C’è qualcosa di peggio del razzismo. Oggi scopriamo di sì: è nato vicino a Noi, dentro di Noi nel Nostro paese. Si chiama “razializzazione”: cosa significa?

Lo ha spiegato a Paolo Griseri di Repubblica Aboubakar Soumahoro, 38 anni, un sindacalista ivoriano amico di Soumayla Sacko, il bracciante ucciso a S. Ferdinando.

Semplice: tu sei straniero – ha detto Aboubakar al giornalista di Repubblica – quasi sempre nero. Dunque sei ricattabile. Dunque ti pago meno”. Questo è il razialismo: approfittare della differenza di pelle, quindi della non protezione giuridica, per schiavizzare i dipendenti.

A chi date fastidio?

A quelli che ci tengono alla permanenza nella gabbia costruita dalla Bossi-Fini. Se protesti ti licenziano, se ti licenziano ti tolgono il permesso di soggiorno, senza permesso di soggiorno entri in clandestinità”.

Siamo di fronte a un vero e proprio ricatto: “Lavori 12 ore al giorno – continua Aboubakar – ma sul contratto ne segnano molte di  meno. Così non pagano le tasse e a fine mese la tua busta paga ufficiale è di 50 euro”.

A fine mese non arrivano neanche a 1000 euro

Si arriva a stento a 6-700 euro. Ma dipende se piove, se ti scelgono per lavorare. Per questo viviamo nelle baracche: come si fa a essere sicuri dello stipendio? La bolletta dell’affitto scatta tutti i mesi”.

Secondo il sindacalista ivoriano in Italia il razzismo non c’era ma oggi è presente. Ne spiega anche le ragioni: “In questi 17 anni di Italia l’ho visto arrivare. Prima gli italiani erano timidi. Facevano le battutine, come se avessero pudore. Si capiva quello che pensavano ma si intuiva anche che non osavano dirlo. La situazione è peggiorata con la crisi. Molti di quelli che si sono impoveriti hanno cominciato a pensare che la colpa delle loro disgrazie fossimo noi. I timidi di ieri sono diventati coraggiosi. Hanno cominciato ad urlarmi per strada “negro, vattene nel tuo paese”. Due volte, sull’autobus, agli insulti hanno aggiunto le botte”.

Che reazione avete avuto?

Abbiamo deciso di studiare. Io e i miei compagni ci siamo messi a studiare sociologia. Ci piace molto il pensiero di Di Vittorio che faceva il sindacalista nelle campagne del sud italiano, come noi. Lui denunciava il fatto che i profitti si alzano e i salari non li seguono. Poi abbiamo incominciato a parlarne agli immigrati come noi di Gioia Tauro. Facciamo assemblee con tutti i braccianti, senza distinzioni di nazionalità. Ci teniamo molto che gli italiani siano con noi. Sono loro, che hanno più diritti, a poter contrattare i salari con i contadini. E anche con lo Stato”.

Qual è la vostra vera controparte?

“Sono i padroni della grande distribuzione. Chiunque vada al supermercato capisce che le arance e i mandarini, a quei prezzi, si possono avere solo pagando la gente in nero a 2.5 euro l’ora. E questo è uno scandalo. Che è possibile, solo grazie al sistema, che toglie i diritti soprattutto a noi braccianti neri. Per questo dico che siamo oltre lo sfruttamento. Che siamo alla razializzazione: tu sei immigrato, hai la pelle scura, sei ai margini perché sei ricattabile. E le arance costano quattro soldi”.

Aboubakar Soumahoro conclude così il suo racconto: “Io sono un sindacalista. Il mio mestiere è difendere i diritti dei braccianti. Chiunque ci voglia dare una mano è il benvenuto e valuteremo insieme se possiamo fare un pezzo di strada insieme. Ma per me è chiaro che fino a quando rimarrà in piedi anche solo una baracca di braccianti, costretti a vivere sotto le lamiere, il mio mestiere sarà quello di rimanere lì a lottare per poter abbattere un giorno quella baracca”.

Coniugare legalità con solidarietà. Pickett lo aveva scritto un anno fa. Questa è la sfida. Il caso di S. Ferdinando, al di là di chi sia stato l’assassino e per quale movente, ci ha offerto una fotografia di un vero, tragico sfacelo della condizione degli immigrati in Italia.

Una sorpresa? No, ma una scioccante presa d’atto.

E’ una vergogna per un paese civile convivere con questo tipo di realtà. I nuovi schiavi del sud devono essere liberati e il governo, come ha scritto Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera, deve muoversi contro questa vergogna che sporca la nostra storia, la nostra cultura, la nostra immagine.

Il campo va distrutto. I suoi ospiti ricoverati SUBITO in qualche struttura dignitosa. Il sindacalista Aboubakar assunto come consulente del governo per capire cosa stia succedendo davvero nel nostro paese e per intervenire in modo tale da far cessare questa ignominia.

Questo è il paese in cui ci piacerebbe vivere.

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