Quello che sorprende non è tanto la rabbia violenta quanto il grido di non appartenenza a nessun partito.

L’indipendenza, l’autonomia, la voglia di gridare la propria protesta, questa volta, senza intermediari. Il dire BASTA ad una situazione insostenibile attraverso una protesta diretta, senza deleghe a nessuno.

Un week end in Francia e alcuni, diversi incontri con amici parigini, riportano un quadro sorprendente e preoccupante della situazione francese.

Al di là delle violenze perpetrate nelle Avenues intorno all’Arco di Trionfo, il cuore di Parigi, violenze che hanno ricordato per la rabbia e la razionalità dimostrate dai partecipanti, le barricate del 1968, la cifra che emerge da questa vera e propria rivolta, inutile fare tanti giri di parole, è la sua assoluta e voluta “apartiticità”.

Nei filmati dei telegiornali e nei racconti dei testimoni parigini presenti ai disordini, si vedono e si sentono chiaramente rappresentanti della destra del Rassemblement National (ex Fronte Nazionale) a braccetto con elementi dell’estrema sinistra, il partito degli Insoumis. Una “convergenza della sommossa” come l’ha definita qualcuno, assolutamente innovativa e sorprendente.

Nessuna bandiera dei partiti parlamentari, nessun rappresentante degli stessi è stato ammesso alla marcia di protesta.

Questo il primo dato che emerge dai sabati parigini giunti alla terza consecutiva puntata.

Il governo – ha detto al Corriere della Sera Julienne Terrier, 31 anni, 2 figli, ex sergente dell’aviazione e oggi titolare di una piccola impresa edile vicino a Grenoble uno degli otto portavoce della protesta dei Gilet Gialli –  ha cercato di togliere credibilità al nostro movimento in tutti i modi. Ci hanno accusato di essere di estrema destra legati a Marine Le Pen, poi di estrema sinistra legati a Jean-Luc Melenchon. Poi ci hanno addirittura additato come terroristi. In realtà noi ci opponiamo ad ogni strumentalizzazione politica o sindacale. Non permetteremo a nessuno di mettere il cappello sulla nostra battaglia politica non partitica”.

Da cosa nasce il malessere deflagrato a Parigi in violenze inimmaginabili?

Pickett se n’è occupato da parecchi mesi: stiamo parlando del disagio delle classi medie e medio-basse che non riescono più ad arrivare al fine mese. Certo si parte dalla crisi del mondo del lavoro, dalla difficoltà di riuscire a trovare un posto per chi ha perso il suo o per chi cerca il suo esordio nel mondo del lavoro. Ma la tragedia non è soltanto ristretta in questo perimetro. La gente che vive nei territori abbandonati dal grande flusso verso i grandi centri si sente esclusa dal progresso e dallo sviluppo. Isolata in territori senza connessioni tecnologiche, senza speranze, senza alcuna chance di poter avere fiducia nel futuro. In più, e questo è il dato nuovo sul quale confrontarci, il grande grido di dolore che emerge dalle piazze francesi riguarda la consapevolezza della diminuita capacità di acquisto dei cittadini medi nell’attuale contesto economico.

Si sentono spesso commenti del tipo “Quello che pagavo fino a qualche anno fa 1 euro, ora costa 1,50/2 euro. Ciò mentre il mio salario è rimasto sostanzialmente identico”.

Una perdita di capacità di acquisto che tocca trasversalmente l’80% della popolazione che, in misura maggiore o minore, risente in maniera drammatica del fenomeno della cosiddetta “nuova povertà”. Il non potersi più permettere un livello di vita dignitoso e adeguato alle fatiche messe in campo per mantenersi il lavoro e conquistarsi uno stipendio ormai indecente.

A fronte di questa minor capacità di spesa causata dagli aumenti dei prodotti e dei servizi, la spirale del malessere viene anche incrementata dalla visione quotidiana degli sprechi e della corruzione esistente nel sistema, soprattutto con riferimento a quello pubblico. E allora ogni aumento delle imposte crea ulteriore malessere: “Mi si chiede un ulteriore sacrificio in termini di fiscalità e non si mette mai mano ai due grandi e veri problemi delle nostre pubbliche amministrazioni: gli sprechi e la corruzione. A fronte del mio sacrificio corrisponde una pubblica amministrazione che scialacqua il denaro a vantaggio di pochi e spesso in maniera illecita”. In Francia, l’innesco della protesta è stato proprio l’aumento del prezzo della benzina. Ovviamente in un paese praticamente senza servizi pubblici di trasporto questo aumento ha toccato drammaticamente tutti i cittadini che si devono spostare quotidianamente per motivi di lavoro: non certo le classi alte, ma tutte le classi medie e basse!

Come ci siamo detti più volte, ormai la disuguaglianza tra pochi ricchi e molti poveri ha raggiunto livelli non ammissibili eppure, nonostante ciò, a Pickett non sembra che le classi dirigenti dei vari paesi europei si siano fatte carico di questo tema, considerandolo una priorità. Immaginando quindi interventi economici ma anche normativi che possano incominciare a dare risposte concrete a questo malessere generalizzato e ormai declinato in forme di violenza nelle piazze.

E qui inizia un ragionamento complesso e delicato che riguarda il programma elettorale di alcune forze politiche europee che “montano” sul malessere esistente per costruirsi una leadership. Questa strategia, affiancata alla costruzione di un clima di paura e di insicurezza, dà luogo a progetti legislativi ed economici fondati su una propaganda che a breve potrebbe portare consenso, ma a medio termine distruggerà la coesione sociale.

Il tema del reddito di cittadinanza ad esempio, trattato con superficialità e velleitarismo, rischia di vanificare una discussione che invece dobbiamo porci e dobbiamo sviluppare per cercare delle soluzioni giuridiche ed economiche che in qualche modo arginino nel prossimo futuro il mercato del lavoro profondamente contaminato dalle rivoluzioni tecnologiche ed in particolare dall’Intelligenza Artificiale. Ma un discorso serio, progettuale, sostenibile dal punto di vista economico, non può essere contaminato dalla propaganda, perché allora il risultato si inquina, non dà luogo a valore, non porta a conclusioni che possano nel breve termine dare risposte concrete e costruttive a quelle classi medie e medio-basse che danno sfogo alla loro esasperazione scendendo in piazza e affiancando i gruppuscoli più violenti.

Che cosa vogliono infatti i Gilets Jaunes?

In sintesi quanto segue: l’apertura di Stati Generali che ridefiniscano il perimetro della fiscalità esistente; una conferenza sociale e nazionale che fissi una politica attiva delle questioni del lavoro; un dibattito regionale sui problemi della mobilità e dell’organizzazione del territorio; l’adozione dello scrutinio proporzionale per le elezioni legislative affinché la popolazione sia davvero rappresentata in Parlamento. Ci sono poi richieste più specifiche come l’aumento del salario minimo garantito e un miglioramento dell’assistenza sanitaria che ha subito di recente tagli importanti.

Insomma i “forgotten” vogliono uscire dall’isolamento e riacquistare un ruolo decisorio nella rivisitazione del modello di coesione, auspicabilmente pacifica, delle nostre vite.

Il reagire agli incidenti attraverso operazioni di puro ordine pubblico, potrebbe essere non solo sbagliato ma addirittura contro indicato.

Per ora i Gilet Gialli hanno rifiutato qualsiasi incontro con il Primo Ministro Edouard Philippe in quanto è stata negata loro la possibilità di diffondere il contenuto della riunione via internet. “Trasmettere La riunione in diretta sarebbe stata una forma di partecipazione e soprattutto di trasparenza. Noi vogliamo la trasparenza e il dialogo ma ribadiamo che non ci può essere l’uno senza l’altra” ha precisato uno degli 8 rappresentanti del movimento parigino.

Il compito del Presidente Macron è dunque molto difficile ma non impossibile. Il dialogo va aperto e ovviamente va ribadita l’assoluta necessità che tutte le future manifestazioni siano pacifiche e non degenerino in violenze inammissibili.

Detto ciò e riaffermati quindi i principi fondamentali dei diritti dello stare insieme, bisogna che il Presidente francese dia un segnale forte in termini di politiche attive a favore di classi sociali che non ce la fanno più. Non arrivano a fine mese. Non riescono più a coniugare il pranzo con la cena. Ciò quando, invece, nello stesso momento, ci sono alcune minoranze di ricchissimi che ottengono ulteriori agevolazioni fiscali o detassazioni dei loro patrimoni. A questa distorsione bisogna porre fine e in fretta.

Una contemporanea debolezza politica di Macron in Francia e di Angela Merkel nel suo paese costituiscono infatti una tragica fragilità per il partito europeo che si presenterà alle prossime elezioni di maggio per salvare l’Unione Europea.

Stiamo a vedere cosa farà Macron ma anche… cosa succederà sabato prossimo alla quarta puntata dei week end organizzata dai Gilet Gialli.

 

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