Se non ci avete mai pensato, provate a mettervelo in agenda. Se non sapete che esiste, andate a leggerne la storia ormai ultra decennale (quest’anno si è svolta la 13° edizione) andate sul sito. Stiamo parlando del Festival dell’Economia di Trento conclusasi domenica 3 giugno dopo quattro giorni intensi di incontri e dibattiti di qualità e quantità impressionanti.
Pickett ha avuto l’opportunità di andare a curiosarci dentro, proprio in occasione del giorno della Festa della Repubblica. Una Trento festosa, tutta imbandierata di migliaia di tricolori, piena zeppa di giovani occupati o a lavorare, con la caratteristica maglietta arancione per il Festival, o per ascoltare gli autorevoli relatori italiani e stranieri, ci ha accolto con grande affetto.
Già perché l’idea originaria di Tito Boeri, attuale … anche presidente dell’Inps ma sempre professore di economia e Direttore Scientifico del Festival, era propria quella di concentrare in 96 ore in una città bellissima, ma fuori dai circuiti tradizionali, una città ricca di laboratori universitari e politici, una vera e propria Summa dei temi più attuali, più spinosi, più allarmanti della nostra comunità. Anticipando quasi sempre, con visione e lucidità, le tematiche che sarebbero entrate nelle agende della politica internazionale dei vari paesi occidentali e non. Il successo è stato immediato fin dalle prime edizioni. La qualità dei relatori altissima. L’occasione per le nostre orecchie provinciali di ascoltare voci e opinioni di economisti, filosofi, giornalisti, sociologhi e … pochi politici, sulle priorità della nostra difficile contemporaneità.
La quantità, fin quasi eccessiva, degli incontri, genera quasi un circuito psicologico energetico all’insegna del “corro via perché non posso perdermi la prossima tavola rotonda….” Le conversazioni in calendario ogni giorno dal giovedì sera alla domenica (oltre 120 incontri con oltre 150 speakers) sono sparse nel bellissimo centro storico di Trento, organizzate in palazzi di tradizione urbanistica mittel europea: il tutto conferisce un tocco in più all’atmosfera generale del festival.
Il titolo di questa edizione 2018 era “Lavoro e Tecnologia” sull’angosciante impatto dell’Intelligenza Artificiale sui livelli dell’occupazione mondiale. Nelle edizioni precedenti, si erano discussi i seguenti temi:
–      2006 ricchezza e povertà
–      2007 capitale umano, capitale sociale
–      2008 mercato e democrazia
–      2009 identità e crisi globale
–      2010 informazioni, scelte e sviluppo
–      2011 i confini della libertà economica
–      2012 cicli di vita e rapporti tra generazioni
–      2013 sovranità in conflitto
–      2014 classi dirigenti, crescita e bene comune
–      2015 mobilità sociale
–      2016 i luoghi della crescita
–      2017 la salute diseguale

“La tecnologia può elevare il lavoro e creare tempo libero – ha spiegato Tito Boeri all’inaugurazione del Festival – ma la sua avanzata si accompagna al consumo diffuso di ansiolitici. Ogni qualvolta si assiste ad una accelerazione del progresso tecnologico, le tesi secondo cui le macchine sostituiranno interamente l’uomo prendono piede. La fine del lavoro è stata decretata centinaia di volte, con un pessimismo tecnologico che trascende gli anni di crisi. Eppure nelle economie di tutto il mondo si continuano a generare milioni di posti di lavoro e il tasso di occupazione è cresciuto nel corso del XX secolo pressoché ovunque”
Il Festival si è aperto nel pomeriggio di giovedì 31 maggio, con la conferenza del prof. Freeman dell’Università di Harvard, dal titolo “Robot mania”. Molto apprezzata la conferenza tenuta dal fisico Cingolani, direttore dell’Istituto Italiano di Tecnologia, di Genova, che ha proposto una suggestiva intervista ad un robot. Lo scrittore Morozov ha analizzato la guerra tra le imprese americane e quelle cinesi per lo sfruttamento delle nuove tecnologie mentre l’economista americano Kruger è intervenuto sui cambiamenti che le tecnologie hanno apportato sul nostro modo di lavorare. Come evidenziato dai quotidiani, ha suscitato polemiche l’intervento del finanziere ungherese Soros che ha provocato l’uditorio prospettando l’ipotesi che il nuovo governo italiano sia il “cavallo di Troia” di Putin.
Insomma una grande occasione per staccare la spina della concitata quotidianità e ossigenare il cervello con stimoli provenienti da teste pensanti, non sempre condivisibili ma sicuramente stimolanti, nuove e diverse rispetto al nostro usuale dibattito nazionale.
Volendo sintetizzare il concetto più importante emerso dalla tre giorni trentina, si potrebbe dire che sapremo, noi umani, superare, gestire e vincere la sfida con la rivoluzione dell’Intelligenza Artificiale soltanto se rimetteremo al centro delle nostre attività il pensiero e la parte emotiva e creativa del nostro muscolo cerebrale.
Tutto quello che, in altre parole, le macchine non potranno mai avere né conquistare.
Se invece vorremo competere con i robot su altre attività più tecnologiche, ripetitive, standardizzabili, “ci faranno a pezzi!”.
Sapremo cogliere questo spunto? Guardandoci intorno essere ottimisti è purtroppo molto arduo.
Ma dobbiamo essere consapevoli che solo attraverso la valorizzazione delle nostre qualità intellettuali e sentimentali potremo farcela.
Gli speaker di Trento, chi più chi meno, ce lo hanno ricordato, gridato, sollecitato. Per questo motivo è importante, ogni tanto, obbligarci a “staccare” con la propria abituale routine e “cambiare arena” e andare ad ascoltare “altri” lontani, diversi e, perché no?, opposti rispetto alle nostre opinioni.
Ne torneremo sempre e in ogni caso arricchiti.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.