C’è un grande assente in questa tragedia.

Una istituzione nata proprio per evitare/gestire i conflitti tra le Nazioni del mondo che sembra essersi addormentata, impigrita, avviluppata in un avvilente immobilismo burocratico.

Certo, con la governance decisionale in mano ai titolari del diritto di veto, dei cinque grandi vincitori della Seconda Guerra mondiale cioè, come si può sperare che l’ONU esca dal suo letargo?

La stragrande maggioranza dei Paesi membri ha votato la condanna contro la brutale invasione russa: ma ha fatto più scalpore l’astensionismo dei pochi (importanti e tali da farci rileggere in modo diverso la mappatura della geopolitica mondiale di questo III millennio) che non la maggioranza dei molti.

La condanna della Russia di Putin rimane agli atti ma in Ucraina, sul campo, non ha nessun effetto.

E allora?

Non ci rimane che prendere atto che le Nazioni Unite sono un’istituzione senza alcun potere reale di intervento in caso di conflitto?

Siamo di fronte ad un probabile scenario da Guerra Fredda 2 e dobbiamo registrare il fallimento per inutilità e immobilismo della grande idea maturata e lanciata da Franklin Delano Roosevelt, idea nata proprio per gestire la pace mondiale soprattutto dopo la scoperta e il tragico uso in Giappone degli ordigni nucleari?

Proviamo a fare qualche riflessione, auspicabilmente lucida e costruttiva, prima di dover scrivere il necrologio definitivo dell’ONU.

  1. Il peccato originale è stato compiuto a ridosso del 2014, al momento del trattato di pace di Minsk che avrebbe dovuto garantire la fine dei conflitti in quell’area calda dell’Europa orientale. Allora le Nazioni che avevano aiutato gli ucraini a trovare un compromesso accettabile avrebbero dovuto imporre il presidio di quella pace garantito (come era avvenuto con successo in questi 60 anni di vita in molte altre parti del mondo) dai caschi blu. Da una forza internazionale che avrebbe rappresentato il “cuscinetto” di divisione fra le parti in causa. Invece ci distraemmo tutti, considerando chiusa quella vicenda senza ulteriori necessità di intervento. Il disinteresse di Trump per le questioni europee fu la ciliegina che completò la tragica distrazione. La pandemia trascinò ulteriormente quell’assenza di interesse e così mese dopo mese, anno dopo anno, la guerra civile sostanzialmente solo sospesa fra i nazionalisti ucraini e i separatisti russi riesplose offrendo a Putin l’opportunità per una folle e ingiustificabile decisione di ingerirsi in quel vuoto politico causato dalle assenze o dall’oblio degli occidentali. Detto tutto ciò, non capiamo però perché il Segretario Generale delle Nazioni Unite non batté i pugni sul tavolo pretendendo di diventare il garante di quella pace negoziata con fatica a Minsk.
  2. La seconda considerazione che ci lascia interdetti è che in una guerra che si sta combattendo con tutte le catastrofiche conseguenze in termini di distruzioni, morti, esodi di popoli costretti a lasciare le loro case per salvare la famiglia, il Segretario Generale delle Nazioni Unite non abbia gridato la sua candidatura a negoziatore, terzo ed indipendente, del conflitto in essere tra ucraini e russi. Perché, se è vero che il diritto di veto blocca ogni auspicata risoluzione contro l’illegittima invasione russa, è anche vero che l’ONU potrebbe comunque proporsi come “facilitatore” di un dialogo che, allo stato, sembra molto difficile tra le parti. L’unica speranza è che sia in atto una trattativa, sotto l’egida dell’ONU, attraverso i canali diplomatici assolutamente segreta e che quindi giustamente non viene ufficializzata nella speranza di poter raggiungere gli obiettivi posti. In caso contrario l’assenza e latitanza dell’ONU, almeno in questo ruolo di supporto alla trattativa di pace o, in via subordinata di una semplice “tregua delle armi”, sarebbe davvero esecrabile.
  3. In ogni caso, nel contesto sopra descritto, bisognerebbe aprire fin da subito un “cantiere” che studi le necessarie modifiche di una governance dell’ONU che rischia di annullare ogni positività sull’esistenza di questa grande istituzione internazionale, voluta proprio dai protagonisti della Seconda Guerra mondiale perché “quella strage non si ripetesse più”. Probabilmente dovrebbe essere modificato proprio il meccanismo del diritto di veto che oggi rende le Nazioni Unite ingessate e in mano all’ostracismo di uno solo dei cinque grandi. Bisognerebbe probabilmente allargare il numero dei legittimati ma nello stesso tempo riflettere bene se non sia il caso di andare oltre l’unanimità per vedere di nuovo “sul terreno” i caschi blu dell’ONU. Certo, non quelli visti in Jugoslavia, distratti, omertosi, assenti durante uno dei genocidi più gravi del dopoguerra; ma quei caschi blu che, sia in Medio Oriente, sia in Africa e sia nelle altre zone calde delle guerre locali scoppiate dopo il 1945 nel mondo, hanno dimostrato con coraggio, professionalità, generosità ed esempio virtuoso quanto sia importante poter contare su una forza militare sovranazionale per lo svolgimento del  compito di “gendarme contro i gaglioffi”.

Il tema dunque, a nostro avviso, non è tanto quello di mandare in soffitta le Nazioni Unite ma di rendere adeguata la sua governance alla complessità dell’attuale geopolitica mondiale.

L’ONU non è stata creata per portare l’umanità in paradiso, ma per salvarla dall’inferno”.

Questo affermò Dag Hammarskjold, l’ex Segretario Generale delle Nazioni Unite forse ucciso a bordo del suo aereo da qualcuno che non voleva che le Nazioni Unite svolgessero proprio il loro mestiere.

Dobbiamo tornare a quel concetto per ridare vita, ruolo, energia ed efficienza ed efficacia al più importante consesso internazionale per la tutela della pace e quindi della nostra sopravvivenza.

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