Ce l’hanno fatta, ancora una volta!

Salvo sorprese dell’ultima ora, i cosiddetti balneari italiani hanno vinto un’altra battaglia.

L’ennesima contro il rischio che le loro “magiche” spiagge finissero in gara, sul libero mercato, cioè, a vantaggio della concorrenza, quella sana, e dei consumatori-clienti (Noi…!) taglieggiati da sempre da bagnini “feroci” nel far pagare sdraio e ombrelloni, spesso senza fattura, a prezzi da … Las Vegas.

Così, in barba alle grida popolari di “Vergogna”, sono riusciti ad ottenere l’ennesima proroga: se ne riparlerà nel 2024 ma forse, perché no, nel 2025.

In barba alla sentenza del Consiglio di Stato che intimava la scadenza di fine 2023 e alla formale diffida della Commissione Europea, le concessioni ai titolari degli stabilimenti balneari slittano fino al dicembre 2024 e fino al 2025 per i Comuni alle prese con i ritardi per la mappatura degli stabilimenti medesimi.

Si tratta di 6.823 stabilimenti balneari e di 103.620 concessioni.

Da una indagine parlamentare emergono questi dati: il canone minimo per l’affitto di una spiaggia o comunque di un pezzo di litorale, di proprietà del demanio, è stato rialzato a gennaio di quest’anno, da 2698 euro a 3377 con una entrata per lo Stato di 110 milioni, non tenendo conto, ovviamente, di un tasso di evasione fiscale altissimo.

Numeri incredibilmente bassi se, come scrive Confcommercio, il fatturato nazionale del settore è di circa 1 miliardo o addirittura di 15 miliardi di euro come risulta dalla sentenza del Consiglio di Stato.

Adesso il nostro Paese riceverà la notifica dell’apertura di una procedura di infrazione della legge comunitaria sulla concorrenza, proprio per la mancata parità di trattamento tra gli operatori e il rischio di un vero e proprio monopolio di fatto.

Che Paese straordinario è il nostro, nelle mani di più o meno 100 mila concessionari di spiagge, indifferenti ad ogni legge, regolamento, dovere giuridico e civico!

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