Cambridge Analytica ha soltanto accelerato un processo già in atto. Il ruolo e le modalità operative delle FAANG (Facebook, Amazon, Apple, Netflix, Google) è sotto i riflettori di diverse autorità mondiali. Soprattutto il Big Players del mondo digitale stanno rischiando, con i loro comportamenti, di contaminare lo straordinario successo che hanno conseguito negli ultimi anni nei confronti dei consumatori del Villaggio Globale. Anzi, stanno incrinando la fiducia riposta nei loro confronti da milioni di utenti nel mondo. Nei prossimi giorni l’audizione al Congresso degli Stati Uniti di America dei protagonisti (primo tra tutti Mark Zuckenberg) potrà fornirci lumi su cosa intendano fare per rassicurarci sul nostro futuro di persone sempre più connesse alla Rete: dobbiamo immaginarci (i) perennemente rapinati dei nostri dati personali? (ii) trattati, dal punto di vista fiscale, in modo penalizzante rispetto alle FAANG? (iii) spesso maltrattati o ingannati come clienti dei loro prodotti?

O possiamo finalmente sognare di essere più protetti, più rispettati e più coccolati?

La preoccupazione di Pickett è, da sempre, la stessa: il dubbio che sia proprio il modello di business di molte delle FAANG ad essere basato su condotte illecite o comunque “grigie” e border line rispetto alle normative vigenti.

Vediamo le ragioni di tale dubbio.

Se il mio fine aziendale è quello di (a) ottimizzare la pianificazione fiscale del mio gruppo attraverso una scelta mirata delle giurisdizioni dove insediare le mie società; (b) raccogliere sempre maggiori investimenti pubblicitari valorizzando la mia possibilità di avere la profilazione dei gusti e delle scelte di acquisto di milioni di miei follower; (c) programmare la immissione sui mercati di device sempre di apparente nuova generazione, stressando la comunicazione pubblicitaria e l’obsolescenza, più o meno veritiera, dei modelli precedenti?… se questi sono i miei obiettivi, dicevamo, beh, allora, non devo stupirmi che “prima o poi” qualche Autorità apra un’istruttoria nei miei confronti oppure mi contesti comportamenti illegali ovvero elusivi ovvero equivoci/omissivi.

Oggi stiamo vivendo giorni in cui i grandi giocatori del mercato digitale (le FAANG) cercano di passarsi “il cerino” della responsabilità di quanto accaduto. Tim Cook se la sta prendendo con Mark Zuckemberg (“la Privacy è un diritto umano, è una libertà civile”  – ha dichiarato il “capo azienda” di Apple – “ed è qualcosa di unico per l’America, è come la libertà di parola, la libertà di stampa; la Privacy è a quel livello di importanza per noi”). Come d’altronde fece Bill Gates due anni or sono quando se la prese con Tim Cook poiché la Apple si era rifiutata di rivelare all’FBI le chiavi di accesso di due Iphone in possesso di due terroristi islamici, adducendo proprio il rispetto della privacy dei suoi clienti.

Oggi, come mai nel nostro recente passato, sarebbe il momento che la Politica, con la P maiuscola, diventasse davvero il driver strategico di questa complessa e delicata situazione. Bisognerebbe riordinare e armonizzare la normativa in materia, cercare soluzioni condivise a livello sovranazionale, far applicare le leggi esistenti, non permettendo l’esistenza di aree di franchigia operativa a nessuno. In Europa e al di là dell’atlantico.

Non è, a nostro avviso, un problema di criminalizzazione delle FAANG, imprese benemerite per tutta la recente innovazione introdotta a livello mondiale. Bensì di non concedere privilegi o aree “franche”, fuori dalla legge, a nessuno. Ne risentiranno i risultati economici delle FAANG? Può darsi. Ma, alla domanda se si possa collegare il rispetto della legge con l’operatività nel mondo rutilante del web la risposta, a nostro avviso, dovrebbe essere SI, certamente! Forse con minori guadagni per le FAANG ma in un mondo e in un mercato globale più giusto, equo e competitivo in modo leale. Pensiamoci.

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