Lo ha certificato l’Oxfam, una delle maggiori organizzazioni non governative del mondo, specializzata nella lotto contro la povertà globale. La direttrice di Oxfam International,  l’ugandese Winnie Byanyima, ingegnere aeronautico, esiliata dal suo paese per le sue idee rivoluzionarie, ha firmato il rapporto 2018 rivolto a tutti i grandi del mondo, lanciando un ennesimo grido d’allarme “Il ritmo con cui le disuguaglianze stanno crescendo nel mondo sta minando le basi delle nostre democrazie”. Il quadro che emerge dal rapporto Oxfam è allucinante “A livello globale il 2017 ha portato un incremento delle ricchezza. Siamo cresciuti, il PIL mondiale è salito. Dovremmo stare tutti un po’ meglio. Non è così perché l’82% di questo aumento è andato a finire solo nelle mani dell’1% della popolazione. I Paperoni mondiali che la rivista Forbes mette in fila  ogni anno sono 2043 ma, come mai si era visto nella storia, il loro numero aumenta a ritmo esponenziale”.

Nel 2017 ogni 2 giorni è nato un miliardario: la sua nascita – si legge nel rapporto – “è frutto dello sfruttamento intensivo del lavoro su scala globale. Il lavoro non paga più, paga solo la ricchezza ed è questa che viene ricompensata. Da qui nascono le diseguaglianze che sono in aumento. Alla metà della popolazione mondiale più povera della nuova ricchezza non è andato nulla”.

Per la banca mondiale i poveri sono quelli che vivono con meno di 2 dollari al giorno. Un limite che aumenta nelle grandi metropoli dell’occidente.

In Italia? L’Istat certifica che si è poveri se non si superano i 600 euro in una città del nord e 400 in una del sud

“Siamo di fronte al fenomeno della globalizzazione della povertà – scrive l’Oxfam – spinta da un sistema economico che non ricompensa più il lavoro ma la ricchezza”.

Viene meno, in altre parole, l’equazione, anche culturale, che ha dato la cifra a tutto il secolo scorso: “Il lavoro produce denaro”, sostituita da quella molto più cinica del “denaro produce denaro”.

Nei prossimi 20 anni le 500 persone più ricche del pianeta lasceranno ai loro eredi oltre 2400 miliardi di dollari più del PIL dell’intera India, dove vivono un miliardo e 300 mila persone. L’unica consolazione è che spesso i rampolli distruggono in fretta grandi fortune e mandano all’aria gloriose imprese… Nel 2016 – è scritto nel rapporto Oxfam- le 50 più grandi corporation mondiali hanno impiegato lungo le loro filiere una forza lavoro fatta di 116 milioni di “invisibili”, il 95% di tutti i loro occupati. Senza contare i 40 milioni di persone schiavizzate tra cui 4 milioni di bambini. Quelli che spaccano pietre o cercano rottami tra le grandi discariche alle porte delle metropoli”.

In Italia il 20% dei ricchi detiene il 66.41% della ricchezza nazionale. Ai più poveri rimane lo 0,09%! Il declino del nostro paese è iniziato ben prima della crisi del 2008: “Dal 2006 al 2016 i più poveri hanno visto scendere la quota del reddito nazionale disponibile, cioè della ricchezza prodotta, del 28%, mentre il 20% più ricco è tornato ai livelli del 2016 anzi è riuscito ad agguantare qualcosa. Non è un caso che l’Italia si collochi al ventesimo posto per diseguaglianza dei redditi nella classifica mondiale. E gli italiani la percepiscono, tant’è che in una indagine del 2016 il 75% dei connazionali dichiarava che il reddito percepito per il lavoro svolto non era equo”.

Come hanno reagito le “élite” governative di fronte a questo quadro allarmante della situazione? Prima sono state lente nell’accertarlo, poi hanno iniziato a stanziare fondi (un esempio per tutti: i contributi alle periferie in senso lato) che non sono arrivati quasi mai “a destinazione” perdendosi tra burocrazie locali, corruzione, malavita, incapacità ad ottenerli.

Su quali ricette si sta ragionando? “Ci vogliono – scrive l’Oxfam – regole nel commercio mondiale, nella finanza, premi per chi produce in modo responsabile. Bisogna poi fissare un salario minimo per quei lavori che sono fuori dai grandi contratti nazionali”.

La concentrazione delle ricchezze in poche mani secondo Winnie Byanyima costituisce un grave rischio per le nostre democrazie. “Quando la ricchezza si concentra sempre più in poche mani, quelle dei miliardari che in alcuni casi posseggono quanto il PIL di un piccolo paese e in quelle dei loro grandi manager, è naturale, che questi personaggi finiscano per influenzare il potere politico, se questo non è in grado di reagire. In alcuni casi l’identificazione tra ricchezza e potere è nei fatti, basti pensare al Presidente Trump. Così alla fine il potere finisce per scrivere leggi su misura per i ricchi. Oggi miliardari e manager non ambiscono soltanto a guadagnare per andare in giro in Ferrari o in vacanza sullo yacht, no … vogliono comprarsi la loro impunità”.

“Una impunità da un sistema che gli garantisce di spostare lavoro là dove costa meno, di guadagnare in borsa indipendentemente dalla ricchezza che producono, di parcheggiare i loro patrimoni nei paradisi fiscali, al riparo dalle tasse, quelle che invece servono a redistribuire la ricchezza”.

Tutta colpa della globalizzazione?

No. La globalizzazione sarebbe un bene ma in un sistema dove la politica non è distinta dal business, il sistema economico non funziona più. Le grandi diseguaglianze sono il sintomo del fallimento dell’attuale sistema economico. La classe politica dovrebbe pensare a tassare, e in modo progressivo, le ingenti ricchezze delle grandi corporation dove anche i vertici finiscono per accumulare ricchezze sproporzionate rispetto ai salari dei loro dipendenti”,

Le grida di allarme si susseguono dunque. Il malessere aumenta. I nuovi populismi sono alimentati, anche in modo strumentale e demagogico, da élite che continuano ad essere distratte, a dimenticarsi della povera gente.

I “Masaniello”, i tribuni della plebe, nascono e fioriscono in tutti i paesi del mondo ottenendo grandi successi elettorali.

Cosa aspettiamo ad intervenire? Cosa aspettiamo a metterci intorno ad un tavolo e “riparare” un modello economico che ci sta portando alla catastrofe? Il tempo è quasi scaduto: bisogna concentrarci su questa priorità politica, economica ed umana.

Ci ritorneremo sopra, state tranquilli, fino a quando non sarà troppo tardi.

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