Nel 1933 (85 anni fa!) Bertolt Brecht scrisse un romanzo per il teatro che ebbe uno scarsissimo successo commerciale.

Si intitolava “Teste tonde e teste a punta”: fu rappresentato sulle scene una sola volta a Copenaghen nel 1936 dove l’autore viveva in esilio.

Il contenuto, connotato di un fortissimo e preoccupato pessimismo, è di tragica attualità.

Sembra quasi la sceneggiatura di un film girato in questi giorni in Italia.

Pickett lo ha ritrovato grazie ad uno stimolante articolo di Paolo Di Paolo apparso sul quotidiano La Repubblica durante la pausa agostiana.

La storia, immaginata dalla mente creativa di Bertolt Brecht, merita di essere raccontata e conosciuta. Chissà che non ci serva per meditare meglio su cosa ci stia accadendo intorno.

Soprattutto che ci stimoli a fare di tutto per evitare di vivere in diretta un finale catastrofico e, purtroppo, non così fantasioso rispetto alla nostra attuale realtà.

Vediamo la trama.

C’è un paese di nome Jahoo, in crisi economica e morale, dove il malessere monta e la politica non riesce a trovare adeguate risposte.

Il Viceré vorrebbe ipotecare ferrovie e dogane; il suo consigliere economico lo informa che ciò è già stato fatto. I “Cinque Grossi” che possiedono un terzo delle ricchezze del paese non si fidano più: sono delusi e furiosi. Non resta dunque che dare pieni poteri a Iberin e alla sua Lega (testuale nel romanzo). E così Iberin ha campo libero e porta finalmente al potere un “governo amico del popolo” (definizione testuale della sceneggiatura di Brecht!).

Iberin insiste sulla necessità di uno scontro fra le Teste Tonde, i Ciuk “indigeni di  Johoo fin dal principio e di buon sangue” e le Teste a Punta, i Cik, e cioè gli stranieri.

Il Viceré e il suo consigliere hanno qualche perplessità ma la tengono per sé: “Al posto della lotta fra ricchi e poveretti pone quella fra Ciuk e Cik”. Si alza qualche voce timida, o intimidita, per far notare che la dottrina delle Teste a Punta distoglie dai problemi effettivi: si tratta in fondo solo di “parole, parole, parole! ne inventano una ogni giorno”; la vera differenza è fra chi sta male e chi sta bene.

Ma Iberin non si ferma: “Popolo Ciuk, che in miseria dimori! Oppresso, depredato! Chi ti opprime? Chi ti saccheggia? Un perfido nemico che non conosci”.

Il popolo protesta, le tasse sono alte, le prospettive scarse, chiunque si aspetta qualcosa. Iberin garantisce che “È cominciata una nuova era”: manderà al diavolo i padroni, lui sta con gli umili.

La priorità, comunque, è arginare le Teste a Punta.

Voci dalla folla: “Per noi tonde o appuntite è tutto uguale! Poveri o ricchi: questo è quello che vale!”. Pensatela un po’ come volete, io voglio provare con Iberin”.

Pickett vi immagina già tutti stupefatti: come ha fatto Brecht ad anticipare uno scenario quale quello di questo autunno del 2018 nel nostro paese, ben 85 anni fa? Iberin, nelle intenzioni dell’autore, è una rappresentazione di quei profeti di razzismo e xenofobia, quando questi termini sono usati per fini demagogici, come un trucco per manipolare le folle.

Iberin ha un rapporto quasi erotico con il microfono e l’aria del servitore affaticato del popolo. Ma è un “uomo nuovo” della politica: pensa “Soltanto al bene del paese”. È “in apparenza” disinteressato: “Esige giustizia e fermezza verso il povero e verso il ricco”.

Chi lo segue? “L’intero ceto medio impoverito: egli lo ha unito nella Lega Iberin”.

La sua grande trovata, la sua causa è “Una causa che ha due gambe”: “il nostro Iberin sa che il popolo, non molto esperto di astrazioni, reso impaziente dal bisogno, cerca un reo di tutti i mali che abbia aspetto famigliare: un essere che sia con occhi, naso, bocca e su due gambe: uno che si possa incontrare per strada”.

Brecht, mentre scriveva la storia di Iberin, stava vivendo il dramma di quel tragico 1933: l’ascesa al potere di Adolf Hitler e l’inizio della nazificazione della Germania.

Non vogliamo aggiungere altro salvo che i segnali di allarme se non vengono colti al momento giusto, a volte non tornano più.

 

Comments (1)
  1. klement (reply)

    14 Settembre 2019 at 10:38

    Più attualità di così.
    Ora per ogni governo si conta il numero delle donne. Poco importa la differenza tra Naomi e la colf che ha picchiato

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.