Gli ultimi episodi, sempre più frequenti purtroppo, di violenza pubblica non offendono soltanto la convivenza pacifica degli esseri umani ma evidenziano, nella loro drammaticità, un dato inquietante: la passività dei presenti!
Non so se si possa definire giuridicamente omissione di soccorso ma certo ci troviamo di fronte a casi in cui “la gente” o cambia marciapiede o gira la testa dall’altra parte o, peggio, assiste, quasi affascinata, alla violenza scoppiata davanti ai suoi occhi. I casi del ragazzo ucciso in Spagna, in una discoteca, dopo una breve ma violentissima rissa avvenuta all’interno di un cerchio di ragazzi quasi nel ruolo di spettatori non paganti di un omicidio e della donna incinta, su un pullman a Rimini, che viene malmenata, chiede aiuto e nessuno non solo non le dà una mano ma neanche interviene riprendendo i due che la stavano picchiando, dimostrano, ad avviso di Pickett, un pericoloso imbarbarimento del nostro stare insieme provocato dal senso quasi di estraneità. Si dovrebbe parlare di codardia, di paura di “prenderle ficcando il naso” in cose altrui. E forse una parte della verità sta anche lì. Ma, la novità, per Pickett, risiede nell’assistere all’evento negativo con una forma di estraneità e di terzietà sorprendenti e preoccupanti. Non bisogna essere degli eroi per intervenire in una rissa o in una violenza perpetrata ai danni di una parte più debole. Basta farsi carico delle proprie responsabilità di membro di una comunità che rivendica di essere civile. Certo non è facile, né comodo, né poco rischioso intromettersi in un momento di violenza fisica di terzi in cui c’è l’alto rischio di farsi del male, di prendersi un pugno o, a volte, di essere addirittura criticato da entrambi i protagonisti dell’evento. Però, crediamo fermamente che non bisogna abdicare dal farlo. Dal sentire il dovere di non abbandonare chi in quel momento ha bisogno del nostro aiuto. Fisico ma anche psicologico.
Pickett sentiva alla radio, proprio nei giorni scorsi, un’interessante lettura di un esperto della materia che sottolineava come la nostra gioventù (ma soltanto loro?) abituata ormai tra film, videogiochi, notizie diffuse dei telegiornali ad assistere a comportamenti di contenuto violento declinati in tutte le più efferate soluzioni immaginabili, quando si trova personalmente davanti ad una situazione similare, reagisce con distacco, indifferenza egoistica, menefreghismo. A volte, addirittura, con partecipazione emotiva attiva quasi da tifo per una delle parti in causa. Insomma come uno spettatore davanti ad uno schermo. In questo scenario inquietante ma anche imbarazzante da leggere e testimoniare, a Pickett, veniva in mente una riflessione, probabilmente stimolata dal bisogno di vedere una fiammella di speranza all’orizzonte di questo nostro complesso e violento stare insieme. Se da soli pensiamo di non poter risolvere i problemi altrui, men che meno quindi le situazioni di violenza fisica, ricordiamoci che l’essere umano e’ spesso spinto ad attivare i propri comportamenti, anche virtuosi, dallo spirito emulativo. Dal voler copiare, replicando, un qualche cosa che ci è piaciuto, che abbiamo reputato giusto, bello, utile.E che l’appartenenza identitaria ad un gruppo rende possibile.
Ripartiamo da qui. Dal concetto di “branco buono”, di un insieme di membri di una comunità che, di fronte ad un’ingiustizia, ad un sopruso, ad una violenza verso i più i deboli, grazie all’innesco di uno di loro, reagisce proattivamente. Non si gira dall’altra parte, non fa finta di niente ma cerca di porre fine alla situazione ingiusta o pericolosa o comunque violenta. Al concetto negativo di branco, l’effetto emulativo messo in pratica cioè per copiare i gesti negativi, sostituiamo il concetto di branco positivo: di gente che, per carità, nei limiti della legge e senza le derive del “farsi giustizia da soli”, sente il dovere e la responsabilità di cercare di fermare una dinamica di comportamenti non degni di una convivenza civile. Ci vuole l’innescatore? Certo e lascio a voi lo stimolo di decidere che ruolo vogliate assumere. Basta che non rimaniate estranei, neutri, omissivi o peggio passivi di fronte a fatti che vanno bloccati o interrotti o fermati subito, senza Se e senza Ma.

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