Trust, fiducia: un vocabolo che oggi rappresenta, più che mai, un valore primario, raro e sottostimato. Un vero e proprio inno sull’importanza fondamentale della fiducia tra gli esseri  umani è rappresentato dall’affascinante e sconosciuta storia che sta all’origine dello scandalo mediaticamente definito “Snowden”.

Il nuovo capitalismo della sorveglianza

Il ventinovenne cittadino americano, Edward Joseph Snowden, l’usignolo che raccontò al magazine inglese Guardian come il governo degli Stati Uniti avesse creato un raffinato e segreto apparato di sorveglianza e lo usasse per controllare i suoi cittadini. Il benchmark, insomma, del nuovo capitalismo della sorveglianza, apparentemente tanto temuto e condannato dalla cultura moderna ma, in questo caso, gestito addirittura dal governo della più importante e democratica nazione del mondo. Dobbiamo ringraziare i due autori, Jessica Bruder e Dale Maharidge di un volume, da poco tradotto in italiano, “Snowden’s Box – la fiducia nell’era del controllo” (Edizioni Clichy), che ci hanno raccontato l’incredibile storia che ha generato la confessione pubblica di Snowden quasi dieci anni fa, nel 2013, quando smascherò gli illeciti commessi dal governo americano ai danni della privacy dei suoi cittadini.

Lotta allo spionaggio informatico

Al di là dell’avvincente sequenza degli eventi che ha visto protagonisti i due autori del libro, ci ha colpito un aspetto di questa storia, brillantemente evidenziato nel sottotitolo del volume. Proprio nel mondo più sofisticato, tecnologicamente più innovativo e segreto, come quello dello spionaggio informatico, l’arma più efficace per combatterlo e almeno momentaneamente sconfiggerlo, è stata fisica e umana. Una combinazione fantastica del sentimento di fiducia con l’utilizzo di un vettore di trasporto tradizionale (le poste americane) per permettere al mondo di scoprire i contenuti degli “armadi della vergogna” di un governo, quello di Washington, che usava (speriamo che il tempo passato sia corretto!) i servizi segreti per sorvegliare i propri cittadini. Apparentemente, perché così è stata impostata la miserevole difesa delle istituzioni, proprio nell’ottica di proteggere ed evitare agli americani i rischi di un terrorismo dilagante.

Una storia inedita

Noi conosciamo la storia di Edward Snowden da quando, fuggito ad Hong Kong per evitare l’arresto delle autorità americane, svela poi al Guardian i documenti che parlano del sistema di sorveglianza adottato dal governo americano. Snowden viene accusato di spionaggio e da Hong Kong cerca di raggiungere l’Equador, ma viene bloccato a Mosca dove è ancora oggi e dove è diventato proprio lo scorso mese cittadino russo. Non conoscevamo, fino all’uscita del libro “Snowden’s Box” quale fosse stata l’origine dello scandalo, l’innesco che permise a Snowden di avere degli interlocutori “fidati” per poter divulgare le sue carte segrete. Il libro racconta proprio questa parte della storia, assolutamente inedita.

Tutti i segreti della sorveglianza

Tutto parte nel 2011 quando Dale Maharidge incontra la famosa documentarista internazionale Laura Poitras che sta lavorando ad un’inchiesta sulla National Security Agency (NSA), l’agenzia che si occupa della sicurezza interna ed internazionale americana. Laura fa conoscere a Dale tutti i segreti che stanno dietro alla sorveglianza moderna e soprattutto i rimedi che i poveri cittadini spiati possono adottare per evitare di essere sorvegliati in piena violazione dei loro diritti di privacy. La conoscenza tra Dale e Laura diventa una relazione sentimentale anche se Laura ormai vive, in quel tempo, a Berlino e Dale invece insegna in America.

La fonte segreta “si fida”

Proprio a Berlino – si legge nel libro – un giorno Laura riceve una email di una potenziale fonte dei servizi di sicurezza americani che afferma di avere dell’importante e segretissimo materiale da diffondere. La fonte segreta ha letto i lavori di Laura Poitras sulla National Security Agency e pensa che sia la persona giusta per diffondere il materiale scottante di cui è venuto in possesso. Insomma, “si fida” e crede che Laura possa aiutarlo e non denunciarlo. Appena Laura e Dale si ritrovano a New York approfondiscono quanto accaduto valutando bene anche l’ipotesi che si trattasse di una trappola o comunque di un pazzo che vaneggiava. Decidono allora di adottare delle precauzioni: si inventano un codice lessicale convenzionale. La fonte diventa “l’architetto”, tutta la storia “il progetto di ristrutturazione del loft di Laura”.

“Ho ricevuto i palchi d’alce”

Laura e Dale pensano di essere sorvegliati e, di dover quindi proteggere sia la fonte sia il dossier nel quale si stanno avventurando. Il primo scoglio da superare si verifica quando la fonte chiede a Laura un indirizzo fisico dove mandare il materiale perché teme di essere ucciso e vuole a tutti i costi che il contenuto del dossiere venga pubblicato. A questo punto della narrazione compare il secondo autore del libro “Snowden’s Box”, Jessica Bruder, scrittrice, la migliore amica di Dale. Dale le chiede se è disposta a ricevere un pacco senza chiedere nulla riguardo ad esso, impegnandosi a non aprirlo e a consegnarlo soltanto a lui o a Laura. Anche con Jessica si costruisce un codice di parole convenzionali sempre per evitare intercettazioni di vario genere. Quando riceverà il pacco Jessica dovrà dichiarare “ho ricevuto i palchi d’alce”, il cibo preferito dal suo cane Max.

Una vicenda entusiasmante

La vicenda entra in momentaneo letargo fino a quando, tre mesi dopo, Jessica si ritrova un pacco sulla porta di casa. Una banale confezione standard delle poste americane. Jessica secondo le intese non lo apre e lo consegna immediatamente a Dale che lo passa a Laura. La notte stessa Laura manda una email a Dale “ho bisogno di parlarti, subito!”. I due si incontrano in una stanza dell’hotel di Manhattan dove in quel momento Laura risiede: sullo schermo illuminato del pc di Laura Poitras c’è un documento con il timbro Top Secret della NSA! Le protezioni adottate dai nostri tre protagonisti sono state efficaci: hanno permesso a Laura e Dale di entrare in possesso delle carte riservatissime inviate da Snowden. Il resto della storia è noto: Laura vola, insieme ad un altro collega giornalista, a Hong Kong dove si è momentaneamente nascosto l’usignolo Snowden. I due giornalisti raccolgono le informazioni e svelano la storia di Snowden, uno specialista informatico che lavorava per una azienda di servizi della NSA.

Impresa ad alto rischio

Snowden è un idealista che, colpito e disilluso dalla sua esperienza di lavoro, pensa che il mondo possa essere ancora raddrizzato; che il potere politico quando commette illeciti debba essere smascherato. Per questo ha deciso di rendere pubblici i documenti segretissimi a sue mani. Nel giro di pochi giorni la storia esplode su tutti i media del mondo e Snowden diventa la talpa più celebre della storia americana. Questa la sintesi del racconto del libro di Bruder e Maharidce. E’ interessante rileggere due passaggi dell’introduzione del libro, scritti dai due autori, proprio sull’importanza del valore della fiducia come elemento scatenante e risolutivo per aver fatto emergere questo scandalo che avrebbe dovuto rimanere segreto negli archivi della NSA, perpetrando una sorveglianza illecita su tutti i cittadini americani.

La realtà non è mai così come appare

Questa è stata un’impresa ad alto rischio – si legge proprio nell’introduzione di “Snowden’s Box” – che ha fatto affidamento più che su ogni altra cosa sui legami di fiducia. Non è una cosa da poco. Viviamo in un’epoca di sospetti, caratterizzata da una fiducia decrescente nel governo, nei mezzi di informazione e persino l’uno nell’altro. La fiducia è la base di ogni azione cooperativa in una società libera. E’ il sentimento di comunità con gli altri che consente alle persone di rischiare e crescere. E’ anche il fondamento della democrazia. Ed è fragile, semplice da erodere. I sistemi di spionaggio interno su vasta scala, come quello rivelato da Snowden, corrodono quei legami umani profondi che alimentano la fiducia e lo spirito di collaborazione”. I due autori concludono: “Il costante controllo di una popolazione promuove il sospetto, scalfisce la coesione e la solidarietà e conduce ad un lento suicidio sociale. In altre parole: la paranoia finisce col distruggerci”.

Questo libro merita di essere letto perché, al di là della suggestione di un’avventura tipica delle più riuscite spy story cinematografiche, ci ricorda ancora una volta quanto sia importante la difesa della nostra privacy nei confronti di chiunque voglia impossessarsene per sorvegliarci, controllarci, manipolarci. Non sempre dimostriamo di essere consapevoli di questa realtà.

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