Dal Belgio arriva un’altra ricetta per la smarrita sinistra europea.

Dopo l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, ci prova anche la politologa Chantal Mouffe che insegna all’università di Westminster nel Regno Unito, non lontano da Canterbury. Evidentemente le menti più fine che operano in Gran Bretagna, pur in fase di addio-arrivederci all’Unione Europea (Pickett è stato nei giorni scorsi a Londra dove si respira però un’area di nuovo referendum sul Leave or Remain: c’è consapevolezza dello sbaglio compiuto e molta voglia di rimettere le cose a posto) vogliono lasciare pensieri, stimoli e progetti per un grande rilancio della sinistra ormai costantemente sotto scacco e punita dagli elettori.

L’analisi e la soluzione proposte dalla Mouffe sono interessanti perché diverse dal think-thank promosso da Justin Welby e di cui abbiamo parlato in un precedente contributo. Già il titolo del suo ultimo lavoro schiude le porte alla proposta della politologa belga: “Per un populismo di sinistra” (“For a Left Wing Populism”). Potrebbe sembrare una contraddizione, quasi un ossimoro. Invece la Mouffe indaga proprio in quella zona grigia delle insicurezze dei cittadini europei per poi trarre delle conclusioni interessanti e suggestive. L’accoppiata ambientalismo e ruolo delle donne nella società dovrebbe essere, in sintesi, la sfida vincente come, proprio in questi giorni, ci dimostrano i risultati delle elezioni amministrative in Baviera. Un rilancio sia delle idee dei Verdi anni ’90 collegate con l’attuale preoccupante contesto ambientale mondiale, sia della necessità di una nuova leadership femminile finalmente liberata dalle catene imposte da millenni di soprusi e razzismo di genere.

La sinistra farebbe bene – scrive la politologa belga – a mettere un po’ di populismo nel motore. Ricreando frontiere politiche, il “momento populista” punta ad un ritorno del politico dopo anni di post-politica. Questo ritorno può favorire soluzioni autoritarie ma anche portare ad una riaffermazione e a una estensione dei valori democratici… Un “momento populistico” – secondo la Mouffe – è quando sotto la pressione di trasformazioni politiche o socio-economiche, l’egemonia dominante è destabilizzata dalla moltiplicazione di domande insoddisfatte”.

Secondo la professoressa non serve una rottura rivoluzionaria con il regime liberal-democratico ma una “radicalizzazione dei principi etico-politici del regime liberal-democratico: libertà e uguaglianza per tutti”.

Il riferimento storico è dunque la rivoluzione francese e la Mouffe crede che “una società radicalmente democratica possa arrivare a differenti pratiche socio-economiche rispetto a quando la democrazia era articolata secondo il libero mercato, la proprietà privata e un individualismo senza limiti”.

La Mouffe si inventa una nuova etichetta che sembra quasi un ossimoro: “Il riformismo radicale”. Un pensiero che si schiera, distinto e distante sia dall’estrema sinistra, sia dai cauti riformisti liberali.

Secondo la Mouffe il compito più urgente di questa nuova sinistra populista e radicale diventa la costruzione di un popolo che combini le varietà delle resistenze democratiche per stabilire una formazione egemonica più democratica: “Un obiettivo che non può che attuarsi in una cornice nazionale che riconosca una forma popolare di sovranità, anche se più aperta rispetto a quella proposta dal populismo di destra, con una nuova attenzione al ruolo della leadership. Con questo obiettivo si potrà fare appello a elettori che finora non si identificavano con la sinistra e grazie ad una adeguata politica egemonica, una alternativa progressista potrà attirare molta più gente di prima”.

Come dicevamo all’inizio, la politologa belga lancia un grido di speranza per la sinistra europea: bisogna però che essa non si accartocci sulla revisione di modelli superati ma individui un percorso che possa dare risposte alla rabbia e al malessere che caratterizzano molte delle popolazioni che abitano nel nostro continente. Magari proprio con una forma di populismo analogo a quello attualmente “di moda” ma profondamente diverso nei valori di libertà e soprattutto di uguaglianza che pur rifacendosi alla Rivoluzione Francese devono essere rivisitati per rimodellare il sistema capitalistico in modo più progressista e meno speculativo.

Anche in Italia, qualcosa si muove.

La generale convinzione che “l’opposizione non esiste” a prescindere da quello che dice e propone, è dura da smontare. Si è creata una situazione che Federico Geremicca su La Stampa chiama “La maledizione della percezione”: il PD è vittima di un pregiudizio-giudizio “a prescindere” per dirla alla Totò. Non viene più accreditato di una seria legittimazione a proporre alternative al “Contratto” dell’attuale governo.

Zingaretti cerca di rompere questa spirale, questo oscurantismo di idee, scendendo in campo e socializzando, proprio in questi giorni, il suo manifesto programmatico. Provate a leggerlo avendo a mente quanto scritto da Justin Welby e teorizzato dalla professoressa belga Chantal Mouffe.

Ne ricaverete spunti per riflessioni costruttive, anche e soprattutto sulle differenze tra i tre programmi.

Abbiamo cercato di spacchettare il documento Zingaretti per punti, sperando di non aver tralasciato nulla di importante.

Zingaretti parte da una constatazione fotografica: sono cresciute in maniera significativa la povertà e le disuguaglianze ed è aumentata la frustrazione rispetto alle aspettative di benessere.

Di fronte a questo deterioramento dell’equità sociale, la sinistra non ha saputo interpretare e rispondere efficacemente al bisogno di sicurezza e di protezione che ci chiedevano le persone, soprattutto i più giovani.

Deve nascere dunque un pensiero che si origina da un concetto semplice: “Ora prima le persone” e intorno alle persone costruiamo un nuovo modello di società. Bisogna dimostrare che non abbiamo perduto la percezione dei luoghi dove c’è sofferenza e disagio. Questa è la sfida per il futuro.

L’Italia ha bisogno di più crescita ma soprattutto di una straordinaria iniezione di giustizia: una nuova piattaforma che sappia coniugare la crescita con l’equità in un nuovo modello di sviluppo fondato sulla sostenibilità ambientale e la qualità della vita delle persone.

Uno sviluppo che deve rispondere non solo alle necessità del presente, perché ciò vorrebbe dire compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni. Dobbiamo adottare globalmente misure per la sostenibilità ambientale del pianeta: se no ci saranno conseguenze devastanti e i più poveri saranno i più esposti a queste minacce.

La green economy può essere inoltre una gigantesca opportunità per centinaia di migliaia di imprese italiane per innovare, crescere e creare lavoro.

Per mettere in moto però le risorse finanziarie, che ci sono e sono state programmate, e poterle spendere dobbiamo fare un grande sforzo di semplificazione e accelerazione delle procedure. Questo è un punto sul quale Zingaretti presenterà una proposta operativa nei prossimi giorni. Questo è un punto che per Pickett ha priorità 1 nell’impostazione di un New Deal per il paese.

Zingaretti immagina due grandi fronti di azione per l’equità sociale: (i) le politiche redistributive e (ii) le politiche pre-distributive. Per quanto riguarda le prime, bisogna alleggerire il carico fiscale sui redditi medio-bassi e sulle famiglie con figli minori a carico che hanno un tasso di povertà nettamente più alto della media. L’opposto della Flat Tax. Contemporaneamente bisogna rafforzare il reddito di inclusione invece che sprecare denaro con l’utopia del reddito di cittadinanza. Per quanto riguarda le politiche pre-distributive, necessarie per far ripartire l’ascensore sociale, Zingaretti immagina un grande intervento sulle nuove generazioni. Un investimento dell’1% del PIL mirato agli asili nido, alla lotta contro la dispersione scolastica, all’estensione della gratuità dei libri di testo, ad una più generale nuova politica per il diritto della conoscenza.

Bisogna mantenere il Job Act modificandolo in alcune parti e individuando delle iniziative innovative legate alle politiche attive e alla previdenza. Bisogna rendere flessibile l’età di pensionamento in modo più equo e sostenibile rispetto alle proposte dell’attuale governo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.