Forse no! Forse questa volta, proprio all’ultimo minuto (o meglio, dopo il “fischio finale” del voto in Parlamento) la lobby dei balneari ha dovuto alzare bandiera bianca. Ha dovuto prendere atto, per ora, che la battaglia non era vinta, nonostante avesse portato a casa il risultato. C’è voluto “Santo Sergio” a congelare la disposizione del decreto che prorogava di uno o due anni (con scadenza 2024 o 2025) le concessioni dei bagnini dei nostri stabilimenti balneari.

Il Presidente ha fatto un rilievo formale ineccepibile: non decisivo, sia chiaro, perché il Parlamento è sovrano in materia legislativa. Il Presidente della Repubblica, però, vigila sulla legittimità degli atti e, in questo caso, ha sollevato forti dubbi sulla proroga delle concessioni. Soprattutto per cercare di evitare un doppio boomerang politico e giudiziario.

  1. Come sentenziato dalla Corte dei Conti, in ottemperanza alla direttiva comunitaria del 2006 (Direttiva Bolkestein), il regime delle concessioni deve essere messo a gara subito per rispettare le leggi del libero mercato e della concorrenza. L’Italia è già in ritardo di 17 anni!

Il Governo Draghi aveva preso atto e aveva disposto la scadenza obbligatoria di tutte le concessioni al 31.12.2023, con l’obbligo dei Comuni di indire le gare per la nuova aggiudicazione delle concessioni. Oggi, siamo di fronte ad una palese contraddizione tra due norme dello Stato. Il decreto Milleproroghe che… proroga le gare e il decreto Draghi che fissa un termine per indire quelle stesse gare, prorogate dall’altra norma.

Di conseguenza, da domani, ogni giudice italiano, chiamato a giudicare una fattispecie legata al rispetto delle norme sulla concorrenza in materia di stabilimenti balneari, potrebbe legittimamente emanare un provvedimento che obbliga il Comune, finito in contenzioso, a indire un bando di gara per una nuova concessione. Una situazione assurda che il Governo deve sbrogliare al più presto con un intervento legislativo.

  1. Il Presidente della Repubblica Mattarella ha ritenuto però di intervenire sul decreto anche per un altro motivo, di natura politica. Infatti l’Italia sarà destinataria, a breve, di una nuova sanzione da parte dell’Unione Europea, per non ottemperamento delle direttive. L’infrazione è palese e il nostro Governo si troverebbe nell’impossibilità di giustificare un comportamento che si trascina da anni soltanto per la forza della lobby dei “bagnini”.

Quali soluzioni all’orizzonte?

Si ipotizza una concertazione tra Governo, commissioni parlamentari e associazioni di categoria dei balneari per individuare un testo di legge che, da un lato, rientri nel perimetro di quanto disposto dal decreto Draghi ma, dall’altro, tuteli, in qualche modo, quei titolari di concessioni che hanno stipulato importanti investimenti (auspichiamo provati rigorosamente) nei loro stabilimenti balneari di cui si deve giustamente tener conto in sede di nuova gara.

Si immagina di utilizzare lo strumento dei “bandi concordati” in cui il Comune competente, nel testo del bando di gara, prevede delle specifiche clausole a tutela del concessionario in scadenza qualora non fosse lui l’aggiudicatario della nuova gara. Ad esempio, il ristoro da parte del nuovo aggiudicatario della quota parte degli investimenti già effettuati e non ammortizzati dall’ex concessionario.

Continueremo a seguire questa vicenda che tocca direttamente non solo i diritti di noi consumatori ma anche l’immagine e la reputazione di un paese come l’Italia che non può diventare manifestatamente prigioniero di alcune consorterie di natura corporativa.

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