Il dubbio si sta allargando. Si sta consolidando giorno dopo giorno. Progetto di legge dopo progetto di legge. Non è che nella testa del governo giallo-verde e, soprattutto, nella sua anima grillina, stia prendendo piede un suggestivo ritorno al Passato? Una “decrescita felice” vissuta in un contesto bucolico, fatto di piccoli borghi antichi, senza troppe infrastrutture e con una vita quotidiana scansita dalla natura e non dalla corrotta concitazione della vita moderna?

Ci sono molti segnali in tal senso proprio partendo dall’avversione totale alla realizzazione delle grandi opere, fino a ieri, ultima speranza per ancorare, seppur con grave ritardo, il nostro zoppicante paese al treno della crescita dei paesi più sviluppati.

Basta seguire la cronaca degli ultimi giorni per capire come questa velleitaria e anti-moderna concezione (i miei nonni l’avrebbero chiamata “bislacca”) costituisca nella realtà un fil rouge di molte delle esternazioni surreali di esponenti di spicco del Movimento 5 stelle.

La vicenda torinese sulla TAV ne è il simbolo più lampante.

Se non fosse per la drammaticità della situazione, Pickett ricorrerebbe alla classica battutaccia provocatoria: “Con il Pil dell’ultimo trimestre fermo ad un rotondo “Zero”, i grillini saranno felici!”.

Non solo, quindi, abbiamo di fronte un progetto di Legge di Stabilità che sta in piedi (e nessuno, compresa Bruxelles, ci crede!) alla condizione essenziale che l’Italia cresca fin dal prossimo anno almeno dell’1.5%, ma dobbiamo prendere atto che la fiducia del paese sulla sua capacità di crescita deve fare i conti con un sistema industriale sostanzialmente fermo. Sull’orlo di una nuova recessione. Incapace di continuare anche quel trend di poco positivo ma che comunque dal 2014 aveva caratterizzato una ripresa, più lenta dei partner europei, ma almeno contraddistinta dal segno +.

A Pickett piacerebbe molto essere ottimista e immaginare che i numeri da paura dell’Italia populista possano costringere il Governo del Cambiamento ad avere un qualche ripensamento, a cambiare direzione, ad evitare di avvicinarsi al burrone.

A Pickett piacerebbe molto essere ottimista e immaginare che il Governo del Cambiamento possa comprendere che un paese che nel giro di cinque mesi brucia 100 miliardi di euro in Borsa; fa perdere alle banche il 36% del loro valore; aumenta lo spread di 130 punti portandolo stabilmente oltre quota 300; porta i rendimenti dei BTP decennali da quota 2,90 a quota 3,36, contribuendo a far precipitare l’indice di fiducia delle imprese a -1,7%; porta a cancellare 40.000 posti di lavoro a tempo determinato ad agosto 2018 rispetto al 2017; porta a far contrarre i prestiti di 80 miliardi di euro tra aprile e agosto, a portare per la prima volta, come detto, dal 2014 la crescita del Pil del III trimestre del 2018 allo 0%, sia un paese che ha bisogno di investire sulla crescita e sul lavoro e non sull’assistenzialismo e sulle pensioni!

A Pickett piacerebbe molto essere ottimista e pensare che Salvini prima o poi riesca a far prevalere nel governo lo spirito pragmatico della Lega sconfiggendo il pauperismo grillino.

A Pickett insomma piacerebbe molto credere a tutto questo se non fosse che molte promesse del Governo del Cambiamento lasciano pensare che purtroppo il peggio debba ancora venire.

I segnali sono molteplici.

Sentite questo: nei giorni scorsi il Ministro delle Infrastrutture Toninelli non ha voluto – potuto partecipare ad un incontro a porte chiuse organizzato da Confindustria sul tema topico delle infrastrutture. Ha però ritenuto di inviare una lettera nella quale ha esposto due concetti molto chiari per capire la filosofia che sta “a monte” del pensiero del movimento pentastellato.

Primo concetto: “la cifra del lavoro che stiamo portando avanti insieme alla mia squadra – ha scritto il Ministro – non sarà foraggiare grandi opere mastodontiche e dispendiose ma dotare il paese di una rete di tante piccole opere diffuse che servano realmente ai cittadini”.

Secondo concetto che merita di essere riportato integralmente perché riguarda il modo con cui il governo ha intenzione di investire sul futuro del nostro paese: “Nell’ottica di un’attenta cura del territorio e dell’ambiente – ha scritto ancora Toninelli – questo governo punta a fare dell’Italia un paese all’avanguardia. Per farlo abbiamo pertanto previsto incentivi sulla mobilità elettrica ed è nostra intenzione lavorare per un futuro a basse o zero emissioni. Investiremo altresì risorse pubbliche per attuare un serio piano nazionale per le piste ciclabili”.

Abbiamo dunque davanti a noi un paese che ha un problema di infrastrutture bloccate, di alta velocità a bassa velocità, i ponti che crollano e che non si riescono a costruire, di spesa per investimenti fissi lordi delle pubbliche amministrazioni che negli ultimi 10 anni è diminuita del 4% all’anno e, in questo contesto, il Ministro delle Infrastrutture piuttosto che promettere di fare tutto quello che sarà necessario fare per far crescere l’Italia, promette di fare…molte più piste ciclabili!

Ogni commento ci sembra superfluo.

Se associamo a questo scenario, a dir poco inquietante, un’altra proposta di legge che è articolata sempre nel disegno di legge di bilancio in corso di discussione in Parlamento, il quadro diventa tragicamente chiaro.

La norma prevede al fine di incoraggiare l’aumento della popolazione, in particolare nelle zone rurali, la concessione gratuita di terreni agricoli demaniali per almeno 20 anni alle famiglie con un terzo figlio nato negli anni 2019-2020-2021.

A sostenere questa idea non è un ministro grillino, ma un ministro leghista, il Ministro delle Politiche Agricole Gianmarco Centinaio che spiega così la sua proposta: “Si dice che in Italia si facciano pochi figli e che serve un aiuto per invertire la tendenza. Per questo il ministero vuole dare un contributo favorendo in particolare le aree rurali, dove i figli si fanno ancora”.

Dunque No alle grandi opere; Sì alle piste ciclabili; premi in natura (concessione gratuita di terreni agricoli a chi fa il terzo figlio nel prossimo triennio) con destinazione rurale: il tutto per dare contenuto alla cosiddetta “decrescita felice”?

Sembrerebbe proprio di sì, immaginandoci tutti noi italiani a tornare all’antico. A vivere in borghi collegati da piste ciclabili, con attività primarie rivolte all’autoconsumo e con, per capire una sintesi mandataci da Di Battista dal centro America, i nostri bambini a giocare felici a pallone per la strada senza la schiavitù degli I-phone.

Un sogno/obiettivo di un piccolo mondo antico … non sappiamo quanto auspicato dalla maggioranza degli italiani consapevoli.

Sulle infrastrutture – scriveva nei giorni scorsi il direttore de Il Foglio, Claudio Cerasa – si gioca il futuro dell’Italia e se Salvini volesse provare a sfidare i suoi alleati di governo sul tema dei temi, avrebbe una carta semplice da giocare: chiedere al Movimento 5 Stelle di portare la modifica della TAV in Parlamento e dire senza paura che sulla TAV si decide il futuro del governo. O si fa l’Alta Velocità oppure anche per Salvini meglio tornare alle elezioni…a tutta velocità”.

Siamo ridotti a sperare in un atto di coraggio di Salvini?

Forse sì, ma almeno in tal modo si potrebbe rompere un effetto domino psicologico e, alla lunga, anche culturale, pericolosissimo: “Lasciamoli fare, tanto poi imploderanno”.

Quando? E a che costo per il paese…e cioè per tutti Noi?

Comments (1)
  1. Maurizio Baiotti (reply)

    6 Novembre 2018 at 12:25

    Per fortuna ho 72 anni ma che futuro lasciamo ai nostri figli e nipoti!?!?!?

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