Negli ultimi trent’anni la quota dell’Italia nella costruzione del Prodotto Interno Lordo della zona Euro è passata dal 25% all’attuale 15%.

Il Paese si è sostanzialmente fermato e non è più cresciuto. Anzi ha perso quote rispetto agli altri membri dell’Unione Europea.

La crisi economica del 2008, la pandemia del 2020-2021, la guerra russo-ucraina del 2022 hanno peggiorato ulteriormente la complessa situazione economica del nostro Paese.

In questo contesto negativo, il ruolo della Pubblica Amministrazione è diventato centrale: come uscirne? Perché è successo? Come mai la P.A. che dovrebbe tutelare i diritti dei cittadini e controllarne l’adempimento dei doveri, è entrata in una spirale negativa ed inefficiente, dando vita ad una burocrazia ormai apparentemente “non riformabile”?

Il prof. Sabino Cassese, ex ministro della Funzione Pubblica nel governo Ciampi e poi giudice della Corte Costituzionale, non ha certo bisogno di ricercare consensi o voti elettorali.

E’ lucido e spietato nell’analisi della situazione del nostro Paese a 162 anni dall’Unità.

E’ uscito in questi  giorni il suo ultimo saggio, “Amministrare la Nazione – la crisi della burocrazia e i suoi rimedi” (Mondadori), nel quale Cassese, partendo dal 1861, passa in rassegna prima l’enorme sviluppo che l’Italia ha registrato da allora, ma poi sviluppa un’analisi dettagliata di come quella straordinaria crescita di benessere, cultura e civiltà si sia poi rallentata e definitivamente fermata negli anni ’90 del secolo scorso.

Il ruolo della P.A. è stato rilevante in questa deriva e la burocrazia ha ingessato la nostra macchina pubblica.

Il sogno di uno Stato agile ed efficiente, con un rapporto virtuoso con i cittadini, è diventato un’utopia.

Cassese ne spiega le origini e le cause, fornendo alla politica e ai partiti strumenti non solo per acquisire consapevolezza dell’attuale disastro ma per riflettere sui rimedi, per ribaltare il trend negativo e rilanciare il Paese.

Lo straordinario sviluppo dal 1861

In questi 162 anni il numero dei cittadini italiani è quasi triplicato.

La longevità media è passata da meno di 30 a 82 anni.

Il numero degli aventi diritto al voto dal 2,5 a quasi l’80% della popolazione (“di cui meno di 3/4 partecipano al voto” – chiosa Cassese).

Il reddito  medio degli italiani è cresciuto di quasi 13 volte, quasi il doppio dell’Inghilterra e comunque più di quello degli Stati Uniti.

Le contraddizioni rimaste aperte ed insolute

Per Cassese, la più macroscopica è quella relativa al nostro Sud, alla questione meridionale, alla disunione del Paese.

A più di un secolo e mezzo dalla unificazione politica, dobbiamo registrare la sua mancata unificazione economica e sociale”.

Molti sono gli indicatori di questa disuguaglianza e Cassese li indica puntualmente tutti, sottolineando come il nostro sia un Paese “prismatico, pieno di contraddizioni”.

Secondo il professore, anche nel prelievo e nella distribuzione delle risorse pubbliche, si registrano degli squilibri: 1/4 dei cittadini paga l’80% di tutta l’imposta sul reddito delle persone fisiche.

Il 90% del gettito di tale imposta deriva da dipendenti e pensionati.

Il Sud contribuisce al finanziamento dell’INPS per meno di 1/5, ma usufruisce del 25% della spesa pensionistica.

Anche i partiti sono in crisi perché gli iscritti sono diminuiti come anche i partecipanti alle primarie. Esiste una crisi di assenza di candidati e le singole forze politiche “fanno sempre più ricorso a candidati esterni”.

Le cause di queste contraddizioni

Per Cassese sono principalmente tre e riguardano la modernizzazione, la struttura dello Stato, l’unità.

La modernizzazione procede con grande lentezza e ritardo a causa delle “discordie, del sottosviluppo, dell’assenza di democrazia, del fallimento del riformismo illuministico”.

Lo Stato è rimasto lontano dalla società. Ha obbligato “non ha influenzato, indotto, stimolato, educato. Il suo diritto è stato costruito su un modello di individuo anomico e asociale e la sua legittimazione sulla forza e sulla minaccia della forza. I suoi processi di decisione non sono mai riusciti a dominare la complessità dei poteri pubblici moderni”.

Per quanto riguarda l’unità “basta notare – scrive Cassese – che tra Roma e Milano e tra Roma e Cosenza vi è all’incirca la stessa distanza, ma Milano si raggiunge in un tempo che è  meno della metà del tempo necessario per andare con lo stesso mezzo a Cosenza”.

Le responsabilità della P.A.

Quale ruolo ha svolto, si chiede Cassese, in questo contesto la Pubblica Amministrazione?

Lo Stato e la sua amministrazione – sottolinea il professore – sono stati per un breve tratto una forza trainante del progresso, l’hanno reso possibile provvedendo sia alla sua infrastrutturazione giuridica, sia alla sua promozione e regia. Ad un certo punto della storia unitaria, si è però verificata una divaricazione tra progresso civile – economico-sociale e apparati pubblici e questi hanno preso una direzione diversa, diventando una forza frenante, piuttosto che propulsiva”.

Come rimediare?

Il “Sistema delle Spoglie” (la traduzione italiana di Spoils System per il professore) non consente “l’attuazione di quell’articolo della Costituzione che richiede che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione, perché le scelte compiute nelle conferme o nelle nuove nomine dei governi sono completamente discrezionali, non assicurano il rispetto del principio del merito, comportano una ineluttabile politicizzazione”.

Il sistema dello Spoils System contamina negativamente quell’equilibrio che deve essere mantenuto dalla burocrazia “per cui essa non deve solo assicurare una leale attuazione degli indirizzi governativi, ma anche la sollecita esecuzione delle leggi e una loro imparziale applicazione: sono tre obblighi a cui l’amministrazione è tenuta, il primo rispetto al governo, il secondo rispetto al parlamento, il terzo rispetto ai cittadini”.

Cassese, che ha rivestito il ruolo di ministro della Funzione Pubblica, conosce molto bene la materia e sa quanto sia difficile “mettere le mani nella sua riforma”. Ritiene però che sia necessario ripartire da una burocrazia che sia selezionata secondo criteri oggettivi e non in base all’adesione all’ideologia di questo o di quel partito.

La burocrazia va diretta e deve lasciarsi dirigere dal governo senza frenare o sabotare.

La lettura del libro del prof. Cassese non ci induce ad essere sicuramente ottimisti sul futuro della nostra P.A. ma nello stesso tempo ci induce a non arrenderci rispetto ad un trend che sarebbe riformabile se ci fosse la volontà politica e partitica di farlo.

Uno Stato più agile e più efficiente sarebbe possibile, basta volerlo.

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