Siamo seduti su un vulcano che sta per esplodere … e nessuno ci avvisa! O meglio, qualche controllore dei mercati finanziari lo scrive, ma la notizia rimane relegata alle scrivanie dei protagonisti di quel mondo. Non passa al grande pubblico dei risparmiatori: quelli che “pagano dazio” in caso di crolli dei mercati o di fallimento di qualche grande giocatore della finanza creativa. Meglio tenere la notizia sotto traccia per non allarmare i mercati. Meglio, in altre parole, fare gli struzzi, evitando che l’argomento diventi di dominio pubblico. Ci siamo posti sempre dalla parte dei titolari di diritti lesi o potenzialmente lesi, ospiti di una testata giornalistica che ne ha sempre fatto la sua bandiera. Non scordandoci dei doveri in capo a ciascuno di noi, titolare di un sacrosanto diritto ad una informazione vera, trasparente e comprensibile anche per i non addetti ai lavori, cerchiamo di fare il punto della situazione, basandoci su dati e documenti provenienti da fonti accreditate e istituzionali.

Dove collocare i risparmi?

Poi, alla luce di una lettura attenta, ciascun risparmiatore farà le sue scelte di allocazione dei suoi preziosi risparmi, tanti o pochi che siano. Iniziamo dalla relazione diffusa periodicamente dalla Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea (BRI). Nel suo report denominato Triennual Survey l’ufficio studi della banca segnala il rischio di una bolla finanziaria con una conseguente crisi del mercato. In particolare, il mercato dei cambi valutari (il “Foreign Exchange FX”) è per definizione caratterizzato da una grande volatilità legata alla fluttuazione dei tassi di interesse, all’aumento dei prezzi delle materie prime, all’inflazione ormai galoppante e alle tensioni geopolitiche. Il dato del fatturato nell’aprile del 2022 di questo mercato è stato pari a 7.500 miliardi di dollari di transazioni al giorno: un volume, segnala la BRI, 30 volte superiore al PIL globale giornaliero.

Rispetto al 2019 si registra un aumento del 14%: il 90% delle operazioni sono eseguite con il dollaro americano. L’euro ha una quota del 31% ed è in fase calante. La valuta cinese, il remimbi, è salito al 7% del globale delle transazioni. La preoccupazione della BRI risiede nella constatazione di un grande spostamento da forme visibili e controllabili di transazioni, ad altre più opache. Una delle principali fragilità di questo mercato è l’indebitamento in dollari insito, come abbiamo visto, nei mercati valutari. Nel primo semestre del 2022 l’indebitamento globale era di 85.000 miliardi di dollari e tale importo non è registrato nella contabilità dei bilanci e dunque manca nelle statistiche internazionali. Se si aggiungono tutte le monete, i debiti complessivi arrivano a 97.000 miliardi di dollari e cioè ad una cifra pari al PIL globale del mondo del 2021, tre volte il commercio mondiale. Cifre enormi che fanno rizzare i capelli. Fuori dagli Stati Uniti, la BRI stima in 26.000 miliardi di dollari i debiti tenuti fuori bilancio. Nel 2016 erano 17.000 miliardi.

Le operazioni sulle valute creano obblighi di pagamento in dollari a termine che non compaiono nei bilanci e mancano nelle statistiche sul debito, tra l’altro un debito a brevissimo termine! Soltanto degli interventi straordinari della FED americana, sia durante la crisi del 2008 sia durante quella del 2020, hanno evitato il peggio. La relazione della BRI afferma che ogni giorno, nel 2022, 1/3 del fatturato dei mercati FX, circa 2.200 miliardi di dollari era a rischio: l’aumento di questo rischio è aumentato del 16% rispetto al 2019. In parole più semplici, il profilo di rischio risiede nel fatto che una delle parti coinvolte in una negoziazione di acquisto valute non riesca a consegnare la valuta dovuta alla data concordata: il che crea un “ buco” con forti perdite per le parti coinvolte. La BRI, nelle sue conclusioni, invita le banche centrali e i governi ad aumentare i controlli anche attraverso nuove regole, più stringenti.

Ma non è finita!

Warren Buffett, il guru della finanza internazionale, ripete spesso questa frase: “Solo quando la marea scende, si scopre chi nuota senza costume”. Una affascinante sintesi della realtà a cui stiamo assistendo. Da un anno, la marea, nel credito, scende parecchio: quando le banche provano ad arginare l’inflazione rialzando i tassi, nascono le crisi. Chi è senza costume si trova nudo nel momento in cui deve onorare le sue obbligazioni. Secondo il Financial Stability Board (FSB) i messi peggio oggi sono gli intermediari finanziari non bancari: i cosiddetti Ofis. Una specie di finanza ombra che sta assumendo rischi sempre maggiori ed è al di fuori dai controlli del sistema bancario internazionale. Stiamo parlando di Fondi aperti, broker, veicoli di finanza strutturata, fiduciarie, family office, fondi di debito vari. Alcuni dati per capire le dimensioni del problema: prima del 2008, gli Ofis avevano una esposizione intorno ai 2.000 miliardi di dollari. A fine 2020 hanno raggiunto i 10.000 miliardi.

Nell’ultimo biennio si sono affiancate a questa attività extra bancaria, le criptovalute che, due anni fa, prima della crisi del 2022 che ne ha tagliato i 3/4 del valore, erano arrivate a 3.000 miliardi di dollari. In questa finanza extra bancaria, vive e vegeta la principale fonte di vulnerabilità della finanza globale. Si parla di operazioni con leva debitoria doppia rispetto ai limiti imposti alle banche e al sistema vigilato. Di questi 13.000 miliardi che sfuggono alla sorveglianza degli enti regolatori, basterebbe una insolvenza dell’1% per innescare una valanga globale dagli esiti imprevedibili. Anche Christine Lagarde, Presidente della BCE, ha segnalato questa emergenza: “Nuove fonti potenziali di rischio per la stabilità finanziaria sono originate dagli intrecci tra l’ecosistema cripto e il sistema finanziario, da cui potrebbero sorgere nuovi rischi sistemici”.

L’aumentato grado di incertezza – ha scritto in una raccomandazione alle istituzioni europee l’Esrb (l’European Systemic Risk Board) – può compromettere la stabilità finanziaria globale”. “L’eccesso di finanza a scapito dell’economia reale ha fatto la sua parte – ha scritto Nouriel Roubini nel suo ultimo libro intitolato “La grande catastrofe” – Feltrinelli – Così come il lungo periodo in cui i tassi sono rimasti a zero, per cui indebitarsi era quasi un obbligo e i mercati apparivano come drogati. Si è come perso il senso del denaro: pensate alle criptovalute, bitcoin e compagnia, che non sono né attività né titoli ma solo una truffa, shit-money. E’ incredibile come tanta gente sia caduta in questa trappola tossica che ha inquinato ulteriormente il già instabile quadro finanziario globale”.

Come reagire a questo vulcano che sta per esplodere?

L’FSB ha proposto due opzioni ai legislatori: (i) il primo è ridurre la leva debitoria degli Ofis; (ii) il secondo è provare ad allineare le scadenze degli investimenti, spesso a medio e lungo termine, con i riscatti chiesti dagli investitori o dai creditori dei fondi Ofis che nella mala parata si fanno spesso brevi. Sono in cantiere la revisione della direttiva AIFMD sui fondi alternativi e la nuova MICA per le cripto attività. Insomma, finalmente, di fronte al baratro, le autorità internazionali immaginano un intervento drastico di cui, proprio su questa testata, abbiamo accennato di recente: un intervento legislativo che ponga un tetto molto più basso alla possibilità di operare sui mercati finanziari con un effetto leva incontrollato.

Speriamo che sia la volta buona.

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