Il recentissimo contributo di Pickett che affronta la problematica relativa ai nuovi poveri ed alle difficoltà che si incontrano nell’offrire agli stessi un aiuto offre importanti e stimolanti spunti di riflessione, che non possono essere ignorati.

I poveri sono tanti e sono sempre più numerosi e più vicini a noi.

Non accorgersene o fingere che il problema non esista è indice del fatto che spesso svolgiamo i più semplici gesti quotidiani senza gli occhi e le orecchie ben aperte; nel semplice tragitto che ci conduce al nostro lavoro, alla nostra casa, al ristorante… è infatti ormai frequentissimo imbattersi in individui che, spesso in situazioni ai limiti della dignità umana, implorano il nostro piccolo aiuto.

Il fenomeno, ormai, non riguarda solo più gli stranieri che arrivano nel nostro Paese in cerca di opportunità e – spesso – restano delusi ma coinvolge, sempre più, anche nostri concittadini che fino a ieri avevano qualcosa e che, da un momento ad un altro, si sono trovati senza più nulla.

E’ di pochi giorni fa l’articolo de La Stampa che racconta la vita di coloro che, non avendo più una casa, si ritrovano a dormire nei vagoni dei treni regionali che transitano tra Milano ed Alessandria; tra costoro, ex ferrovieri, ex muratori ed ex camerieri…insomma persone che, fino a ieri, riuscivano a garantire a sé ed alla propria famiglia un reddito dignitoso e che oggi sono senza niente.

Quali possono essere, dunque, a livello nazionale ed europeo, le misure economiche necessarie a mitigare il fenomeno della povertà?

Il quesito è complesso ed è difficile offrire una risposta univoca.

Il saggio regalatomi da Don Aldo Sarotto (ex Padre Generale del Cottolengo) intitolato “Povertà” (a cura di Carlo Cefaloni, Edizioni Città Nuova, 2016) prova, attraverso contributi di professori ed esperti del settore, ad offrire qualche risposta al nostro interrogativo.

Il professor Leonardo Becchetti, ordinario di Economia politica presso l’Università di Roma Tor Vergata che offre il proprio contributo al volume, rileva come la povertà sia, sostanzialmente, disuguaglianza tra coloro che sono i cosiddetti “super ricchi” ed il resto della popolazione.

Credit Suisse ha reso noto che l’1% della popolazione mondiale possiede più ricchezza del resto del mondo; e tale divario non può che aumentare.

Tale disuguaglianza non può che comportare effetti devastanti, quali il peggioramento della crisi finanziaria; l’assenza di consumo di massa, infatti, comporta un peggioramento delle condizioni di vita dei ceti medio bassi, che saranno costretti a ricorrere all’indebitamento a fronte di salari che continuano ad essere troppo esigui.

Occorre, dunque, ridurre la disuguaglianza esistente attraverso politiche di ridistribuzione della ricchezza.

I singoli stati, le organizzazioni internazionali, Unione Europea in primis, debbono dunque trasformarsi in novelli Robin Hood e mitigare le discrepanze esistenti; ma come?

Quando si parla di interventi per ridurre l’impoverimento si contrappongono le posizioni di coloro che sostengono la misura del reddito di cittadinanza e di coloro che, al contrario, rivendicano l’importanza del lavoro come fattore di emancipazione.

Tale contrapposizione, tuttavia, non è più attuale secondo la Professoressa Chiara Saraceno, che ha insegnato sociologia della famiglia presso l’Università di Torino.

Occorre infatti comprendere che, spesso, politiche di reddito di cittadinanza non hanno comportano una riduzione dell’accesso al mondo del lavoro; al contrario, hanno garantito maggiori libertà di scelta degli individui.

Le istituzioni, dunque, non possono più essere cieche e sorde rispetto ad una problematica così attuale. Non è più possibile sostenere che bastino misure volte a garantire la crescita economica per contrastare la povertà; la crescita economica, infatti, non riduce le disuguaglianze ma se le trascina con sé.

Il Governo italiano pare recentemente avere compreso tutto ciò ed è in fase di studio un progetto volto ad introdurre in Italia il c.d. “reddito di inclusione sociale” (REIS), che nasce da una proposta del 2013 di Acli e Caritas.

Il REIS è volto a garantire a tutti coloro che hanno un reddito al di sotto della soglia minima di povertà il ricevimento di un trasferimento monetario mensile ogni mese, che si sommerà dunque al reddito di ciascuno fino a raggiungere un’entrata mensile idonea ad uscire dalla soglia di povertà assoluta.

E’ presto per dire se tale misura sia la soluzione al problema della povertà, se costituisca solo una cura del sintomo e non della causa ovvero se potrà, finalmente, colmare i divari esistenti; ciò che è certo è che, dopo anni di assordante silenzio, il dibattito sulla povertà si è finalmente acceso anche ai piani alti ed il confronto è aperto davanti a quello che è, a tutti gli effetti, un progetto concreto.

E’ un’enorme sfida, questo è certo, ma a noi, come a Robin Hood, le sfide piacciono.

Giovanna Maggia

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