La magistratura europea  è stata più veloce della politica europea.

Lussemburgo batte Bruxelles 1 a 0: la Corte di Giustizia dell’UE ha infatti condannato la Polonia al pagamento di una sanzione giornaliera pari a 1 milione di euro per non aver rispettato l’ordinanza del 14 luglio scorso  che obbligava il governo di Varsavia ad abolire l’attuale sistema disciplinare adottato per i giudici, considerandolo in contrasto con il diritto dell’Unione.

Mentre a Bruxelles si discute, in Lussemburgo si decide!

Dopo le schermaglie mediatiche e lo scontro politico prima nel Parlamento a Strasburgo e poi in Commissione a Bruxelles, il confronto tra l’Unione Europea e il governo di Morawiecki si sposta sul piano giudiziario.

Scrivevamo nei giorni scorsi che siamo probabilmente arrivati al gong dell’ultimo round dello scontro tra l’Unione Europea e Varsavia, sempre incentrato sul tema della Rules of Law, della difesa cioè dello “stato di diritto”.

Ricapitoliamo, in sintesi, l’oggetto … almeno apparente, del contendere (nella realtà, a nostro avviso, la Polonia, come d’altronde l’Ungheria, sta cercando di portare a casa più contributi economici possibili, alzando sempre di più la posta in gioco!).

Nel 2018 il governo di Morawiecki istituì la Camera disciplinare per giudicare sulla condotta dei giudici polacchi.

Un organo costituito da magistrati scelti dall’Esecutivo e ligi all’osservanza delle sue volontà. Proprio da questa scelta del governo, nacquero le prime contestazioni di Bruxelles in ordine alla violazione da parte del governo polacco dei principi fondamentali dello stato di diritto in una democrazia vera e cioè la separazione dei poteri e l’autonomia e indipendenza della magistratura.

Di qui, la decisione della Corte Costituzionale polacca dello scorso 7 ottobre che dichiarò incostituzionali alcune norme contenute nei Trattati europei rispetto alla Carta Costituzionale polacca.

Di qui, ancora, il durissimo scontro politico tra Varsavia, appoggiata dall’Ungheria di Orban, e Bruxelles, accusata di intromettersi e non rispettare l’autonomia interna degli stati membri in materia di giustizia.

E’ molto interessante, a questo proposito, un’intervista rilasciata da un giudice polacco dissidente rispetto alla politica del governo, membro della Corte regionale di Cracovia, che racconta la storia delle sue vessazioni alla testata on line italiana Linkiesta.

Dariusz Mazur, giudice del tribunale di Cracovia, una delle Corti locali della Polonia, ha già subito quattro procedimenti disciplinari a suo carico.

Mazur è un esponente di spicco, nonché portavoce, della seconda più importante associazione dei magistrati polacchi, “Themis”, e in questo suo ruolo ha denunciato ripetutamente negli ultimi anni lo sfrontato attacco all’indipendenza del potere giudiziario messo in atto dal partito Diritto e Giustizia (PiS), il partito che nelle elezioni del 2015 ha ottenuto la maggioranza assoluta nei seggi nel parlamento di Varsavia.

Il PiS controlla oggi sia il Governo, sia il Parlamento, sia i nuovi enti, tipo la Camera Disciplinare, istituzionalmente deputati a controllare le attività dei magistrati.

Mi trovo in questa situazione – ha detto Mazur al giornalista de Linkiesta – perché ho denunciato ripetutamente e spesso da solo gli evidenti casi di corruzione nella nomina dei giudici che hanno coinvolto l’attuale ministro della giustizia polacco. In uno dei procedimenti disciplinari avviati nei miei confronti mi è stata contestata la circostanza di aver manifestato con dei poster perché un tribunale aveva negato alla Themis  il diritto di riunirsi e parlare delle varie problematiche della nostra categoria. In un altro procedimento, sono incolpato di essermi permesso di chiedere informazioni sui componenti del Consiglio Nazionale della Magistratura che decide sulla nomina dei giudici polacchi e che è stato interamente eletto dal Parlamento violando quindi la nostra Costituzione”.

Il governo polacco, presidiato “militarmente” dal PiS ha via via modificato il sistema delle nomine dei giudici costituzionali stravolgendo così la procedura di composizione della Corte Suprema e del Consiglio Nazionale della Magistratura.

La presidente della Corte Costituzionale viene considerata una persona molto vicina al Ministro della Giustizia e al Primo Ministro polacco Morawiecki.

Con una legge del 2018 proprio l’attuale Ministro della Giustizia Zbigniew Ziobro, deputato e leader del partito, ricopre anche il ruolo di procuratore generale!

A causa dei numerosi provvedimenti attivati nei confronti dei magistrati (attualmente sono pendenti oltre 100 ricorsi) solo per ragioni politiche, al mio collega Czajka è stato imposto il trasferimento dall’ufficio giudiziario penale a quello civile e questo è stato un duro e inaccettabile colpo per un giudice con più di vent’anni di carriera nel campo penale come lui”.

Non si contano i casi raccontati da Mazur di trasferimenti di sede immediati ed improvvisi, anche a centinaia di chilometri dal tribunale in cui prestavano servizio.

Mazur sottolinea anche la vera e propria intimidazione nei confronti dei giudici che avviene attraverso una propaganda programmata per denigrarli.

Non era raro – ha dichiarato Mazur – durante un pranzo o una cena con la famiglia, assistere in televisione a campagne di propaganda che spesso e volentieri gettavano fango sulla categoria con notizie false o che distorcevano comunque la realtà … in uno spot pubblicitario è stato messo alla berlina un ex giudice che ha rubato dei vestiti da un negozio, senza specificare che era in pensione e senza la minima sensibilità e rispetto per la malattia mentale che gli era stata diagnosticata e accertata”.

Mazur chiude il suo disperato grido di dolore con una amara riflessione “il clima intimidatorio ha portato i giudici indipendenti, sempre più pochi, a battersi nelle aule per il rispetto della legge e a radunarsi in una sorta di “resistenza giudiziaria”.

In questo contesto, che dobbiamo ricordarci tocca un paese membro dell’Unione Europea e vicino ai nostri confini, è necessario un messaggio forte e chiaro che giunga da Bruxelles.

La Corte di Giustizia ha fatto la sua parte. Adesso tocca alla politica comunicare al governo di Morawiecki che per stare in Europa bisogna rispettarne i valori non solo, come ha detto giustamente il nostro Presidente del Consiglio, fare degli affari.

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