L’importanza di poter sentire o leggere un pensiero “diverso”.

La necessità di ascoltare o di leggere un ragionamento non omologato, anche, spesso, non “politically correct”.

La curiosità di integrare le nostre conoscenze, o presunte tali, potendo contare sulla presenza di soggetti preparati, chiari, con una articolazione di pensiero non banale.

Vi ho sintetizzato lo stato d’animo, l’ammirazione e la gratitudine che provo ogni volta che ho l’opportunità di leggere o ascoltare Sabino Cassese.

La storia professionale di Cassese è lunga ed articolata: ha potuto studiare e poi vivere tutte le problematiche del nostro Stato e del funzionamento della Pubblica Amministrazione dalle sedi più autorevoli anche dal punto di vista istituzionale.

E’ stato Ministro per la Funzione Pubblica nel 1993-1994 nel Governo Ciampi, Giudice Costituzionale dal 2005 al 2014, Presidente della Commissione di indagine sul patrimonio immobiliare pubblico nel biennio 1985-1987.

Il prof. Cassese è nato ad Atripalda il 20 ottobre 1935 e si è laureato in giurisprudenza all’università di Pisa: è un giurista dunque, docente universitario. Attualmente è uno dei più importanti editorialisti del Corriere della Sera.

Quante volte, condividendo o  meno la sua esposizione, ci siamo comunque arricchiti la mente di informazioni, notizie, aspetti e argomenti connessi con la nostra complessa attualità.

Per questo motivo, ho deciso di socializzarvi una specie di “Zibaldone” degli ultimi interventi pubblici del prof. Cassese, tutti stimolanti e tendenti a costruire progettualità legittime, sostenibili e creative.

Uno sguardo sugli italiani chiaro e mai retorico, lucido e mai assolutorio, sferzante ma sempre connotato di una speranza di essere utile e propositivo.

Febbraio 2021 –  Lotta alla pandemia, la competenza è dello Stato

Dopo i primi sei tragici mesi della pandemia, sconosciuta anche alla gran parte degli esperti, finalmente, dopo tanto e imbarazzante caos istituzionale sul tema di chi fosse competente tra le Regioni e lo Stato centrale sulla gestione dell’emergenza sanitaria, nel gennaio scorso la Corte Costituzionale si pronunciava in merito, ricevendo il plauso del prof. Cassese.

La pandemia in corso – scriveva il professore riportando il testo del provvedimento della Corte Costituzionale del 14 gennaio 2021 – ha richiesto e richiede interventi rientranti nella materia della profilassi internazionale di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. q) della Costituzione”.

Secondo Cassese si pone finalmente rimedio ad un errore iniziale causato dai dubbi interpretativi sulla tanto criticata riforma del titolo V della Costituzione, quello relativo alla devoluzione di certi poteri dello Stato alle Regioni: “Il servizio sanitario – evidenziava Cassese – da nazionale è divenuto confederale, scoordinato, non comunicante… Alla sconcertante dimenticanza di una propria competenza esclusiva da parte dello Stato, si poteva porre rimedio rafforzando le funzioni della conferenza Stato-Regioni… Invece si è proceduto alla giornata, con alti e bassi, momenti di collaborazione e giornate di tensione e di conflitti”.

Con la decisione della Corte Costituzionale, si può finalmente fare chiarezza. Il nuovo Governo Draghi, sottolineava Cassese, potrà assicurare una miglior collaborazione tra il Governo centrale e le Regioni.

Marzo 2021 – Una volta il futuro era migliore

Nel marzo di quest’anno usciva nelle librerie l’ultimo saggio del prof. Cassese “Una volta il futuro era migliore – lezioni per invertire la rotta” (Solferino).

Il volume incrocia tesi di storia, di politica, di economia e di cultura e cerca di dare una risposta alla domanda contenuta nel titolo: perché, pur vivendo infinitamente meglio delle generazioni dei nostri padri e dei nostri nonni, continuiamo a lamentarci del rischio di un futuro peggiore?

Cassese prova a sviluppare un ragionamento che ci possa aiutare a capire questa evidente contraddizione.

Da buon ottimista, inizia ad elencare tutti i cambiamenti di cui possiamo essere fieri, incominciando dallo smartphone che ci ha reso, per la prima volta nella storia dell’uomo, in grado di acquisire conoscenze di tanti “saperi” in poco tempo e con le fonti più lontane e difficili da consultare, a portata di “tastiera”.

La vita – scrive Cassese – è migliorata sotto molti aspetti. Abitiamo in case più comode e riscaldate. Ci ammaliamo di meno (Covid a parte), viviamo più a lungo. Perché allora siamo angosciati da tante inquietudini e da un timore crescente per il futuro?

Secondo il professore, temiamo la scomparsa dell’Occidente e della sua ambizione di un continuo progresso. Constatiamo l’insorgere di forme di razzismo, di nazionalismo e di odio. Pensiamo che le disuguaglianze esistenti finiranno con il minacciare la nostra pacifica coesistenza.

Le crisi economiche rinfocolano l’incubo di un repentino impoverimento.

Cassese si chiede, poi, quali delle due percezioni è più reale e si risponde, non contento: “Entrambe”.

Dobbiamo quindi individuare un metodo e degli obiettivi per far sì che il nostro futuro possa cambiare.

Come gli è solito, Cassese non si limita all’analisi, ma mette le mani nella complessità delle proposte.

Nel libro ne articola otto, così sintetizzabili:

  • Imitare la volpe che segue molte piste e non il riccio che scava solo in una direzione;
  • Studiare, studiare e poi ancora studiare, perché “dall’istruzione non dipende soltanto l’avvenire di ciascuno di noi ma anche il progresso civile”;
  • Non accontentarsi mai delle partizioni tradizionali: imparare a vedere le cose come sono non come ce le fanno vedere quelli che cercano di manipolarci;
  • Usare bene il proprio tempo;
  • Sceglierci un maestro “Che ci indichi un limite e che ci sappia far risvegliare dentro la passione”;
  • Individuare un percorso professionale non tralasciando gli altri che si presentano perché il futuro non dipende solo dalla propria vocazione ma anche dalle circostanze;
  • Partecipare attivamente alla vita della propria comunità;
  • Coniugare l’utopia con il senso concreto del percorso e cioè guardare più avanti “Non avere paura degli errori, Churchill diceva che il successo è l’abilità di passare da un fallimento ad un altro”.

Marzo 2021 –  La classe dirigente politica: sei proposte per come formarla

In un lungo intervento sul settimanale del Corriere della Sera, La Lettura, Cassese affronta un nodo cruciale dello sviluppo del nostro Paese: la formazione di una classe politica adeguata alla complessità di questo III millennio: “In Italia si sono da tempo inceppati i tradizionali meccanismi di formazione della classe politica. Il risultato è che oggi abbiamo parlamentari e governanti sempre meno competenti e affidabili. Occorre riaprire l’accesso all’establishment con un respiro internazionale migliorando l’istruzione di base, combattendo le disuguaglianze rivitalizzando l’associazionismo e i centri studi. Sbagliano bersaglio gli intellettuali anglosassoni impegnati nella lotta alla meritocrazia che va al contrario rilanciata come criterio selettivo irrinunciabile secondo quanto prescrive la Costituzione”.

Sono sei le proposte che Cassese mette sul tavolo:

  • Bisogna assicurare un maggior grado di istruzione generalizzato: una società più istruita fa valutare meglio i bisogni sociali, permette più ponderate scelte politiche, facilita una partecipazione più attiva alla vita collettiva, permette di scegliere meglio le persone che vuole incaricare di gestire lo Stato;
  • Bisogna moltiplicare i think-tank, le scuole, i luoghi di formazione e selezione;
  • Bisogna eliminare le disuguaglianze esistenti nelle condizioni di accesso iniziali alla vita come prescritto dall’art. 3 della Costituzione;
  • Bisogna dare a tutti coloro che intendano accedere alla classe politica, una “seconda chance” senza la quale non c’è vera uguaglianza;
  • La porta per la classe dirigente deve essere una “porta girevole”, attraverso la quale si può entrare ma anche uscire;
  • Ci vuole un associazionismo di base (che si chiami partito politico o con un altro termine, anche nuovo) che si rafforzi nel tempo perché senza di esso mancheranno i legami che uniscono Piazze e Palazzi, Paese reale e Paese legale.

Marzo 2021 – Una proposta per la riforma della Pubblica Amministrazione

La riforma della Pubblica Amministrazione è il suo grande cruccio: “Se si vuole affrontare il tema della grande riforma – ha detto recentemente al La Stampa – ci si destina al fallimento. Si può, invece, cercare di agire sui punti più critici… Occorre informare l’opinione pubblica sui propositi, i disegni e le realizzazioni. L’esempio a cui ispirarsi è quello inglese dei libri bianchi e dei libri verdi. Sono stati pochissimi i nostri ministri che hanno prodotto documenti informativi sul lavoro svolto e sui suoi risultati. Questo ha creato un vuoto conoscitivo per cui l’opinione pubblica ha nutrito attese ma non è stata poi informata delle politiche adottate e dei loro risultati”

Insomma per Cassese non basta individuare la lista delle riforme, ma bisogna anche adottare un metodo di lavoro fondato sull’apertura e sul coinvolgimento dei cittadini. Nell’amministrazione pubblica ci sono tante persone capaci ma isolate e frustrate. Bisogna, secondo il professore, saper collegare con grande sensibilità e sapienza le attese esterne dei cittadini con le energie interne della nostra amministrazione.

Un altro grave errore dei due ultimi governi Conte è stato quello di adottare provvedimenti normativi e amministrativi con la motivazione dell’urgenza e poi fermarsi nella loro attuazione. Ci si è completamente dimenticati dei provvedimenti attuativi: “E’ indispensabile che il governo metta subito al lavoro un gruppo di alti funzionari che provvedano ad adottare diverse centinaia di atti esecutivi primari per eliminare l’arretrato”.

Perché le varie riforme della Pubblica Amministrazione si susseguono di governo in governo ma poi non si attuano mai?

Cassese ha le idee chiare avendo vissuto “nella stanza dei bottoni”: “Per diversi motivi, uno dei quali è l’insufficiente progettazione. La massa salariale dei dipendenti pubblici è di 160 miliardi di euro, 1/5 del bilancio dello Stato.  Ma non sappiamo quale sia il costo complessivo dell’ultimo accordo sindacale: se i benefici vengano distribuiti a pioggia o siano premiati i migliori e soprattutto che cosa si chieda ai dipendenti pubblici in cambio degli aumenti concessi”.

La Pubblica Amministrazione dovrebbe essere valutata non in funzione dei propri impiegati ma in funzione dei servizi resi ai cittadini. Come dicono gli americani “customer first”.

Ha dunque fatto bene il Presidente Draghi a dichiarare che l’accordo del marzo 2021 è stato soltanto un primo passo e che molto, se non quasi tutto, resta da fare”.

Maggio 2021 – L’accentramento dei poteri è legittimo: viviamo una situazione straordinaria con un Premier all’altezza

I poteri del Premier previsti dal Decreto semplificazioni non sono né speciali, né esorbitanti”. Il prof. Cassese è perentorio sul punto: “Per un’attività così importante come un piano straordinario di ripresa della durata di sei anni, potrebbe il Presidente del Consiglio non assumere la responsabilità di mantenere l’unità di indirizzo politico amministrativo e non dirigere la politica generale del governo come prevede l’art. 95 della Costituzione?”.

Cassese è stato molto positivo nei giudizi sul progetto di gestione della governance del Recovery Plan, adottato dal governo Draghi. “Si tratta di una vera e propria rete, molto ben disegnata, in cui la cabina di regia ha compiti di indirizzo e impulso ed è presieduta dal Presidente del Consiglio e composta di ministri, sottosegretari della presidenza, presidenti regionali e soggetti operatori e loro associazioni”.

E il Parlamento?

Il Parlamento – ha scritto Cassese su La Stampa – deve svolgere la necessaria funzione legislativa, ma non può svolgere l’attività di gestione di un piano così complesso…il governo Draghi, rispetto alla proposta formulata da Giorgio La Malfa di costituire un organo straordinario simile alla “Tennessee Valley Authority” che aveva dato vita alla Cassa per il Mezzogiorno, ha optato per la soluzione francese, con una governance concentrata su Palazzo Chigi”.

Giugno 2021 – Il metodo Draghi

Draghi ha modificato radicalmente il registro di governo. Ha ereditato una situazione di forte oscillazione, governata con molte improvvisazioni che avevano provocato uno stato istituzionale confusionale e vulnerato due grandi sistemi nazionali a rete, quello sanitario e quello scolastico che rappresentano circa metà dello Stato. Il pensiero del prof. Cassese su questi primi mesi del governo Draghi è molto positivo. Non si stupisce che la fiducia dei cittadini sia in aumento e si consolidi.

La sua nascita ha segnato un ritorno alla normalità costituzionale: non sono state le forze politiche a indicare al Presidente della Repubblica il capo del governo… è stato il contrario. Draghi sta riuscendo in una impresa molto complessa e delicata: mantenere l’unità di indirizzo politico pur avendo alle spalle una coalizione molto diversificata. A differenza di tanti altri esecutivi in cui l’azione di governo è stata la risultante di compromessi tra le forze politiche, Draghi ascolta tutti i partiti ma poi si riserva di dettare la linea. Conosce gli ostacoli e sa come superarli. Sta finalmente occupandosi di dare esecuzione ai decreti attuativi rimasti per molti anni nei cassetti dei ministeri… costituisce nuclei, uffici e reti chiamati a questo specifico compito con obiettivi mensili per lo smaltimento degli arretrati e perché le leggi non rimangano solo promesse”.

Il mantra di Cassese è sempre lo stesso “Lo Stato non esiste per dare lavoro ai dipendenti ma per fornire servizi ai cittadini-utenti. Bisogna rimettere questi soggetti al centro dell’azione pubblica”.

Luglio 2021 – La magistratura non è una cittadella che si autogoverna

Cassese ha scelto di intervenire anche su questo controverso, spinoso e delicato tabu della nostra attualità: la giustizia e le condotte dei magistrati.

Innanzitutto ci ha tenuto a precisare che il referendum sulla Giustizia è costituzionalmente ammissibile. L’art. 75 della Costituzione stabilisce che non sono ammessi referendum sulle leggi tributarie e di bilancio, sulle leggi di amnistia e di indulto e sulle leggi che ratificano trattati internazionali.

Dunque il referendum proposto dalla Lega e dai Radicali è legittimo.

Cassese è molto critico con alcune dichiarazioni rese dal presidente dell’associazione magistrati contro l’iniziativa referendaria: “Un approccio di questo tipo – ha detto in una intervista a Il Giornale – mi pare corrispondere a quell’idea sbagliata che è andata maturando in questi anni, dell’ordine giudiziario e, di conseguenza, della magistratura, come una cittadella separata, che si autogoverna. La Costituzione attribuisce indipendenza all’ordine giudiziario, non conferisce ad esso potere di autogoverno. D’altra parte, il giudice è sottoposto alla legge, il Parlamento è titolare del potere legislativo, il popolo è titolare del potere di deliberare l’abrogazione totale o parziale delle leggi e, se la Costituzione non esclude il referendum abrogativo in materia di giustizia, questo è certamente ammissibile”.

Secondo Cassese il referendum proposto viene incontro a molti temi e proposte che si sono affacciati e sono stati discussi negli ultimi vent’anni.

Non sono certamente una novità.

Ha sicuramente tutti i limiti della funzione puramente negativa tipica dell’abrogazione… “Non possiamo attenderci un vero e proprio riordino della giustizia, assolutamente necessario peraltro, dai referendum. Questo è il motivo per il quale reputo che il referendum proposto abbia una funzione fondamentalmente sollecitatoria”.

La meritocrazia come principio di riferimento anche nella Pubblica Amministrazione

Proprio nei giorni scorsi Cassese ha preso una posizione molto chiara sul progetto di molte, nuove assunzioni fatte con metodo diverso e preannunciate dal governo Draghi: “Se non si faranno con giudizio ne pagheremo il prezzo – ha scritto sul Corriere della Sera – è il momento quindi di chiedersi che Stato vogliamo, dove deve crescere, dove dimagrire”-

Cassese ha passato in rassegna il programma di assunzioni dell’attuale governo: 6.000 posti serviranno a dotare la scuola di insegnanti preparati nelle materie scientifiche; 46.000 posti sono destinati a coprire i vuoti nella scuola dove si prevedono assunzioni fino a 120.000 docenti; 17.000 posti saranno destinati a rendere celeri i processi; diverse centinaia di posti sono previsti per la realizzazione del Recovery Plan e della transizione ecologica.

Si deve ora passare dalle promesse ai fatti ed è consigliabile tenere presenti alcune avvertenze”, sottolinea Cassese.

Sono tre i punti evidenziati dal professore:

  • Fare bene i conti. Nel decidere nuove assunzioni si considera la diminuzione di quasi il 5% del totale dei dipendenti pubblici negli ultimi dieci anni. Ma la consistenza del personale in servizio viene calcolata senza tener conto di diverse centinaia di migliaia di dipendenti di enti pubblici o comunque di addetti a società con partecipazione pubblica. Bisogna dunque calcolare tutti coloro che sono sul libro paga pubblico prima di programmare il turnover.
  • Calcolare bene i fabbisogni e individuare con precisione le figure professionali di cui lo Stato ha bisogno. Per troppo tempo si è fatto affidamento sugli organici o sulle richieste sindacali invece che sui carichi di lavoro… Lo Stato prima di assumere deve sapere quali profili professionali cerca ed eventualmente mandare nelle università i propri gestori del personale per orientare studenti e laureati. Solo così si assumono persone competenti.
  • Scegliere bene. Per fare questo bisogna aprire i bandi a tutti in modo tale che i concorrenti abbiano tutti le stesse possibilità di entrare nella lista dei “promossi”. Questo è l’unico modo, per Cassese, per dare a tutti uguale chance e per evitare che nella Pubblica Amministrazione entrino gli amici degli amici.

Viene, ora, dunque, la parte difficile del percorso intrapreso dal governo Draghi – ha concluso Cassese – tra qualche anno ci troveremo con un indebitamento più alto. E’ nostro compito renderlo “buono” assumendo persone capaci di stimolare investimenti, invece di consumare risparmi, con spesa corrente e rallentando gli investimenti”.

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