Dopo aver trascorso le ultime 36 ore alla televisione, alla radio, ai nostri smartphone per seguire la tragedia dell’Aquarius, proviamo a fermarci un minuto e a ragionarci sopra.

Siamo stati bombardati da un frullatore composto di arroganza, presunzione, spregio dei valori umani, propaganda politica, ragionamenti tattici di diplomazia di second’ordine.

Il tutto dimenticandoci che stiamo parlando di persone, di esseri umani che stanno rischiando la vita per colpe non loro. Abbiamo dunque accolto con favore e emozione uno stimolo che ci arriva da un nostro giovane collega, Emiliano Giovine, un giurista esperto in questa materia.

Ve lo trasferiamo così come lo abbiamo ricevuto, ringraziandolo per averci fornito con chiarezza un quadro giuridico di riferimento, dopo tanta confusione:

“Vi rubo pochi minuti per raccontarvi di una piccola iniziativa di cui sono stato promotore negli scorsi giorni e che si è appena concretizzata.

Avrete letto tutti la cronaca delle operazioni di soccorso alla nave Aquarius, delle tensioni tra Italia, Malta e poi Francia sull’individuazione del “porto sicuro” per il suo attracco e della decisione della Spagna di farsene carico.

A di là delle comuni apprensioni per le tante vite che si trovano attualmente in mare, ho trovato davvero intollerabile il livello di ignoranza e superficialità con cui obblighi e responsabilità connesse al dovere di ricerca e soccorso in mare sono stati (mal)trattati e veicolati da mezzi di stampa e rappresentanti delle istituzioni.

Così lunedì ho scritto ad un gruppo di professori, ricercatori e studiosi di diritto internazionale, proponendo la stesura di un documento congiunto che facesse un minimo di cultura e informazione su un tema che la becera querelle a cui stiamo assistendo, riduce ad un braccio di ferro tra Stati per far leva sull’Europa come se le regole che governano il dovere di assistenza in mare e i successivi sbarchi fossero un orpello da ostentare o nascondere, a seconda dell’orientamento politico di chi governa.

Contro ogni mia più rosea aspettativa, l’adesione è stata unanime e la reazione immediata.

Il risultato è una lettera aperta (allegata), molto breve e semplice, firmata da autorevoli rappresentanti di numerosi atenei italiani (e incidentalmente dal sottoscritto), a cui da oggi chiunque può aderire attraverso il sito della SIDI (Società Italiana di Diritto Internazionale e di Diritto dell’Unione Europea)
www.sidi-isil.org
https://sidigimare.wordpress.com/
e che tanti hanno già iniziato a sottoscrivere e a diffondere.

Personalmente ero tra i fautori di una versione iniziale più dura e provocatoria, ma riconosco che la scelta di toni moderati, ma comunque rigorosi, possa risultare, nel contesto attuale, più utile ed efficace.
Penso infatti che un argomento giuridico forte, ma in qualche modo “politicizzato”, sia facile da strumentalizzare e da indebolire, mentre un argomento giuridico forte, svuotato di connotazioni politiche o valutazioni parziali di colpa/responsabilità, e ricondotto a semplici logiche di buon senso sia forte…e basta.
Non sarà questa lettera a cambiare le sorti dei migranti in mare o le regole per una corretta redistribuzione degli sbarchi, ma mancava una presa di posizione importante da parte di chi vive e lavora per tutelare e generare cultura del diritto o dovrebbe comunque trasmettere valori e principi di legalità e sono contento sia stato fatto.

Ovviamente se condividete il testo e avete voglia, aderite e se conoscete canali per diffondere e dare visibilità alla lettera…spread the voice!

Grazie

Emiliano”

Download lettera aperta

Comments (2)
  1. Maurizio Corain (reply)

    14 Giugno 2018 at 15:58

    Carissimi,

    ricevuto e letto il pregevole documento inviato dall’ottimo Emiliano, vi sottopongo delle mie riflessioni “a caldo” sulla non facile situazione.

    Non mi permetto, ovviamente, di esprimere opinioni giuridiche difformi che, per la gravità dell’argomento e la serietà della trattazione, dovrebbero essere affrontate, parimenti a quanto fatto dagli esimi sottoscrittori della Lettera aperta (Emiliano compreso!) tra i quali segnalo, soprattutto, l’ultimo in lista (Tullio Treves) i cui trattati hanno consentito la formazione di generazioni di giuristi dediti al Diritto del mare, ma limito il mio attuale intervento a delle considerazioni di fatto che, allo stesso modo di quelle giuridiche e con pari dignità, meritano l’attenzione che ogni lettore vorrà dedicare.

    Prendo spunto dal testo della Lettera aperta ove si dice, lucidamente, che “la chiusura dei porti… non è di per sé esclusa dal diritto del mare (e dipende) dalle specificità di ciascun singolo caso” (v. il paragrafo che inizia con le parole “in terzo luogo”).

    Orbene, il “singolo caso” in questione è certamente da inquadrare in una situazione Paese che vede:

    (i)          la consolidata e costante disponibilità italiana a ricevere masse migratorie;

    (ii)         l’innegabile situazione di incapacità cui, oramai, le strutture recettizie a ciò dedicate sono giunte, trovandosi oggi le stesse al collasso;

    (iii)        il parimenti innegabile impegno di spesa pubblica sostenuto dal Sistema Paese per il quale, di tutta evidenza, si è giunti ad una “intolleranza” economica e anche sociale;

    (iv)       il pericolo, costante, dell’equilibrio dell’ordine pubblico interno che la stessa Convenzione di Montego Bay 1982 (UNCLOS) segnala, in termini di ratio generale, come principio limitatore degli obblighi individuati dagli stati firmatari;

    (v)        la comprovata esistenza di catene di business che, in modo illecito, sfruttano la disperazione altrui;

    (vi)       l’oggettivo sfruttamento, da parte di tali catene di business illecito dei ben noti “buchi dell’organizzazione” degli stati rivieraschi al fine di raggiungere il risultato, solo economico, perseguito;

    (vii)      la parimenti comprovata partecipazione, non priva d’interesse, delle ONG che giungono, salvatrici, a trarre a bordo delle più sicure navi mercantili, appositamente noleggiate, gli odierni “Disperati del mare”;

    (viii)     l’altrettanto comprovato endemico e scientifico sfruttamento, da parte delle organizzazioni criminali, del convincimento che, intanto, il diritto del mare osservato dagli stati rivieraschi (solo alcuni però!) nonché l’apparato umanitario che si è mosso, consentirà comunque l’arrivo in un safe port del “carico umano” (perché intanto così i Disperati vengono considerati da questi);

    (ix)       il rispetto, come sopra accennato, del diritto del mare e dei diritti di accoglienza umanitaria solo da parte di alcuni degli stati rivieraschi: sul punto è bene rammentare che, anche nel recentissimo passato, sono esistiti ignobili (e quindi “vomitevoli”) casi di respingimento di masse migratorie (comprese donne incinte, bambini e infermi) che tentavano di entrare nel territorio spagnolo e francese, così come è bene ribadire che proprio la Francia risulta essere pienamente inadempiente agli impegni di accoglienza che il Governo Macron aveva assunto nei confronti della UE e, quindi, anche dell’Italia;

    (x)        il consolidato rifiuto del Governo maltese di adempiere agli stessi obblighi di salvaguardia della vita umana in mare che, oggi, vengono indicati come calpestati dal Governo italiano.

    Ma ancor di più: quale sarebbe nel caso di specie la violazione della normativa sapientemente richiamata e esplicata nella Lettera aperta?

    Abbiamo visto tutti le immagini che quotidianamente sono state diffuse della nave Aquarius e dei suoi infelici passeggeri. Sul punto corre l’obbligo anche osservare che:

    (a)  la situazione cui sono assoggettati tali passeggeri è oggettivamente diversa da quella che gli stessi hanno vissuto a bordo dell’instabile gommone da cui sono stati trasbordati;

    (b) le condizioni di salute dei passeggeri sono – a bordo – monitorate da una preparata equipe medica di Medici Senza Frontiere;

    (c)  i casi più gravi (un minore con crisi convulsive e tre donne incinte) sono stati trasportati d’urgenza presso l’ospedale di Lampedusa;

    (d) la “cambusa” della nave ospitante è stata, anche recentissimamente, abbondantemente rifornita di viveri, acqua e medicinali;

    (e)  il Comandante della Aquarius – o chi per esso – ha deciso di lasciare i motori della nave spenti (salvo per le necessarie correzioni di rotta) per almeno due giorni in attesa che il nostro Governo rivedesse la propria decisione e decidesse di accoglierla in un porto italiano, invece di dirigere verso la “accogliente” Spagna.

    Orbene, non si vuole sostenere che i passeggeri della Aquarius stiano beneficiando di una crociera di lusso ma – oggettivamente – non si comprende proprio quale sia l’imminente pericolo della vita umana che richiede l’immediata riapertura delle nostre banchine: ovviamente non è chi vi scrive ad affermarlo ma le considerazioni professionali che di ciò sono state fatte dallo stesso RCC richiamato nella Lettera aperta.

    Insomma, non si vuole negare la necessità del rispetto del diritto e, in primis, dell’obbligo di tutti a salvaguardare la vita in un ambiente che può essere ostile qual è il mare, ma è anche bene non dimenticare – anche e soprattutto in ragione della “specificità del singolo caso” – ciò che altri hanno posto in essere in altre circostanze e, quindi, almeno evitare che sempre e solo tali altri siano i “santi” e noi, come al solito, i “demoni”.

    Dimenticavo: l’inospitale Governo italiano ha trasportato, a bordo di navi della Guardia Costiera, altri novecento migranti che sono già stati fatti approdare a Catania e altri ne stanno arrivando questa mattina; altri ne arriveranno nei prossimi giorni.

    Abbracci a tutti,

    Avv. Maurizio Corain

  2. Luca Egitto (reply)

    14 Giugno 2018 at 17:38

    Grande Maurizio !
    Aggiungo solo una cosa: per non mettere in pericolo un principio sacrosanto – ossia il diritto ad essere soccorsi in mare – occorre intervenire, anche in modo deciso e poco morbido, per porre fine agli abusi che mettono in pericolo il suddetto principio, e mi riferisco alla pratica consolidata dei trafficanti di esseri umani di provocare deliberatamente la situazione in cui i soggetti obbligati devono intervenire per prestare soccorso. I migranti vengono deliberatamente buttati in mare con la consapevolezza che saranno in qualche modo soccorsi e portati in Europa, questa pratica mina alle fondamenta i principi espressi nella lettera inoltrata da Emiliano.

    Avv. Luca Egitto

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