L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. (Art. 1 della Costituzione italiana).

Nel caos di questi giorni non sarebbe male se riflettessimo e riflettessero sul dettato dell’art: 1 della Costituzione .

Non c’è scritto la sovranità appartiene al popolo e la sua volontà è legge. C’è scritto che questa sovranità deve essere esercitata nelle forme e nei limiti della Costituzione.

I costituenti se decisero di limitare la sovranità del popolo scrivendo che essa deve essere esercitata rispettando le forme e i limiti che la Costituzione stessa prevede qualche ragione dovevano averla.

In questi tempi sul tema della sovranità del popolo c’è parecchia confusione, in parte per ignoranza, ma molto per convenienza.

La  nostra è una democrazia parlamentare e la sovranità del popolo viene delegata, con libere votazioni, ai rappresentanti del popolo che siedono nei due rami del parlamento. Molti pensano o invocano che il nostro sia un sistema di democrazia diretta.

Ma così non è.

Si tratta quindi di una sovranità non esercitata direttamente ma delegata alla rappresentatività degli eletti, tenuti anche loro ad esercitare questa sovranità delegata, nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Così dovrebbe essere, ma non è.

All’interno di questo quadro, le proteste contro un altro potere costituzionale che interviene per fare rispettare le forme e i limiti dell’art. 1, applicando l’art. 92, sono giustificate? Penso di no, fermo restando che ognuno può pensarla come vuole.

Detto per inciso si tratta di un potere (art.92) che ha una discreta casistica di interventi noti e chissà quanti non noti.

La polemica divampa e si invoca l’art. 90: messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica.

Stanno saltando le regole che ci tengono insieme come nazione, o peggio ancora viviamo un momento in cui le regole possono essere interpretate secondo convenienza.

A mio sommesso parere tutto questo si verifica perché prevale su qualsiasi ordine, su qualunque gerarchia di istituzioni e di valori, su qualunque corpo di leggi, la volontà della piazza telematica che è un soggetto non previsto da nessun articolo della nostra Costituzione. Ciò non di meno la piazza telematica viene brandita come una clava da abbattere sulla testa dei riottosi, come un giudizio ultimo e definitivo, un giudizio di Dio in altre parole un’ordalia.

Si tenta di arginare questa deriva, cercando di spiegare che la nostra democrazia non è una democrazia diretta, ma una democrazia parlamentare e che il potere legislativo è rappresentato dal parlamento e non è nelle mani del popolo che lo ha delegato.

È fatica sprecata perché si continua a interpellare la piazza telematica su qualsiasi legge, su qualsiasi argomento politico che riguardi la comunità dimenticando che le piazze telematiche sono di parte, non rappresentano la comunità nazionale, ma solo quella parte di comunità che aderisce a quella piazza telematica.

Si sottopone l’approvazione del programma di Governo alla propria parte, ottimo, e la funzione dell’opposizione?

Ma questo non conta, il popolo si è espresso  e quindi la sua volontà è legge. Io non so dire quali ripercussioni avranno sulla nostra vita democratica e sociale l’invasione delle reti.

Quello che vedo è una spinta sempre più forte verso forme di democrazia diretta che inevitabilmente porteranno allo scontro gerarchia-competenza vs rappresentanza-piazza.

Forse non esistono precedenti o forse sì, anche se con una numerica completamente diversa.

Quando Gutenberg incontrò Lutero, nessuno dei due immaginava cosa avrebbe scatenato l’invenzione dell’uno e la protesta dell’altro.

La prima stamperia di Gutenberg fu aperta a Magonza tra il 1446 e il 1450. In poco tempo tutte le grandi città e capitali d’Europa ebbero una o più stamperie.

Senza Gutenberg, Lutero forse sarebbe diventato uno dei tanti eretici condannati al rogo dalla chiesa cattolica.

In principio le 95 tesi di Lutero contro le pratiche corrotte della chiesa romana, furono inviate per lettera all’arcivescovo di Magonza il 31 ottobre 1517 e non è del tutto chiaro se una copia delle tesi fu affissa al portale della chiesa  del castello di Wittenberg.

In queste condizioni quale diffusione avrebbe potuto avere la protesta di Lutero? Nessuna.

Quando Lutero nel 1521 (4 anni dopo) venne condannato come eretico, i suoi scritti circolavano in tutta Europa in lingua tedesco e non in latino che era la lingua dell’élite clericale.

Le guerre provocate dalla Riforma attraversarono tutta l’Europa e con le migliaia di morti restano consegnate ai libri di storia.

Ma quella rete rivoluzionaria chiamata Riforma provocò delle conseguenze che sconvolsero l’assetto sociale della comunità europea. Dopo la rivoluzione di Lutero gli stati protestanti dimostrarono maggiore dinamismo economico perché la Riforma condusse a una estesa riallocazione delle risorse del settore religioso verso quello secolare. In molti territori dell’Europa due terzi dei monasteri furono chiusi e le proprietà fondiarie ed altri beni immobili finirono nelle mani dei sovrani laici che li rivendettero a nobili e cittadini che se lo potevano permettere.

Allo stesso tempo la stampa che aveva reso possibile la Riforma produceva conseguenze non intenzionali.

Nel 1383 la scrittura di un singolo messale era costata al vescovo di Westminster l’equivalente di 208 giornate lavorative di uno scriba.

Nel 1640 venivano venduti in Inghilterra più di 300.000 almanacchi popolari di 45-60 pagine al prezzo di soli 2 pence in un epoca in cui la paga giornaliera di un lavoratore qualificato era di 11 pence.

Prima della Riforma la vita culturale dell’Europa era fortemente incentrata su Roma. Dopo la rivoluzione di Lutero, la rete culturale dell’Europa cambiò completamente. Dopo il 1500 non tutte le strade portavano a Roma.

Questa non è la sede per ripercorrere tutti i profondi cambiamenti che la Riforma di Lutero involontariamente provocò.

I pochi cenni esposti sono sufficienti a chiarire che quelle che noi chiamiamo rivoluzioni, non tutte quando nascono, si ripromettono i risultati  che ottengono.

Tornando ad oggi, vedo che le spinte provenienti dalle reti e da chi le orienta, vanno nella direzione di una democrazia diretta invocando tutto il potere al popolo che viene interrogato su qualsiasi argomento non sapendo, il popolo, che la risposta spesso è insita nella domanda.

Il quale popolo poi si incarta perché finisce per eleggere direttamente un Capo, un Presidente, un Segretario Generale, un Dittatore ecc… ai quali delegare il potere. E il potere al popolo che fine ha fatto?

Ci stiamo incamminando a grandi passi sulla strada più breve per andare incontro a sistemi di governo già esistenti, definiti con brutto termine: Democrature.

In attesa di eventuali armageddon non sarebbe male se ci attenessimo alla Costituzione vigente senza stiracchiarla da tutte le parti.

Qualcuno sostiene che andrebbe aggiornata, è probabile, ma non con i colpi di mano.

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