Pickett vuole socializzarvi un dubbio sortogli di recente, su un tema … mai messo in dubbio in passato: il valore della Pace. Membro di una fortunata generazione che non ha mai conosciuto la guerra, Pickett ne ha sempre apprezzato il valore profondo e fondamentale per la convivenza umana senza mai però capirne al meglio la fragilità e delicatezza dando tutto per acquisito e scontato. La conoscenza e l’amicizia con Ernesto Olivero hanno sicuramente contribuito a sensibilizzare Pickett sul tema specifico proprio per la straordinaria capacità dell’inventore e gestore del Sermig di Torino (situato nel vecchio Arsenale della Guerra ridenominato, grazie a Ernesto e alla sua fantastica squadra di volontari, l’Arsenale della Pace). Però, lo confessiamo, il dubbio nasce proprio da questa riflessione. Non è che ci siamo ridotti a considerare la Pace un valore talmente acquisito, nostro, irrinunciabile che ce ne sfugge ormai la percezione di quanto sia in realtà fragile ed appesa davvero ad un filo. Certo, abbiamo assistito a conflitti locali disastrosi, terribili, con una contabilità dei morti tragica, però, forse il cinismo della sopravvivenza, soprattutto psicologica, ci ha portati a pensare “sì, va beh, ma stanno accadendo laggiù, in paesi diversi e lontani. Sono fatti gravi da evitare o cercare di disinnescare. Siamo pronti anche alla solidarietà concreta: soldi, aiuti, supporti per la ricostruzione”. Poi però … ognuno torna subito alle sue faccende quotidiane, al suo privato. Il dubbio che sta assalendo Pickett sta proprio lì: non ci siamo, per caso, convinti che la guerra non appartenga alla nostra generazione sottostimando ciò che si materializza di nuovo davanti ai nostri occhi. Stiamo davvero facendo di tutto per evitare che si possano ripetere, con moltiplicatori devastanti derivanti dalle nuove tecnologie, i disastri del secolo scorso? Il movimento pacifista mondiale negli anni ci ha quasi infastidito. Lo abbiamo considerato giusto ma velleitario, virtuoso ma inefficiente, ammirevole ma spesso troppo politicizzato. Il dubbio è proprio quello che spinge Pickett a tornarci sopra e a proporvi la lettera di una ragazza del Nagorno Karabak che vive e studia in Italia grazie al fantastico progetto Rondine. Una coraggiosa iniziativa di educazione e formazione di ragazzi provenienti dalle zone di guerra del globo che studiano insieme potendo, attraverso la reciproca conoscenza, comprendere come la convivenza civile sia possibile e quindi sia possibile la pace. La finalità del progetto Rondine è quella di formare questi ragazzi educandoli ad una professione che serva loro per ritornare poi nei paesi d’origine come ambasciatori della pace, dell’inclusione, della lotta alle pericolose derive demagogiche e bellicistiche di alcuni dittatori o pseudo tali. Proviamo a leggerla questa lettera così come l’abbiamo ricevuta. Pickett ha deciso di lasciarla nella sua versione originale, forse sgrammaticata ma proprio per questo più vera ed efficace.

Provate a pensare un attimo cosa è pace per voi ? Ogni mattina quando ci alziamo e ascoltiamo la radio o leggiamo il giornale, ci troviamo di fronte con la stessa notizia triste: la violenza, la criminalità, guerre e disastri. Non riesco a ricordare un solo giorno della mia vita senza una notizia di qualcosa di terribile.  l’imprevisto ci fa sentire paura e questa costante consapevolezza di paura e di tensione dovrebbe fare qualsiasi persona preoccuparsi perché fin dall’inizio ci viene insegnato che la vita umana è preziosa. Nessuna convinzione ideologica o politica puo giusificare il sacrificio di una vita umana. E se la metà del mondo sta in guerra, l’altro parte vuole vederli in pace. Pace, una parola molto usata nei nostri giorni, ed ogniuno di noi capisce questa parola in modo diverso. Sono studentessa di associazione Rondine Cittdella della Pace. A rondine sento il parole pace ogni giorno, alla fine tutti noi, studenti siamo venuti per fare la pace, stiamo promuvendo  la cultura del dialogo e della pace, e veramente  bello vedere come i palestinesi ed israeliani credano in pace, sperano che sia pace per tutti, ma  pace quello che vogliano avere e complitamente diverso, e una pace contraddetta. Vedendo tutto questo in Rondine, come i ragazzi dei diversi paesi in conflitto, Balacani, Africa, Caucaso, Russia, Medio Oriente, raggiungano la pace, e anche partendo dalla mia esperienza personale, ho capito che, prima di trovare la pace, si deve capire cosa è pace.

1992 è la data quando la guerra tra Armenia ed Azerbaigian sul Nagorno Karabakh è arrivato alla mia citta dove sono nata, avevo un anno quando la mia famiglia ha lasciato tutto quello che aveva, perche doveva sportarsi ad un posto piu sicuro. Non ho vissuto la guerra propria , ma ho vissuto le conseguenze della guerra . Ho studiato nelle 8 scuole nei 3 paesi diversi, 14 anni di vita in un paese dove sei diverso e per questo motivo ti fanno sentire male, 5 anni vissuti separati dalla famiglia. E sempre avevo questo bisogno di qualcosa, bisogno della terra, casa quello che abbiamo lasciato, il bisogno a trovare un posto dove appartengo , trovare la mia pace.

 Io ho solo un fratello,  due anni fa lui è andato a fare militaria, nel mio paese il servizio militare per maschi è obligatiìorio. E quasi due anni fa ho scelto venire a Rondine Cittadella della Pace. I miei genitori dicono, che io con fratello abbiamo lascitao la casa nello stesso tempo, uno è andato fare la guerra , una a fare pace. La situazione ai confini tra Azerbaijan ed Armenia piu meno tranquilla, ma questo anno ad aprile è succeso la violazione della tregua. Il cessate il fuoco che durava dal 1994, dopo vent’anni sono ricominciati gli scontri. Non esiste un dato certo sul numero delle vittime , ma secondo ad alcuni fonti piu di 200 soldati sono morti , per ogni paese.

Avevo le lezione alla universita, ho riecevuto un audio messaggio dal mio fratello, che non mi scrivevo mai, perche non si possono usare il cellulare in militaria, sono uscita dalla aula, l’ascoltato. Lo sentivo male, mi ricordo solo le parole: ”parla con mama piu spesso, noi gia siamo partiti”, e poi ho sentito i signali militari. Non mi ricordo come sono uscita dalla universita, come sono arrivata ad Arezzo. Mi sono fermata un attimo nella strada che va a rondine , ho sentito il grido dentro di me, la rivolta. Non volevo andarci, perche non ci credevo piu, la pace che ho trovato a rondine, ora mi sembrava come una buggia ,  la pace che ho cresciuto nel mio cuore non aveva senso piu, nella mia testa mi chiedevo: come Rondine può cambiare la nostra realita, se ancora  le persone muoiono, la guerra che ha iniziato nella mattina, gia ha i vittimi,  e numeri dei morti i feriti aumentano ogni ora. Da piccola sempre sentivo come mama diceva : “se non fossero questi armeni, la nostra vita sarebbe diversa”, continuavo a camminare, ripetendo lo stesso, “se non fossero questi armeni ….” In Rondine mi aspettavano due studenti dall’Armenia. Quando sono arrivata , ho incontrato uno di loro. Un ragazzo della mia età. Ci stavamo guardando negli occhi dell’altra. Quello sguardo profondo, fisso… uno sguardo, si dice, vale più di mille parole… In effetti, gli occhi, lo specchio dell’anima. Nello questo specchio ho visto la paura, rabbia, odio, ho visto me stesso e il dolore che condividevamo insieme, anche il suo fratello era ai confini, nella guerra. Mi domando cosa e pace per me tanto. La vera pace è stato quel momento, quando ho capito che mi preoccupo per il suo fratello, sua madre, per gli altri madri dall’altro parte quelli che piangono come la mia, quando ci siamo abbracciati, quando 2 studenti armeni e noi 3 studenti azerbaigiani ci sostenivamo a vicenda  durante quel periodo, senza incolpare, giudicare.

Ci dicono che il meglio che possiamo fare è quello di gestire i conflitti e, se fortunati, saremo in grado di evitare il conflitto, ma pace non è equivalente all’assenza di conflitti. L’assenza di conflitto è semplicemente l’assenza di conflitto, ed anche negoziare un cessate il fuoco, non equivale di pace. Pace è rispetto per ogni diversità, Pace è equilibrio, La pace è sentire buone notizie, La pace è pensare di non avere nemici. Possiamo elaborare concetti filosofici, ispirarci all’arte e ai grandi del pensiero politico pacifista. Oppure guardarvi dentro, o trarre spunto dalla vostra vita. Pace interiore è l’unico modo verso la pace nel mondo. Non ci sarà nessuna pace nel mondo se non siamo pace noi stessi, e se non fossi Rondine, non avrei potuto fare questo passo.

Parole forti gridate con la serenità di chi ha sofferto tremendi dolori ma non ha perso la speranza. Il dubbio consiste dunque nello stimolarvi tutti a non dare né per certa né per sicura la Pace. Dobbiamo guadagnarcela tutti, giorno dopo giorno, tessendo la tela, ognuno nel suo piccolo ma importante microcosmo, dell’inclusione non dell’esclusione. Dell’ascolto non del silenzio distratto o del parlarsi addosso. Contano gli esempi. I comportamenti, i ragionamenti positivi. Soprattutto di chi, nella sua comunità, è stimato, riconosciuto come guida, come opinion leader. Forse non siamo mai più stati (neanche nel ’62 con la crisi di missili a Cuba) così vicini all’innescarsi di un micidiale effetto domino mirato allo scoppio di un conflitto mondiale e letale. Non sottovalutiamolo anche se, Pickett ve lo confessa “in diretta”, il solo scriverlo in questo “pezzo” da un lato mi terrorizza ma dall’altro mi fa sorridere per una atavica ignoranza, non storica ma di vita vissuta, del fenomeno stesso. Iniziamo allora, almeno, ad affrontarlo il tema, a sviscerarlo e non a darlo per risolto. Come ci insegna da anni il mio amico Ernesto che della Pace ne ha fato la bandiera del suo fantastico e miracoloso Sermig. Usciamo dall’apatia dei fortunati, dalla pigrizia “del tanto non succederà più e soprattutto a noi” e cerchiamo di comprendere meglio le insidie nascoste in una infanzia come quella trascorsa dalla ragazza del Nagorno Karabak che ha scritto la sgrammaticata ma importante riflessione sull’importanza di quella parola di quattro lettere appena ma che rappresenta e ha rappresentato per tutte le generazioni nate nel dopoguerra la straordinaria normalità mai accaduta per così tanto tempo da oltre 2000 anni.

Comments (1)
  1. Gianni Giovine (reply)

    9 Gennaio 2017 at 19:04

    Il post è del 28 dicembre, e da allora abbiamo avuto altre nuove conferme che la possibilità che “tutto quanto si ripeta” è tutt’altro che teorica, tutt’altro che lontana. L’eventualità che i fragilissimi equilibri della non guerra, in medio e in estremo oriente, vengano spezzati è ora più che mai consegnata al calcolo delle rispettive convenienze fra autocrati di diverso conio, zar, sultani, califfi, guide supreme, cari leader, segretari del Partito Unico, con le tre grandi democrazie – USA, Israele, Giappone – che per motivi diversi o si chiamano fuori o alimentano la tensione. Unione Europea non pervenuta. Noi, che dell’Unione Europea siamo passati da paese fondatore a condomino svogliato e disattento, che cosa possiamo fare per provare a rispondere all’invito di Pickett di non dare il tema per risolto? Forse potremmo cominciare a non brandire le nostre convinzioni come clave, accettando l’idea che chi ha un’opinione diversa su un tema non sia necessariamente in malafede o servo di qualche padrone occulto o palese. Lo dico stimolato dall’ultima crocifissione a mezzo social che ha colpito stavolta l’editorialista del Tg1 Alberto Negri, colpevole di aver evidenziato, nel commento all’attentato con il camion che ha ucciso le giovani reclute israeliane, che il terrorismo palestinese e quello dell’isis hanno obiettivi diersi. Apriti cielo. Uno dei commenti più pacati è stato “ma lo fa apposta..è intimamente antiamericano, filopalestinese, veterocomunista e antisemita e “post-nazionalsocialista,”…certo con formazione cattopopolare…”. Gli altri avevano gradi diversi di irriferibilità, ma quello che li univa era l’assoluta mancanza di analisi: per dire, si può anche provare a contestualizzare. Ogni atto di terrorismo, nel momento in cui viene commesso, è orribile perché non colpisce avversari ma vittime innocenti ed è giustamente condannato e condannabile, a volte però se ne sono riabilitati gli autori ex post in base a come si è evoluta la storia ed in base, appunto, al contesto in cui è maturato il gesto: per restare nello scacchiere Israele – Palestina, uno degli esponenti dell’Irgun, un gruppo di resistenza armata che compì molti attentati in Palestina negli anni ’40,fra cui quello al King David Hotel sede dell’allora comando britannico, si chiamava Menachem Begin; se gli Inglesi fossero riusciti a prenderlo in quel momento lo avrebbero messo a morte, poi sappiamo com’è andata. Dire che l’Isis non ha alcun irredentismo da difendere mentre i Palestinesi si, mantenendo salda la condanna per il gesto, può essere una posizione discutibile, la tempistica può essere inopportuna, ma è una posizione che va eventualmente contrastata con una posizione contraria.Invece, sulla pagina FB di un noto, rispettabile e moderato uomo politico nostrano, non su quella di un fanatico professionista dell’invettiva, solo insulti, offese e negazione del diritto dell’interessato ad avere un’opinione e ad esprimerla. Con, in aggiunta, la pubblicazione di recapiti privati del giornalista ed inviti a “farsi sentire direttamente con lui”. Se fra persone che si ritengono, e forse in alcuni casi sono, colte ed informate, questo è il livello del dibattito, temo che la nostra pigra autoconvinzione “tanto non succederà più e soprattutto a noi” sia destinata a venire dolorosamente smentita.

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