Il dubbio nasce spontaneo. Figlio di una sorpresa surreale. Ma Carla Alfano, preside del liceo Virgilio di Roma, e il ministro della pubblica istruzione Valeria Fedeli, vivono nello stesso paese? Lavorano nello stesso contesto scolastico? Hanno a che fare con gli stessi interlocutori?
A Pickett sembra proprio di no. E proviamo a spiegarvi il perché.
Riassunto delle puntate precedenti. Negli stessi giorni in cui a Roma scoppia il caso del liceo Virgilio, a prima vista un covo di drogati, erotomani e teppisti, il ministero della pubblica istruzione emana un provvedimento che di fatto abolisce il voto in condotta. Quel “totem “angosciante che ha accompagnato tutto il percorso delle nostre scuole con l’incubo del famoso e terrorizzante “sette in condotta”, che significava “andare a settembre” con tutte le materie a prescindere dalla nostra più o meno espressa attitudine di bravo studente nelle singole materie del nostro corso. Un’onta che travolgeva il risultato ottenuto negli studi, risultato magari anche eccellente, in quanto il nostro comportamento in classe o nei locali della scuola in generale, era stato contrario all’educazione, alla convivenza civile e pacifica tra studenti e tra studenti e professori, alle norme comportamentali oggettivamente riconosciute dalla comunità scolastica come fondanti per imparare a vivere da futuri cittadini , rispettando “gli altri”, le gerarchie , “uno stare insieme “virtuoso ed etico.
Ebbene, in uno slancio innovatore che si commenta da sé, il ministro Fedeli ha abolito il voto in condotta ritenendolo superato, ormai marginale, quasi offensivo per gli studenti; non più un parametro adeguato a giudicare i ragazzi e le loro condotte nella scuola.
La decisione del ministro potrebbe essere considerata anche una conquista importante per la comunità degli studenti e per la valutazione generale del sistema scolastico italiano. Se infatti fosse basata su studi ed analisi che evidenziassero una raggiunta maturità civica del mondo degli studenti tale da non costituire più un problema da gestire e, se del caso,, reprimere, non ci resterebbe che prenderne atto con soddisfazione e orgoglio di genitori. Significherebbe che I nostri ragazzi sono diventati così maturi, seri e consapevoli dei loro doveri che non meritano più di essere giudicati con un voto banalmente e miseramente numerico per i loro comportamenti in classe o nella scuola. Ma questa è la fotografia vera della realtà scolastica del nostro paese? Ma i fenomeni di bullismo, di violenza fisica e psicologica , che accadono drammaticamente ogni giorno in molte scuole italiane , sono conosciuti dal ministro Fedeli e dal suo staff?
Aldilà delle forse possibili esagerazioni, nel caso del liceo Virgilio, erano così strane ed inusuali le grida di allarme lanciate dalla preside Alfano riguardo a condotte degli studenti inammissibili, ingiustificabili e oggettivamente pericolose? L’innovazione della nostra scuola e’ cosa “buona e giusta”: ne siamo assolutamente consci. Ma se questa innovazione deve passare attraverso l’abolizione dei simboli cardine del corretto funzionamento delle relazioni tra tutti i soggetti che operano all’interno del sistema, abbiamo parecchi dubbi sulla sua virtuosità.
Il voto in condotta ha costituito per decine di studenti italiani il deterrente a sfogare la propria esuberanza giovanile superando il limite del consentito. Il “sette in condotta” è stato il nostro incubo quando siamo stati protagonisti di malefatte più o meno gravi come studenti. Il simbolo di un ordine che bisognava rispettare se no, in caso contrario, scattavano delle sanzioni gravissime per il nostro percorso di formazione e quindi per il nostro futuro. La nostra generazione è stata educata ed è cresciuta su alcuni principi fondamentali: il rispetto delle istituzioni innanzitutto. Quando si tornava a casa con un brutto voto la colpa era sempre nostra mai del professore che ce lo aveva affibbiato. Quando si tornava a casa con una manganellata sulla testa, la responsabilità era sempre nostra mai del poliziotto o del carabiniere che ce l’aveva data. Oggi la situazione è profondamente diversa: direi stravolta! Vengono impugnati al Tar i voti dei professori, le loro decisioni sulle promozioni o bocciature dei nostri ragazzi. E ,purtroppo a nostro avviso, a volte ottenendo anche un verdetto favorevole al ricorrente .
In un contesto così già confuso, eticamente devastato, demagogico e deleterio per consolidare l’autorevolezza dei professori e il funzionamento del sistema, si è inserito questo provvedimento del ministro della pubblica istruzione. Un provvedimento che lascia a bocca aperta chi ama sul serio la nostra scuola e ha a cuore una formazione sana, moderna e competitiva dei nostri ragazzi. Questa è la vera sfida competitiva del nostro paese: non la rottamazione dei suoi istituti più antichi e fondamentali come il voto in condotta.

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