA SENSAZIONE CHE L’UOMO BIANCO TEMA DI PERDERE IL SUO POSTO NELLA SOCIETÀ.

Società che lui, uomo bianco, ha costruito con schiavismo, colonialismo, mercantilismo, nazionalismo, fascismo, nazismo. Tutti gli “ISMO ” che sono i sintomi delle malattie che nel tempo hanno colpito il Capitalismo e che fanno il paio con l’altro “ISMO” del XX secolo: il Comunismo, che era il sintomo di una malattia di diverso genere e di diversa natura.

Dopo 70 anni di alleanze forzate e guerra fredda con il Comunismo, il Capitalismo aveva vinto per implosione dell’avversario. Il Capitalismo trionfante prometteva prosperità per tutti, così non è stato e oggi siamo qui a chiederci come sia stato possibile. Forse una spiegazione può essere azzardata.

Quest’anno ricorre il centenario della Rivoluzione Russa, ne hanno parlato molti; pochi, pochissimi hanno ricordato che ricorre anche il decennale della crisi finanziaria del 2007.

A quelli che si stanno chiedendo cosa hanno in comune questi due eventi, chiedo la cortesia di pazientare un momento perché la Rivoluzione Russa e la crisi finanziaria del 2007 sono chiaramente eventi epocali con conseguenze storiche.

La Rivoluzione di Ottobre-Novembre ha dato vita a una dittatura destinata a fronteggiare il fascismo fino alla metà del novecento e per tutto il XX secolo il capitalismo. La crisi finanziaria globale ha scosso le basi del modello che era emerso vincente dalla guerra fredda. Il comunismo opprimente del blocco sovietico è crollato sotto il peso delle sue contraddizioni economiche e politiche. Le turbolenze finanziarie degli ultimi periodi spingono a chiederci se le economie di mercato subiranno lo stesso destino.

Il comunismo è fallito a causa di due grandi menzogne. La prima è stata quella di tradire il sogno dell’uguaglianza attraverso il bene comune. La seconda menzogna è stata la costruzione di un sistema economico basato sulla pianificazione centralizzata, nella convinzione che soltanto la pianificazione poteva evitare gli evidenti sprechi derivanti dalla disoccupazione di massa provocata dal capitalismo e dalle ricorrenti carenze di domanda che portano alla recessione. Sappiamo come è finita, la pianificazione è un pessimo sistema di produzione e distribuzione di beni. Funziona meglio il sistema dei prezzi di mercato flessibili perché contengono maggiori informazioni di qualunque pianificazione centralizzata e quindi un potere decisionale diffuso funziona in modo più efficiente ed efficace. I due sistemi hanno provocato il divario che ha portato al collasso il blocco sovietico e ha creato ricchezza nei paesi capitalisti. Fino a quando questi paesi sono stati messi in crisi dal crack del mondo finanziario che ha minato qualsiasi pretesa di superiorità del capitalismo finanziario del mondo occidentale .

Anche il capitalismo ha raccontato bugie, perché la ricchezza che la gente credeva di possedere non esisteva di fatto e quando molti si sono resi conto che la loro ricchezza era fasulla il sistema è crollato. Le bugie continuano perché nessuno dice che le economie occidentali oggi sono più povere rispetto agli anni pre-crisi. Un sistema può sopravvivere a lungo alle sue bugie, la Russia lo ha dimostrato, ma quando le persone vedono minacciate le proprie possibilità di sopravvivenza, si ribellano. L’inganno ha effetti disgreganti. Il capitalismo deve convincersi che il laissez-faire senza regole produce bugie. Il capitalismo deve capire che la lezione principale è che qualsiasi sistema sociale deve essere innanzitutto non solo giusto ma veritiero.

Tornando all’oggi mi chiedo dove sono quelli che agli inizi della globalizzazione hanno martellato sulla necessità del lavoro flessibile, sui lavori part-time, sul precariato, sulla necessità di liberare l’imprenditoria dai lacci e lacciuoli dello statuto dei lavoratori, sulla cancellazione del famigerato art.18; tutto in nome di una maggiore occupazione. I numeri sono eloquenti nel denunciare il fallimento di questi diktat che hanno determinato solo disoccupazione.

È questo il quadro che alimenta razzismo, xenofobia, nascente fascismo di fronte al quale ancora una volta lo Stato, come nel 1919-1922, ha una risposta debole e le frange più scalmanate si accodano, ingrossando le fila dei puristi della razza. Servirebbe spiegare a questi ignoranti che la razza italica non esiste? Che nella penisola vivevano: i Liguri, gli Etruschi,

i Sanniti, i Bruzi, i Latini, i Dauni, Gli Apuli, I Celti? Gli Italici erano una sperduta tribù dell’alto Lazio assimilata dai Romani. Quanti danni ha fatto il fascismo parlando di razza, di impero, di colli fatali e scemenze del genere.

Tornando al capitalismo, se il sistema nel quale dobbiamo vivere e risolvere i problemi di cui tutti parliamo senza trovare soluzioni condivise è il capitalismo, occorre fare una riflessione seria sulla way of life di tipo USA, che è stata imposta a gran parte del mondo e si cerca di imporla al restante.

Una delle poche leggi ferree della Storia è che i lussi tendono a diventare necessità e a produrre nuovi obblighi. Quando si è giovani, si abbracciano lavori impegnativi in aziende importanti, ripromettendosi di guadagnare tanto così da potersi ritirare prima. Solo che quel momento non arriva mai perché c’è il mutuo, i figli che vanno a scuola, una casa nel quartiere residenziale, due automobili, e la sensazione che la vita non valga la pena di essere vissuta senza un buon vino a tavola e una vacanza all’estero. Durante gli ultimi decenni ci siamo riempiti di arnesi per risparmiare tempo. Prima ci voleva un po’ di tempo per scrivere una lettera, apporre l’indirizzo, affrancare una busta e portarla fino alla buca della posta. Ci volevano giorni o settimane o mesi prima di ricevere una risposta. Oggi in meno di un minuto faccio tutto questo e ricevo la risposta. Ma lo faccio centinaia di volte. Ho risparmiato tutto quel traffico e quel tempo, ma davvero faccio una vita più rilassata? Penso di no. Quando c’era la posta normale di solito si scrivevano lettere se avevi qualcosa di importante da dire e si scrivevano cose meditate e non la prima cosa che veniva in mente. Oggi scrivono tutti e scrivono qualunque cosa gli passa per la mente e si aspettano una pronta risposta. Se questo è risparmiare tempo a me non sembra, siamo tutti più agitati.

La cosa più importante che ci distingue dagli animali è la capacità di immaginare. Possibile che non si riesca ad immaginare niente di meglio?

That’s all folks

Comments (2)
  1. dario (reply)

    8 Settembre 2017 at 17:26

    direi a pickett che il primo da cui ci aspettiamo uno sforzo immaginativo è lui. la sfida è andare oltre l’analisi.
    Poi anche sull’analisi attenti a non confondere l’italia col capitalismo; in Germania le cose vanno diversamente. Burocrazia, lacci e lacciuoli, art 18 e rigidità del mercato del lavoro sono un problema reale e molto italiano

  2. Fidelio Perchinelli (reply)

    20 Settembre 2017 at 0:16

    “Buonasera Avvocato

    Molto interessante anche questo articolo. Per quanto condivida tutto ciò che scrive, compresa la difficoltà di vivere in questo periodo, sono ottimista e penso che sia bello vivere in uno di quei momenti storici in cui “si fa la storia”.

    Certo c’è da inventare un nuovo paradigma e nuove regole di vita. L’esasperazione di tutti coloro che rappresentano gli “ismo” sta a testimoniare proprio che il cambiamento avanza e potrebbe non avere il colore bianco.

    Ma con quali tempi si procede? Credo troppo lentamente rispetto al parallelo attacco che tutte le popolazioni stanno facendo al pianeta, causando danni difficilmente reversibili. Se la velocità di questi danneggiamenti diverrà troppo alta – e i continui eventi/rilevazioni/riscontri ci confermano questo andamento – potremmo non aver molto tempo per ragionamenti filosofici ed economici di qualsiasi tipo.

    Buona settimana

    Patrizia”

    La cura e l’importanza del particolare, del dettaglio.

    ” Se la velocità di questi danneggiamenti diventerà troppo alta – e i continui eventi, rilevazioni, riscontri ci confermano questo andamento – potremmo non aver molto tempo per ragionamenti filosofici ed economici di qualsiasi tipo”

    Con queste parole concludeva la sua mail la gentile Sig.ra Patrizia Benedetti a commento di un mio intervento sul blog: “La crisi della globalizzazione: o rimuoviamo le cause o non ne usciamo “.
    A margine della mail della Sig.ra Benedetti si poteva leggere questo worning: ” Per noi l’ambiente è importante: ti invitiamo a non stampare questa mail se non ti è necessario “. Per buona misura l’invito è ripetuto in inglese.
    Un dettaglio, un piccolo particolare. Si dovrebbe iniziare dai piccoli gesti per contribuire a salvare il mondo che ci circonda; ma chi ha tempo per pensarci, chi ha voglia di prestare attenzione occupati, come siamo, a inseguire le accellerazioni che il XXI secolo ci propone ogni ora, ogni minuto.
    Il worning così cortese , pacato a non inquinare inutilmente, ha richiamato alla mia memoria un apologo che lessi in un libro in lingua inglese, in questi giorni distribuito anche in Italia.

    ” Per colpa di un chiodo si perse un ferro, per colpa di un ferro si perse uno zoccolo, per colpa di uno zoccolo si perse un cavallo, per colpa di un cavallo si perse un cavaliere, per colpa di un cavaliere si perse la battaglia, per colpa di una battaglia si perse il regno, e tutto per colpa di un chiodo “.

    Questo apologo fu declamato dal caoch della squadra di pallacanestro delle matricole dell’università UCLA di Los Angeles, durante il primo allenamento. Immaginiamo la scena: il caoch di 1,78 cm. al centro e i giocatori, tutti sui 2 m. e passa ,intorno che si aspettavano, impazienti, insegnamenti su come palleggiare, saltare, schiacciare, prendere un rimbalzo, fare un arresto e tiro. Tutti lo guardavano increduli, sorpresi, ma lui impavido continuò: ” Oggi impareremo come metterci  le scarpe da ginnastica e le calze in modo corretto, parleremo dei concetti di calze tese e scarpe comode “. Per la cronoca intorno a questo caoch che era John Wooden vincitore di ben 10 campionati universitari USA, ascoltava la più grande squadra di matricole del basket americano. Concluse la sua prima lezione suggerendo: se volete imparare qualcosa sulla pallacanestro, legget Benjamin Franklin. La sua ossessione erano le vesciche ai piedi tanto che l’apologo citato potrebbe essre parafrasato così: Per colpa di una vescica si perse un giocatore, per colpa di un giocatore si perse uno schema, per colpa di uno schema si perse una palla, per colpa di una palla si perse una partita, per colpa di una partita si perse un campionato, e tutto per colpa di una vescica.
    John Wodden era docente di letteratura e cercava di far capire che non si può avere la presunzione di scrivere saltando l’alfabeto, insegnava che la cura del particolare, del dettaglio è alla base di  qualunque attività e insegnava anche che lo studente, l’uomo veniva prima dell’ atleta.
    L’ambiente che ci circonda sta diventando invibile perché la cura del particolare, del dettaglio non è più in agenda: chi getta un mozzicone di sigaretta e incendia un bosco, chi butta in mare un sacchetto di plastica  inquinando acqua e pesci, chi scaraventa nei corsi d’acqua rifiuti tossici inquinando le falde, chi continua a tenere aperto il rubinetto mentre si lava i denti  sprecando un bene sempre più prezioso, chi non raccoglie gli escrementi del proprio cane rendendo i marciapiedi delle nostre città una schifezza, chi camminamdo gettando rifiuti dove gli capita evitando scrupolosamente l’uso dei porta rifiuti , e potremmo andare avanti con questo desolante elenco.
    Nel mio precedente intervento auspicavo la rimozione delle cause per cercare di migliorare la convivenza. Sui temi ambientali penso che le cause si trovino nello stile di vita che ci siamo dati, uno stile di vita molto orientato all’ esterno, all’ apparire e poco preoccupato di ciò che sta dietro, di quello che lasciamo dietro di noi per apparire.Il pensiero dominante sembra essere : qualcuno pulirà, provvederà. Si può spiegare a chi non vuol sentire che quello che non è di nessuno è di tutti?
    Fidelio Perchinelli.

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