Pickett si è già occupato, di recente, delle iniziative in campo agricolo mirate alla lotta contro il fenomeno del caporalato. La nuova forma di schiavismo verso i più deboli. Il responsabile primario delle tragedie sanguinose accadute a San Ferdinando in Puglia, proprio quest’estate.
Integriamo quindi le considerazioni già svolte, con una buona notizia. Qualcosa si sta muovendo davvero.
Dalle parole siete passati finalmente ai fatti, anche in Italia.

Già da oltre un anno la grande Coop ha lanciato la campagna denominata “buoni e giusti“ che coinvolge i suoi 832 fornitori a livello locale e nazionale per un totale di oltre 70.000 aziende.
A tutti è stato chiesto di sottoscrivere un Codice etico.
A tutti è stato chiesto, pena l’esclusione dal network, il rispetto dei diritti dei lavoratori e l’adozione e l’esecuzione di un piano severo di controlli.
Un interessante progetto che costituisce il primo laboratorio di grandi dimensioni per contrastare l’illegalità, a prescindere dalla legge contro il caporalato.

Quella del mondo delle cooperative è solo una delle 35 “buone pratiche” individuate dal “Milan Center for Food Law and Policy” l’osservatorio sulle norme e sulle politiche pubbliche in materia di nutrizione.
È stata realizzata una ricerca, a livello internazionale, denominata “Best Practices against work exploitation in agricolture Be-Aware”, che fotografa come questo tema sia diventato davvero centrale in tutto il mondo.
Nella ricerca, da poco pubblicata, ci sono esempi concreti, in diversi paesi europei, dove le “buone pratiche” sono state applicate alla filiera agro-industriale.

Pickett ne ha selezionati alcuni casi proprio per darvi un’idea dei vari contenuti dei progetti in atto.
Si parte dalla Norvegia dove la Bama Gruppen, la prima compagnia, non britannica, ad importare banane in Europa, con 1400 fornitori sparsi in 85 paesi, si è impegnata ad offrire ai dipendenti un pacchetto di benefit minimi, con una serie di tutele economiche e sindacali.
Vi è poi il caso del Regno Unito dove ALP 2004-un’agenzia del lavoro-promuove il reclutamento responsabile e coinvolge 250.000 lavoratori, tutti inquadrati nell’ambito di contratti scritti equi e non discriminatori.
Il G’s Group, presente nella Repubblica Ceca, nel Regno Unito e in Spagna, da lavoro a circa 3000 migranti e si occupa della loro accoglienza con degli ostelli a pagamento, vicini al luogo di lavoro, salubri, garantendo accesso anche alle principali e fondamentali informazioni sindacali.
In Spagna, il progetto denominato Campana Vendimia Francia, lanciato dal sindacato spagnolo degli addetti al settore, promuove l’informazione sui rischi connessi al lavoro e sugli orari tra i lavoratori che partono per la Francia in occasione della vendemmia annuale.
La ricerca registra inoltre che sono ormai più di 4 milioni le persone che si muovono all’interno dell’Unione Europea per il lavoro stagionale e che ce ne sono altre 100.000 che arrivano invece dai paesi extra UE.

Le “buone pratiche” sono state selezionate in base a criteri specifici come replicabilità, impatto sul lavoro, innovazione.
Il lavoro illegale appare diffuso soprattutto nei paesi del sud e dell’est Europa.
In Romania e Portogallo le stime parlano addirittura del 40% e del 60% di irregolari sul totale dei lavoratori impegnati in agricoltura. In Polonia il dato è superiore al 25% mentre nel nostro paese e oltre il 30%.
La media europea risulta essere di circa il 25%: Germania ed Austria sono sotto il 10%.
Il fenomeno è comunque difficile da misurare, a causa dei diversi parametri che sono adottati nei vari Paesi, a partire dalle differenze nella definizione giuridica di azienda agricola.
Per questo motivo molti auspicano una omogeneizzazione delle varie legislature europee al fine di poter monitorare in maniera più adeguata gli illeciti del settore specifico.
Il Milan Center for Food Law and Policy ha scelto di identificare sul mercato dei prodotti che siano puliti dal punto di vista etico e di cercare di riconoscere chi lavora bene per poterlo premiare, diffondendo le “buone pratiche” in tutto il contesto comunitario.
Si auspica dunque che l’Europa si doti al più presto di regole condivise per combattere la piaga dello sfruttamento in agricoltura.
Il lavoro nero da solo produce soltanto… pessimi frutti.

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