Pickett torna sul tema del rimborso del “macigno”, ossia la riduzione dell’enorme magnitudo di debito pubblico che pesa inesorabilmente su qualsiasi progetto di politica economica che si vorrà adottare nei prossimi mesi-anni. Le prime dichiarazioni pubbliche del neo ministro dell’economia Tria sono incentrate comunque su questa priorità. Sulla rassicurazione ai nostri creditori che il governo italiano metta in cima alla lista dei provvedimenti da adottare, manovre che consentano la riduzione dello stock esistente. I razionali economici generali – dice il ministro – sono positivi. La congiuntura segnala qualche indebolimento della crescita. La decisione sui dazi dell’amministrazione Trump non aiuta a essere troppo ottimisti. In ogni caso “la barca va” e sono allo studio interventi mirati alla riduzione del debito. A dare credibilità internazionale e interna al nostro paese.

Ci permettiamo allora alcune considerazioni in merito a questo scenario, dopo aver curiosato tra i protagonisti del Festival di Trento, partecipato ad alcuni work-shop sull’attualità politica italiana, essermi confrontato con alcuni esponenti illuminati di Confindustria.

La sintesi di quanto ha percepito Pickett è la seguente: esiste da parte della maggioranza dei cittadini, di tutti i livelli sociali, la consapevolezza della necessità di dover fare dei sacrifici per mettere le mani sulla riduzione del debito pubblico. A fronte di questa consapevole responsabilità, la maggioranza però pone una condizione ben precisa: bisogna avere la certezza che tali sacrifici servano davvero a risolvere il problema. Che le risorse impiegate per la riduzione del debito siano utilizzate in modo strutturale non episodico. Che siano programmati degli interventi veri ed efficaci sulla spending review pubblica in modo tale che il deficit  si riduca e non si finanzi esclusivamente la spesa corrente che determinerebbe comunque un nuovo aumento prospettico del debito.

Viviamo un momento cruciale del nostro paese: la maggioranza degli italiani potrebbe farsi carico di sopportare una politica economica improntata a pesanti sacrifici. Ma in tal caso il governo deve mettersi in condizione di garantire che con i maggiori incassi (aumento della tassazione e riduzione vera ed efficace della lotta all’evasione) si determini una vera e misurabile riduzione della spesa corrente. Un intervento, in altre parole “una tantum” ma che serva davvero da un lato a ridurre lo stock del debito e dall’altro a recuperare risorse da impiegare contro le disuguaglianze esistenti e ormai insopportabili.

Questo è il punto centrale di quanto Pickett ha raccolto in queste ultime settimane in giro per l’Italia.

Tale posizione non deve essere vissuta come un ricatto, ma come una disponibilità da non sprecare.

Quando si vendono i gioielli di famiglia, questa decisione sofferta e faticosa deve servire davvero a cambiare la rotta.

Perché poi altri gioielli non ce ne sono più.

Comments (1)
  1. Alkberto (reply)

    14 Giugno 2018 at 12:55

    Io ritengo che soprattutto le persone con un buon tenore dsi vita dovrebbero essere disponibili ad una sorta di “una tantum” per cercare di ridurre significativamente il debito pubblico, ma anche le persone modeste con un piccolo contributo, un pò come avvenne con le raccolte fondi di tanti anni fa quando si chiedeva di dare l’oro alla patria. Però apparirebbe una ingiusta patrimoniale se non fosse preceduta da un richiamo in servizio di Cottarelli con la sua spending review seguita dal preciso impegno di tagliare le spese inutili e non solo in maniera cosmetica, ma sostanziale.

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