Beppe Severgnini, con la sua penna brillante ma profonda, mi ha riaperto una speranza che stavo per archiviare tristemente e dolorosamente. Parlo della lettura quotidiana dei giornali. Quel rito che, in base alle statistiche più recenti, si sta vaporizzando, sta scomparendo. Effetto della tecnologica, della mancanza di tempo, della concitazione delle nostre vite, oggi i quotidiani si leggono molto meno: forse si scorrono (ma è profondamente diverso!) on line ma, nella sostanza, hanno perso il ruolo di essere il nostro “buongiorno” del mattino con il classico caffè. Il direttore di 7, badate bene, appassionato e utilizzatore di internet fin dalla sua nascita negli anni ’90, si ribella a questa situazione e nel suo ultimo editoriale prova a mettere in fila i perché del valore insito nel non perdere l’abitudine di comprare e leggere i giornali ogni giorno.

Per le orecchie e gli occhi di Pickett una dolce ed emozionante musica condivisa al 101%!

State a sentire la “melodia” della narrazione di Severgnini: “I giornali sono formativi e utili. Per tutti, non solo per un ragazzino che sogna di fare il giornalista – scrive Severgnini – fate una prova. Oggi, domani e dopodomani leggete con attenzione il Corriere, compreso questo numero di 7. A cena, sabato, vi accorgerete di poter parlare con facilità di politica ed economia, cronaca e libri, cinema e tendenze. Stupirete gli amici, sarete stupiti voi stessi. Vi renderete conto di essere informati, di sapere le cose. E sapere le cose, da che mondo e mondo, è un vantaggio.

E ancora: “Leggere un quotidiano è una forma di studio – continua il direttore di 7 – e lo studio paga, in tutti i sensi. Sapere le cose permette di cogliere le opportunità, di evitare gli errori, di lavorare meglio, di guadagnare di più (perché no?). Perfino di vincere le elezioni. Se il Partito Democratico ha perso, in fondo, è perché non ha studiato abbastanza (i motivi dell’ansia degli elettori, ad esempio)”.

E qui, in fondo, torniamo ai ragionamenti di Karl Popper dell’ultimo pezzo pubblicato su questo blog. Ecco il finale da “incorniciare”: “Non ho mai temuto internet che utilizzo professionalmente dal 1994. Conosco la potenza della televisione e sono ammirato dalla resilienza della radio: ho frequentato e continuo a frequentare l’una e l’altra. Ma ogni volta che trovo il tempo di leggere attentamente un quotidiano o un settimanale – spesso in viaggio – mi accorgo di aver imparato qualcosa e di avere nuove idee. Food for thought, si dice in inglese. Cibo per i pensieri”.

Pickett è incondizionatamente d’accordo non solo per motivi di passione personale, ma perché convinto che la lettura dei giornali fa crescere, ti costringe ad essere curioso, ti fa stare “dentro” alla vita.

Sottoscrivo anche, parola per parola, la conclusione di Severgnini: una mission forse impossible ma da provare a realizzare lo stesso, ad ogni costo: “So di combattere una battaglia difficile – scrive Severgnini – non occorre conoscere le cifre della diffusione dei quotidiani per capire che la nostra società sta perdendo un’abitudine. Basta salire su un treno, entrare nel metro, avere figli di vent’anni. Ma le battaglie difficili sono, spesso, le più interessanti. Se hanno un senso, naturalmente. E questa ce l’ha. Una nazione informata è, e resterà sempre, una nazione libera. Il giorno in cui saremo solo contatti pubblicitari, smetteremo di essere cittadini”.

Grazie Beppe

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