Negli ultimi tempi, almeno nel mondo digitale, la benzina delle startup sembra essersi esaurita. In altre parole, le nuove micro imprese ad alto contenuto tecnologico ed il cui core business è indissolubilmente legato ad Internet, non riescono più a raccogliere il denaro di cui necessitano per crescere e prosperare. D’altronde, dato il crescente numero di fallimenti, gli investitori non credono più che realtà imprenditoriali dal capitale limitato possano competere con le enormi multinazionali che si spartiscono il web ed i cui i maggiori esponenti vengono spesso identificati con l’acronimo GAFA (Google, Amazon, Facebook, Apple).

Paradossalmente, proprio questi ultimi fungono ancor oggi da modello al quale nuove startup aspirano. Ciò non è un caso, considerato il ruolo rivestito dagli stessi nell’evoluzione di Internet e che ha portato ad un sostanziale passo avanti dalle logiche di mercato del “vecchio” web 1.0.

Infatti, nei lontani anni 2000 la rete era dominata per lo più da enormi content provider, i quali utilizzavano la stessa come semplice mezzo di comunicazione alternativo alla radio ed alla televisione, non sfruttandone appieno l’enorme potenziale. Eppure, la rivoluzione tecnologica dei supporti informatici, cominciata alla fine degli anni ’80 e proseguita fino alla fine degli anni ’90 del secolo scorso, aveva permesso la diffusione di devices sempre più ridotti ed efficienti, ovvero facilmente in grado di essere trasportati e quindi capaci di connettere, in ogni momento, persone da tutto il mondo.

Alcuni fra studenti ed operatori informatici compresero che la ristretta comunità virtuale poteva espandersi, trasformando così Internet nel motore integrante, ed al contempo fondamentale, dell’economia del futuro.

Con queste premesse, una generazione di sognatori scardinò il vecchio sistema, ridisegnando le regole della rete e ponendo le basi per un mercato molto più competitivo e dinamico.

Iniziò così l’era del web 2.0.: gli obsoleti content providers persero gradualmente la loro influenza ed al contempo nacquero migliaia di piccole imprese, le quali elessero la Silicon Valley come luogo simbolo della rivoluzione.

Da quel momento ed ininterrottamente, il mercato virtuale ha continuato ad espandersi. Tuttavia se, almeno inizialmente, non esistendo grandi gruppi di interessi, la ricchezza era maggiormente diffusa, con il tempo alcune società iniziarono ad assumere dimensioni sempre più impressionanti, sostituendo, nei fatti, i vecchi giganti della rete.

Ad oggi, si è dunque giunti ad una nuova situazione di sostanziale monopolio. Tuttavia, le piccole imprese, a differenza di quanto avvenuto nel web 1.0., non riescono più a creare un modello alternativo a quello dei membri del GAFA, nei quali, è doveroso ricordare, continuano a lavorare alcune fra le menti che diedero il via alla rivoluzione.

Questa situazione è vista con diffidenza da molti, che considerano finita l’era del web 2.0. e credono che ci si debba aspettare un’era del web 3.0. nella quale la rete sarà sempre più succube delle multinazionali. Secondo tale visione, le grandi imprese, per loro natura e conformazione, non sarebbero in grado di portare il dinamismo di cui la Internet ha bisogno per continuare ad innovarsi ed a offrire nuovi servizi ai consumatori. In questo contesto la comunità virtuale risulterebbe sempre più impigrita, frustrata e soggetta a logiche che, alla lunga, potrebbero seriamente danneggiare il mercato digitale.

Altri, in minoranza, esortano a guardare positivamente i dati sull’economia e ritengono che questo nuovo monopolio non sia affatto svantaggioso: infatti, le grandi imprese garantirebbero prezzi più competitivi, tutelerebbero maggiormente i lavoratori e, grazie alle ingenti risorse investite, permetterebbero una più rapida innovazione.

Di certo, fra i più ottimisti ed i più pessimisti vi è la comune constatazione che, sulla rete, nei prossimi tempi, sembra vi sarà uno spazio di crescita e sviluppo estremamente limitato per le startup. La logica conseguenza di tutto ciò sembrerebbe essere che, forse, il sogno della Silicon Valley si sia davvero concluso.

Tuttavia, l’influenza di Internet sui caratteri della società porta chi scrive a pensare che, se non nei prossimi mesi, nei prossimi anni, le mutazioni economiche unitamente alla spinta riformatrice delle recenti normative nazionali ed internazionali in materia, potrebbero nuovamente aprire nuovi spazi commerciali in cui le piccole imprese possano tornare a rivestire un ruolo di primo piano sulla rete. Ciò non vuol dire che dovrà necessariamente esservi una nuova rivoluzione del mondo virtuale. All’opposto, a differenza di quanto pensano i più scettici, attraverso una pacifica convivenza fra piccole imprese e multinazionali, si potrebbe, nel rispetto delle regole del buon mercato, contribuire ad un web 3.0. dove vi sia ancora spazio per chi ha sogni, capacità e determinazione.

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