Se il tema vi annoia, fermatevi subito. Occupatevi di altro. Lo abbiamo già trattato diverse volte. E per alcuni potrebbe essere una noiosa ripetizione.

Pickett lo considera Il Tema da cui partire per uscire dalle secche del PopSov, il populismo-sovranista che ci circonda e ci preoccupa, e insiste pertanto nella sua sensibilizzazione.

In questo break di inizio anno abbiamo letto “Agire Contro La Disuguaglianza” (Laterza), un libro promosso da AG.I.R.E. (Against Inequality Rebuild Equity) e scritto da un gruppo di studiose e studiosi che considerano questa la Priorità numero uno su cui confrontarsi e operare.

L’analisi sviluppata dal libro parte da questa considerazione: alla base delle disuguaglianze odierne vi sono precise scelte politiche che hanno condotto a mutamenti radicali nella distribuzione del potere economico all’interno delle imprese; alla nascita di nuovi e molto potenti monopoli; alla maggior facilità per i ricchi di non pagare le tasse; al più forte condizionamento dei governi da parte dell’accresciuto potere economico; all’esclusione di ampi settori della società dalla vita sociale. La mobilità sociale, a causa di tutto ciò, è praticamente scomparsa: il destino dei figli dipende sempre di più dalle condizioni dei loro genitori e per i figli dei ricchi il futuro è sistematicamente più roseo di quello dei figli della “gente comune”.

Il Manifesto elenca 37 interventi o politiche che potrebbero correggere la situazione attuale. Indica insomma una strada da percorrere.

L’obiettivo – precisano gli autori – non è quello di condurci verso una grigia società nella quale vige un ottuso egualitarismo economico. Piuttosto si tratta di aspirare a creare una società più dinamica, più mobile e più giusta che, in quanto tale, può contemplare anche disuguaglianze economiche. Ma saranno, diversamente dalla gran parte di quelle che oggi dominano, disuguaglianze accettabili.

Nel Manifesto si elencano in dettaglio le politiche e gli interventi necessari a modificare lo status quo inaccettabile e denso di funerei scenari futuri.

Le tipologie di intervento immaginate dagli autori sono così sintetizzabili.

Riforma delle istituzioni economiche e interventi sul contesto

“La disuguaglianza risente in vario modo degli assetti istituzionali e delle più generali condizioni nelle quali si svolge il processo economico. I più urgenti interventi riguardano la revisione:

– del ruolo e del potere delle banche e del sistema finanziario;

– delle modalità di finanziamento della politica;

– della lotta alla corruzione e alla criminalità;

– delle regole di governance aziendale;

– del funzionamento della Pubblica Amministrazione, con particolare riferimento al ruolo che può svolgere la valutazione delle politiche anche sotto il profilo di impatto distributivo.

 Politiche macroeconomiche

Queste dovrebbero essere più orientate a creare occupazione stabile. Poiché con l’incremento dell’occupazione non si risolve automaticamente il tema della disuguaglianza, va dedicata una specifica attenzione alla ripartizione del lavoro fra le famiglie, valutando come si distribuisce la maggiore occupazione tra i diversi nuclei famigliari, compresa anche quella tra uomini e donne. Le politiche pubbliche di ampliamento della domanda appaiono desiderabili anche per rafforzare il potere contrattuale dei lavoratori e contribuire in questo modo ad un processo di crescita che non sia di vantaggio prevalente per chi ha già redditi più elevati. Indispensabili sono anche le politiche che limitino la speculazione finanziaria e mettano i risparmi al riparo da tali speculazioni e dal potere delle banche.

Politiche per la concorrenza

Anche la disciplina antitrust, e comunque in generale una politica a favore della concorrenza, può dare un contributo significativo alla lotta contro le disuguaglianze. Infatti, può aiutare il sistema a perseguire l’uguaglianza delle opportunità e a ridurre distorsioni e privilegi che toccano in modo sostanziale l’uguaglianza tra i cittadini.

Le autorità antitrust possono contribuire a questa battaglia anche solo privilegiando lo standard del benessere del consumatore inasprendo la lotta ai cartelli e alle rendite a essi collegate, evitando la concentrazione del potere economico in troppo pochi soggetti. Tale intervento, soprattutto in settori di beni e servizi che impattano sul potere di acquisto delle fasce più deboli (l’alimentare, il farmaceutico, l’elettricità, il gas o il trasporto pubblico), può risultare apportatore di un’efficacia riequilibrativa rilevante.

Politiche retributive e di governance delle imprese

I rapporti di forza all’interno delle imprese sono molto cambiati e hanno portato ad un notevole spostamento di reddito dal lavoro al capitale, creando una forte sperequazione all’interno del lavoro a causa della forte crescita delle retribuzioni dei manager. Sono necessarie politiche che contrastino queste tendenze, anche all’interno della Pubblica Amministrazione.

Politiche fiscali

Le tipologie d’intervento possono essere molto varie: (i) correggere la curva delle aliquote, affrontando il tema della tassazione dei patrimoni e dei lasciti ereditari; (ii) limitare il rischio di evasione ed elusione fiscale nelle molte forme in cui esse possono manifestarsi: su questo tema sarà necessario immaginare un miglior coordinamento internazionale.

Negli ultimi vent’anni in Europa la quota di spesa pubblica oscilla tra il 40% e il 50% del PIL. Per finanziarla è stato necessario un elevato prelievo fiscale. Una parte rilevante di questo prelievo non può non venire dai 3/5 centrali della distribuzione del reddito (il 60% dei percettori), ma per rendere il prelievo più favorevole al contenimento delle disuguaglianze la categoria più bassa, quella a meno reddito, dovrà versare proporzionalmente di meno, e quella più alta proporzionalmente di più.

Inoltre le grandi società e in particolare le multinazionali del web, che fino ad oggi hanno approfittato del cosiddetto tax shopping riducendo quasi a zero le loro imposte, dovranno essere tassate in modo diverso e più equo. A tal fine è importare limitare la concorrenza fiscale, a livello internazionale in generale ed europeo in particolare, lavorando sia sulle basi imponibili sia sul livello delle aliquote minime.

Politiche del welfare a dell’istruzione

Il welfare è uno strumento irrinunciabile per l’uguaglianza di opportunità fra i generi.

Con l’invecchiamento della popolazione e il rallentamento della crescita si crea uno squilibrio nell’allocazione delle risorse fra pensioni, assistenza, disoccupazione, sanità e altro, con la conseguenza che alcuni rischi sociali vengano sempre più sopportati da singoli individui. È necessario intervenire sulla spesa sociale, la sua entità e la sua composizione, e affrontare il problema della povertà, razionalizzando gli aiuti alle singole categorie e migliorando la qualità dei servizi pubblici essenziali, con una speciale attenzione all’accesso per i più svantaggiati.

In generale gli autori del Manifesto pensano ad un’estensione della concorrenza dentro regole di mercato eque.

Politiche per il lavoro

Le recenti riforme del mercato del lavoro si sono mosse prevalentemente dal lato dell’offerta partendo dall’assunto che la riduzione del costo del lavoro fosse l’unica strada per permettere al sistema di recuperare competitività. Queste misure rischiano di avere effetti deboli e soltanto nel breve periodo, senza intervenire sulla riqualificazione della struttura produttiva che dovrebbe invece consentire il posizionamento su un sentiero di maggiore e migliore crescita nel lungo periodo.

Tali misure, sempre secondo gli autori, tendono inoltre ad indebolire il potere contrattuale dei lavoratori.

La domanda di lavoro, necessaria per espandere l’occupazione, dipende principalmente dalla domanda aggregata: se questa non cresce, non può crescere l’occupazione. Gli autori ci ricordano che la domanda aggregata è fatta d’investimenti, spesa pubblica, consumi, esportazioni.

I nuovi interventi devono pertanto puntare su politiche che spingano le imprese ad aumentare e riqualificare gli investimenti, anche nella ricerca. Serve inoltre un piano d’investimenti pubblici (infrastrutture, ambiente e territorio) che avrebbe un rapporto costo-efficacia, in termini di ricadute occupazionali, maggiore degli sgravi a pioggia. Lo Stato dovrebbe poi implementare il suo ruolo di datore di lavoro, visto che in molti settori ci sarebbe spazio per nuovi lavori che favorirebbero, tra l’altro, la partecipazione delle donne: si pensi al caso dei servizi di assistenza e cura.

In un contesto di salari bassi e fermi le soluzioni sono complesse, ma si può pensare a come inserire meccanismi di redistribuzione dell’orario di lavoro, pensati per aumentare l’occupazione complessiva privilegiando chi proviene da nuclei famigliari più svantaggiati. Andrebbe anche rivista la normativa che rende per l’impresa un’ora di lavoro più conveniente di un’ora contrattuale.

A questo fine bisognerebbe ripensare le regole della rappresentanza in azienda, creando spazi di effettiva partecipazione dei lavoratori alle scelte di impresa. Andrebbero infine adottate misure dirette a difendere i segmenti più deboli della forza lavoro.

***

Questa è la sintesi del Manifesto redatto da AG.I.R.E.

Ci sembra una base importante per incominciare a ragionare su un programma politico che affronti i gravi e delicati temi della coesione sociale e della disuguaglianza, oggi inaccettabile, non più soltanto con propaganda e velleitarismo, ma con competenza, serietà e conoscenza del mercato e dei problemi reali dei cittadini del nostro Paese.

 

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