La riforma della scuola, l’ennesima, sembra diventata un “gioco di società”.
Peggio: un’arena dove si possono sostenere le tesi più bizzarre, a volte anche folli e diseducative.
Tutti giocano a chi “la spara più grossa”.
Magari a fin di bene, ma il dibattito e, soprattutto, il progetto, quello vero, di mettere le mani finalmente sulla formazione del capitale umano dell nostre giovani generazioni, prende derive ingestibili.
L’ultima “boutade” è quella di reintrodurre obbligatoriamente l’Educazione Civica nei programmi (non è mai troppo tardi!) … ma fin dall’età di tre anni!
Negli asili, dunque!
Dalla folle abolizione si passa all’estremo opposto: ad un reinserimento di questa delicata materia fin dalla tenera età!
Dopo aver privato per anni i nostri giovani dell’insegnamento dei principi fondamentali per diventare “un buon cittadino” (e i risultati si sono drammaticamente visti!), passiamo ad un modello che prevede l’inizio dell’insegnamento ai bimbi, nella scuola dell’infanzia.
Un colpo di teatro, più mediatico che propositivo, che, ancora una volta, rischia di sprecare un’occasione di riforma importante e necessaria, affrontando l’argomento con una proposta che appare quasi provocatoria e irragionevole.
L’obiettivo è che da piccoli – ha detto la Ministra dell’Istruzione Azzolina – si imparino principi come il rispetto dell’altro e dell’ambiente che li circonda, utilizzando linguaggi e comportamenti appropriati quando sono sui social media o navigano in Rete”.
In questi ultimi anni, ho ripetutamente scritto quanto fosse stata dissennata la cancellazione dai programmi scolastici dell’Educazione Civica: della prima occasione di contatto cioè, nella scuola primaria, dei nostri ragazzi con il significato profondo di essere cittadini, di conoscere i propri diritti ma anche i propri doveri. Di confrontarsi con i valori della nostra bellissima e invidiata Costituzione. Di capire che cosa si possa fare e che cosa non si possa fare. Del rispetto degli altri e del nostro obbligo di vivere la nostra comunità in un certo modo, con una visione solidale e non solo individualista.
Ho provato anche, negli ultimi anni, a proporre per la verità invano dei nuovi contenuti che aiutassero i giovani a capire meglio la rivoluzione tecnologica che ci stava travolgendo tutti.
Un’opportunità che doveva quindi essere guidata e gestita e non subita passivamente.
Ho proposto quindi la creazione di un percorso formativo che, reintroducendo l’Educazione Civica, ne allargasse il perimetro anche ad una vera e propria Educazione Digitale.
Sono dunque sempre stato un forte sostenitore della reintroduzione dell’Educazione Civica nei programmi scolastici, seppur doverosamente rivista e riattualizzata con specifici insegnamenti su come maneggiare la Rete.
Di fronte però alla proposta della Ministra Azzolina mi sento quasi preso in giro: ma come, invece di ragionare di contenuti, di tempo dedicato e necessario perché questa materia serva davvero, di formazione specifica degli insegnanti, di dotazione di strumenti tecnologici adeguati per insegnarla nel modo più efficace e affascinante possibile per i ragazzi, la Ministra si limita a proporre la sua reintroduzione fin dalla tenera età dei tre anni!
Facciamo un passo indietro però, per capire l’iter complesso e contraddittorio di questa materia fondamentale per la nostra formazione nel quadro normativo del nostro paese.
Introdotta nella scuola statale da Aldo Moro nel 1958 (DPR 585 del 13.6.1958) l’Educazione Civica ha subito negli anni continue trasformazioni sia nell’intitolazione, sia nei contenuti sia nella collocazione nei programmi.
Sebbene Moro auspicasse che l’Educazione Civica trovi un “adeguato posto nel quadro didattico della scuola… al fine di rendere consapevole la nuova generazione delle raggiunge conquiste morali e sociali che costituiscono ormai sacri retaggi del popolo italiano”,  la materia non ebbe mai un posizionamento primario nelle varie riforme sulla scuola succedutesi negli ultimi trent’anni.
La materia si è chiamata per un po’ di anni Educazione Civica, con l’affidamento dell’insegnamento al docente di storia con due ore mensili obbligatorie. Dal 1979 venne limitata alla terza classe della scuola media. Poi nel 1985 la Ministra Falcucci ne cambiò la denominazione introducendo il titolo “Educazione alla Convivenza Democratica” sempre inserita nell’ambito dei programmi di storia.
Nel 1996 il ministro Lombardi progettò il suo insegnamento limitandolo ad un’ora mensile, all’interno sempre dei percorsi della storia.
Nel 2003 la Ministra Moratti propose “L’Educazione alla Convivenza Civile” nella scuola primaria e, infine, la Ministra Gelmini, con la legge 169 del 2008, collocò la materia nell’ambito di un corso formativo sulla Cittadinanza e sui Documenti del Fondamento istitutivo della Repubblica Italiana.
Insomma, a poco a poco, l’Educazione Civica è scomparsa dai nostri programmi di insegnamento sopravvivendo in qualche scuola italiana soltanto per il coraggio o la visione di qualche singolo professore.
Quando, come detto, nel 1958, Aldo Moro propose la sua introduzione nei programmi della scuola primaria, pensò all’importanza di questo insegnamento ai nostri bambini quando avevano già maturato però, anche se solo istintivamente, il senso della vita, dello stare insieme, della comunità di appartenenza. Non prima quindi dell’inizio del percorso della scuola primaria.
In quel momento, in coincidenza quindi con la prima elementare, si aiutava il giovane studente ad entrare nei meandri del concetto di cittadinanza e di cittadino. Dopo aver iniziato a capire il mondo che ci circonda (famiglia, prime amicizie, i giochi, ecc.) il neo studente poteva iniziare ad acquisire il fondamentale concetto-valore di essere una persona autonoma; lo si avviava verso un percorso di conoscenza e consapevolezza di essere membro di una comunità composta da altre persone simili a lui. In uno Stato con le sue regole, in un ambiente naturale che va rispettato e tutelato.
Finora tutto ciò è caduto nel vuoto.
Probabilmente la Ministra Azzolina ha voluto dare un segnale forte di ripristino del suo insegnamento, adottando però una ipotesi progettuale che ha lasciato alcuni soddisfatti ma molti… molto perplessi.
Credo che si possa insegnare il rispetto delle regole a tutte le età – ha detto Mariangela Grassi presidente dell’Associazione Nazionale Pedagogisti Italiani (ANPI) – per contribuire a formare cittadini responsabili e consapevoli: certo con i bimbi è più difficile e va fatto sotto forma di gioco, senza affrontare questioni teoriche. In Italia sono pochi i bambini che frequentano il nido e sono socializzati prima dei tre anni: ormai c’è la sindrome del bambino re o della piramide rovesciata, i bimbi sono accontentati, viziati, quindi insegnargli fin da piccolissimi le regole non è sbagliato”.
Di diverso parere il pedagogista Massimo Luciano Sidoti, da anni impegnato sui temi della cittadinanza attiva “A tre anni non c’è consapevolezza e pertanto mi pare una proposta per una età troppo prematura: noi parliamo di urbanizzazione, ambiente. Meglio inserirla nella scuola primaria”.
Molto dura e critica nei confronti della proposta della Ministra Azzolina è stata la scrittrice e professoressa Paola Mastrocola.
In un suo commento pubblicato nei giorni scorsi su La Stampa con il titolo “Serve pensiero critico, non basta formare soldatini obbedienti, la Mastrocola enfatizza tutti i rischi collegati ad un precoce insegnamento ai nostri bambini di una materia così importante e decisiva per la loro formazione: ma molto complessa da comprendere e metabolizzare.
La prima domanda che mi è venuta in mente leggendo la proposta del Ministro dell’Istruzione è stata: ma dove è finita l’infanzia? Il secondo pensiero è che ci vogliano pilotare, programmare, indottrinare fin dalla più tenera età…desiderano fare di noi, quasi appena nati, dei soldatini obbedienti al sistema, asserviti all’ideologia dominante, in vista di quella democrazia digitale per cui staremo tutti ordinatamente davanti ad un computer, tutti lanciati su piattaforme virtuali dove ci chiederanno fin da bambini, di esprimere preferenze, opinioni, voti, punteggi chissà su chi e su che cosa”.
Quello che, soprattutto, preoccupa, soprattutto la Mastrocola è questo dato: “Non c’è nessun accenno nella proposta del Ministro a qualche cosa che vagamente richiami il valore della conoscenza, l’evoluzione delle capacità cognitive e logiche, base imprescindibile per capire il mondo. Abbiamo ragazzi sempre meno in grado di parlare, scrivere, analizzare, leggere (e comprendere quello che leggono!) e la novità che viene lanciata ora è l’Educazione Civica dai tre anni!”.
Il compito della scuola  deve essere secondo la scrittrice quello non solo di formare cittadini, ma soprattutto di formare persone nel più ampio senso possibile “Persone dotate di cultura e fantasia, mix esplosivo che da sempre garantisce all’essere umano la produzione di pensieri originali e la capacità di inventare, di creare, esplorando, studiando, ricercando”.
La chiusura del suo ragionamento è molto pessimista: “Sono felice di non avere né figli piccoli né nipoti. Sarei molto spaventata e angosciata”.
Insomma, ancora una volta siamo riusciti, ed uso impropriamente il plurale, a sprecare una buona idea con una proposta di legge surreale e ai limiti dell’inutilità.

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