Stiamo sprecando una occasione storica per il nostro futuro.

Quel plurale “Noi” è riferito proprio a noi tutti, di qualunque genere, età, credo politico.

Stiamo distorcendo verso una deriva negativa e spinosa la più grande rivoluzione tecnologica probabilmente avvenuta nella storia dell’umanità: Internet.

Lo stiamo facendo, più o meno inconsapevolmente, come dei robot programmati per autodistruggerci. Pigri e distratti, da un lato, abbiamo permesso che le nostre abitudini quotidiane, la nostra privacy, fossero modificate, in circa trent’anni, come mai era accaduto nei tremila anni precedenti.

Dall’altro lato, abbiamo acconsentito che i “Signori” del Web, inventori e promotori di questa rivoluzione comportamentale, diventassero un vero e proprio Trust così potente da influenzare i destini politici del mondo, diventando non solo i più ricchi ma anche i più potenti della Terra.

La grande, unica e straordinaria opportunità di Internet, del mondo del Web in senso generale, di allargare e velocizzare la conoscenza dei Saperi (con la S maiuscola) a tutti gli esseri umani, si sta riconvertendo in un “mostro” in mano a pochi che determinano i destini di tutti, per riecheggiare una famosa frase di Winston Churchill (in allora “Mai così pochi fecero tanto per la libertà di tutti”; oggi “Mai così pochi possono determinare la vita di tanti!”).

Di fronte a questo disastro annunciato, sembriamo distratti, disinteressati, lontani, quasi spettatori di un film che non ci riguarda.

A questo proposito e per acquisire almeno la consapevolezza di questo rischio in essere, suggerisco la lettura di alcuni libri usciti proprio negli ultimi giorni.

Quattro libri che non ci permettono di coltivare alibi buonisti o inconsapevoli distrazioni.

Mi riferisco ai saggi (i) di Andrea Minuto Rizzo e Roberto Sommella “Ingovernabili” (Luiss); (ii) di Riccardo Staglianò “Gigacapitalisti” (Einaudi); (iii) di Zac Gershberg e Sean Illing “The Paradox of Democracy” (University of Chicago Press); (iv) di Daniel Kahneman “Pensieri lenti e veloci” (Mondadori).

“Ingovernabili”

Il libro di Minuto Rizzo, attualmente responsabile Affari Istituzionali dell’Unione Europea e internazionali presso Ferrovie dello Stato Italiane e di Roberto Sommella, direttore di Milano Finanza, affronta il tema dei nuovi monopoli originati dalla rivoluzione digitale.

La differenza tra questo nuovo trust e quello dei primi industriali del secolo passato è che gli attuali operatori non sembrano subire alcuna minaccia d’ingresso nei rispettivi mercati né da parte di concorrenti, né da parte dei governi delle nazioni.

Hanno costruito delle “barriere all’accesso” che impediscono la nascita di un vero mercato che in qualche modo contaminerebbe negativamente il loro monopolio.

Secondo gli autori, nel mondo digitale si sarebbe inceppato quel naturale meccanismo di autocorrezione del mercato di cui siamo stati spettatori nel secolo scorso.

Da qui nasce l’esigenza di introdurre nuove forme di regolamentazione che in qualche modo arginino lo strapotere di questi super capitalisti che hanno ormai dei fatturati e dei profitti superiori a molte nazioni.

Rizzo e Sommella contestano soprattutto alle autorità antitrust americane il fatto di aver lasciato crescere e prosperare sotto la propria egida “Questi impressionanti monopoli”.

Ormai il problema non è soltanto di natura economica o concorrenziale “ma anche di democrazia”.

“Gigacapitalisti”

Il volume del giornalista del gruppo de La Repubblica ha proprio la finalità di evidenziare i rischi per le nostre democrazie derivanti dall’eccessiva concentrazione di ricchezza e potere nelle mani di una mezza dozzina di padroni dell’economia digitale.

Non vuol essere un atto di accusa contro l’innovazione tecnologica o l’accumulazione di ricchezze: il capitalismo ha sempre avuto queste regole del gioco e ha dimostrato “Di essere il peggior sistema economico ad eccezione di tutti gli altri”  parafrasando un famoso adagio di Winston Churchill.

E’ il momento di intervenire prima che sia troppo tardi – sottolinea l’autore – perché le fortune troppo concentrate non fanno bene né al mercato né alla società”.

Siamo di fronte ad un monopolio digitale che sfugge ad ogni controllo esercitando al tempo stesso una vigilanza ossessiva sulle nostre vite private.

Secondo Staglianò non bisogna gettare il bambino della rivoluzione digitale con l’acqua sporca dei suoi eccessi. Bisogna attrezzarsi, a livello normativo, ripetendo quanto fu fatto in America agli inizi del secolo scorso, quando i baroni del “capitalismo di rapina” furono costretti dal governo a ridurre le loro corporation, frazionandole in diverse società con l’obbligo di cederne a terzi una parte.

Con leggi migliori, tasse più giuste, più diritti ai lavoratori sfruttati e una nuova consapevolezza collettiva, anche questi “sultani del silicio” come li ha denominati l’Economist, potranno essere riportati ad un posizionamento di proporzioni accettabili e socialmente utili.

“The Paradox of Democracy”

Secondo gli autori dovremmo iniziare “a pensare alla democrazia meno come ad un tipo di governo e più come ad una cultura aperta di comunicazione. In questo nuovo  mondo il linguaggio e l’interazione sociale assumono contorni assolutamente più rilevanti per non dire decisivi”.

Gustavo Ghidini e Daniele Manca hanno giustamente sottolineato che già 25 anni fa Giuliano Amato, reduce dalla sua esperienza all’Autorità Garante, avvertiva come la grande concentrazione del potere economico ponesse un problema “non solo di efficienza dell’economia di mercato, bensì anche di efficienza democratica del sistema politico-sociale”.

Il monito di Giuliano Amato, oggi, risuona a tutto volume di fronte allo strapotere dei titani del web che non è soltanto di natura economica ma che si estende alla capacità di influenzare legislatori e autorità di garanzia e controllo.

Siamo di fronte, secondo gli autori, a 5-6 imprenditori che possono influenzare la pubblica opinione e conseguentemente gli orientamenti socio-culturali e politici nel mondo.

Non solo creano ricchezze inimmaginabili, ma influenzano la politica come ci hanno dimostrato negli ultimi anni molti casi come Cambridge Analytica.

Se democrazia significa il potere di un popolo informato, l’attuale dominio dei monopolisti del Web comporta il rischio di troppe tossine nei pozzi dell’informazione.

“Pensieri lenti e veloci”

Il volume illustra i diversi processi che caratterizzano la mente umana e condizionano tutte le nostre scelte.

L’autore sottolinea che siamo di fronte ad una insidia che sta contaminando le nostre condotte e se ne parla troppo poco!

Internet ci ha a poco a poco educati ed abituati ad un linguaggio stringatissimo, iperveloce, povero di vocaboli, semplificato anche con simboli elementari come le faccine degli emoticon.

Un linguaggio che non stimola i ragionamenti “lunghi” bensì il pensiero veloce, intuitivo, a scapito proprio di quello lento, riflessivo, complesso, problematico che dovrebbe costituire il criterio per gestire le nostre relazioni interpersonali.

Secondo Kahneman, Internet crea l’abitudine all’immediatezza di reazioni comportamentali e quindi può portare a credere alle fake news, alle opinioni numericamente dominanti nel  mondo del social: a seguire, accettare più che a dubitare.

Si creano le condizioni insomma di gregarietà rispetto ai pifferai magici”.

Questa testata, come espressamente sottolineato nel suo manifesto originario redatto al momento della sua trasformazione da periodico cartaceo a periodico online, si è proprio posta l’obiettivo di contrastare questo “trend dell’immediatezza” della semplificazione banalizzante. Ha cercato, sta cercando e punterà sempre a sviluppare ragionamenti lunghi, “figli” di analisi non superficiali ma motivate e adeguate alla complessità del mondo in cui viviamo

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La rivoluzione digitale, come dicevo all’inizio, apre grandi spazi di conoscenza ma anche grandi abissi di manipolazione.

Infine, in un mondo in cui i cittadini non sono mai stati tanto connessi tra di loro, sta aumentando a vista d’occhio il fenomeno della solitudine, dell’abbandono, della incomunicabilità.

Che fare?

Al di là delle riforme legislative e di un maggior controllo da parte delle autorità preposte, bisogna tornare ai fondamentali: riaffidare alla scuola, alle famiglie e ai media il compito e la responsabilità di educare e di vigilare sulle condotte dei soggetti delle nuove generazioni.

Ma perché questo possa avvenire, ci deve essere una consapevolezza del problema.

E, a mio parere, ne siamo ben lontani.

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