Donald Trump e Mark Pompeo sono tornati negli ultimi giorni a picchiare duro su questo tema.
Hanno ripreso, dopo una breve pausa di silenzi mediatici, il teorema sulle responsabilità del governo cinese nella diffusione del contagio della pandemia.
Proprio in queste ore il Segretario della Difesa Mark Esper ha addirittura allargato il perimetro delle accuse sostenendo che “Cina e Russia usano il virus per condizionare l’Italia”.
Per alcuni osservatori questi annunci ripetitivi e quasi intimidatori fanno parte di una tattica negoziale di Trump per ottenere  un risarcimento economico da Pechino: banalmente una sensibile riduzione del colossale debito che gli Stati Uniti hanno nei confronti della Cina e che contamina parecchio le politiche economiche americane del futuro.
Il senatore repubblicano Tom Cotton invece, chiede di “sganciare l’economia americana da quella cinese” e vuole farlo per legge imponendo alle multinazionali statunitensi in Cina di rientrare in patria. Un’altra autorevole collaboratrice del Presidente Trump, Lindsey Graham preme perché il grande paese asiatico venga punito in modo esemplare.
La nuova ondata di dichiarazioni e di ipotesi più o meno fantascientifiche sul cosiddetto complottismo, ci permette di fare un punto della situazione.
Sia dal punto di vista degli eventi succedutisi negli ultimi mesi sia degli scenari prospettici.
Tutto ciò per cercare di capirne qualcosa di più rispetto alle tante versioni che circolano in Rete e ci bombardano ogni giorno sulle cause originarie del Covid-19.
Aggiungo che, l’uscita contemporanea in Italia di due libri sui temi delle profezie e dei complotti, ci offre una duplice opportunità di riflessione.
Da un lato constatare come siamo tutti tanto distratti dal non capire l’importanza del “come” e del “quanto” stiamo distruggendo con le nostre mani il nostro futuro.
O, meglio, il futuro dei nostri figli e nipoti.
Dall’altro, come tra profezie non valorizzate e dietrologie complottiste, siamo continuamente sballottati tra un amico che ci svela l’ultima ed esclusiva verità sul “dove” e “perché” si è originato il Covid-19 e l’altro amico, soprannominato “Cassandra” che ci conferma, con il suo sguardo sicuro e strafottente, che Lui, Bill Gates e Lawrence Wright, da tempo sapevano e ci dicevano che sarebbe finita così.
I due libri che vi segnalo, prima di entrare nel merito delle teorie complottiste, sono: (i) il romanzo “Pandemia”(Piemme) del Premio Pulitzer Lawrence Wright, scritto prima dell’apparizione del virus Corona che racconta appunto la storia di Kongoli, un virus che si propaga dall’Asia a tutto il pianeta, lasciando vittime ovunque, e che si sospetta sia stato costruito in un laboratorio russo. Il protagonista della storia è il virologo americano Henry Parsons che fa di tutto per scoprirlo e combatterlo; (ii) il libro “Profezie” (Oscar Mondadori) un testo del 2012, ristampato in queste settimane, che rivisita e racconta le predizioni, spesso contraddittorie o oscure, che sono state fatte nel corso della storia dell’umanità partendo da Nostradamus per finire agli scienziati di questo millennio.
Come possiamo districarci, noi poveri cittadini – lettori, già angosciati dalla quotidiana sopravvivenza continuamente allarmata da veri e propri bollettini di guerra, in questa melassa di storie, versioni diverse, ipotesi contraddittorie sulle cause dell’attuale pandemia?
Diventando scettici e limitandoci a tirare a campare?
Oppure, approfondendo i temi e cercando di capire?
Personalmente, non ho dubbi sulla strada da seguire.
Per questo motivo cercherò di condurvi per un sentiero di ragionamenti basati sui dati e le informazioni che abbiamo ricevuto negli ultimi mesi, dallo scoppio del problema.
Ho voluto concentrarmi sulla dietrologia, più o meno manipolata, che esiste e trova parecchi proseliti sulle presunte cause “vere” di questa pandemia.
Ho messo insieme, insomma, dati e notizie pubblicati sui media nazionali ed internazionali, più o meno avvalorate dagli scienziati e più o meno manipolate dalla politica nei vari stati.
I più autorevoli esponenti del governo americano, proprio nelle ultime loro dichiarazioni ufficiali, non hanno escluso, come abbiamo detto, che il virus sia stato addirittura volontariamente o comunque a causa di negligenze ingiustificabili, fatto “uscire” da un laboratorio cinese di Wuhan, infettando poi tutto il mondo.
Ho quindi riavvolto il nastro e sono ripartito dall’inizio di questa tragica storia.
Finora, dobbiamo ricordarcelo, la versione ufficiale che ci viene raccontata è quella apparsa il 17 marzo scorso sulla rivista scientifica Nature Medicine: il nuovo Sars Cov-2 è il risultato di una evoluzione naturale e ha grandissime similarità con i Coronavirus che contagiano i pipistrelli e da questi animali è arrivato a noi.
Si sono, nel frattempo, moltiplicate le versioni alternative.
Soprattutto l’idea che proprio un Coronavirus, manipolato geneticamente, magari per studiare un vaccino contro il virus dell’AIDS (questa è la ricostruzione del Premio Nobel Luc Montagner, bocciata però dalla comunità scientifica internazionale) sia potuto “scappare” accidentalmente da un laboratorio cinese, con sede vicino alla città di Wuhan.
Come hanno diligentemente ricostruito Guido Olimpio e Adriana Bazzi sul Corriere della Sera, ci sono dei dati di fatto reali sui quali vengono poi costruite delle fake news.
Nel mondo esistono, infatti, dei laboratori di massima sicurezza (si chiamano P.4) dove si studiano e quindi si manipolano (perché questa è la funzione della ricerca) dei virus letali. Secondo i giornalisti del quotidiano milanese, tali laboratori speciali sarebbero oggi almeno una quarantina rispetto ai quattro conosciuti alla fine del secolo scorso.
Uno di questi laboratori di “massima sicurezza” si trova proprio nei dintorni di Wuhan.
Fin dal 2017 alcune riviste specializzate avevano sollevato dei dubbi sulla sicurezza del sito, troppo vicino al centro della popolosa città cinese.
Sul tema della mancanza di sicurezza all’interno e all’esterno di questi laboratori speciali che studiano i virus letali, c’è sempre stata una polemica in tutto il mondo. Negli anni ’90 era finito in prima pagina un laboratorio francese operativo nel centro della città di Lione. Ma anche in quel caso, dopo alcune settimane di polemica mediatica, non se ne seppe più nulla.
La seconda circostanza da tenere a mente è la seguente: tutte le grandi potenze mondiali hanno sempre finanziato, nei loro centri militari, ricerche che avevano e che hanno a che fare con la cosiddetta guerra chimica o biologica. Si sono sempre studiate armi biologiche sia per offendere (e sono state poi proibite) e poi per difendersi, per esempio, dal bio terrorismo che è stato uno degli incubi degli ultimi dieci anni in tutto il mondo.
La storia recente ci segnala diversi casi di incidenti occorsi in laboratori di “presunta massima sicurezza” da dove sono evasi, più o meno in modo colposo, dei batteri-virus letali.
Alcuni esempi delle più famose evasioni: nel 1979 c’è stato un incidente in un centro di ricerca militare nella cittadina di Sverdlovsk, ai piedi degli Urali, oggi Ucraina, un tempo sovietica, durante il quale almeno 100 civili perirono per la fuga accidentale di antrace, un batterio quella volta, non un virus. .
Altri due casi famosi sono quelli accaduti nei laboratori militari americani di Fort Detrich nel Maryland e in quelli russi sull’isola di Vozrozdenie, sul lago Aral. I virus fuoriuscirono dalle zone protette ma non si seppe mai il bilancio delle vittime.
Nel 1967 fu la Germania la protagonista di una fuga di germi. Il virus, importato da alcune scimmie native dell’Uganda, aveva provocato febbri emorragiche nei ricercatori (simili a quelle dell’Ebola). L’ultimo episodio conosciuto dalla stampa internazionale risale al 2015: l’allarme scoppiò a New Orleans per la fuoriuscita di un batterio, non un virus,  chiamato Burkolderia Pseudomallei e proveniente dai laboratori del Tulane National Primate Center di Covington a nord della città della Luisiana. Subito si parlò di un attacco terroristico, ma poi l’allarme rientrò perché si scoprì che il germe non era pericoloso per gli esseri umani.
Questa carrellata di precedenti ci dovrebbe aiutare a ribadirci un punto fondamentale della lettura di questi drammatici episodi: chi fa ricerca, con virus pericolosi, dovrebbe essere super protetto, non solo dentro i laboratori, ma anche nei dintorni.
Ma non è così purtroppo!
C’è chi si contagia anche per caso.
Bisognerebbe aprire un dibattito sulla necessità di questo tipo di ricerche che si porta con sé, come abbiamo visto, una buona dose di rischio di contagi esterni, più o meno colposi: ma questo è un altro discorso sul quale la politica delle leadership mondiali fa fatica a confrontarsi.
Tornando al nostro tema, una delle tesi che circolano attualmente nella Rete fa risalire proprio ad una mancanza di sicurezza nel laboratorio di Wuhan, la causa originaria della diffusione del Covid-19.
Al di là quindi delle manipolazioni della politica e degli interessi delle grandi potenze, esiste a mio avviso un oggettivo rischio di contagio strettamente legato alle misure di sicurezza più o meno adottate nei singoli laboratori, per lo più militari, che si occupano della gestione di virus letali.
L’auspicio è che, tenendo conto di questi precedenti e dell’implicita complessità di mantenere un livello di sicurezza adeguato in questi laboratori, tutte le comunità mondiali dovrebbero attrezzarsi meglio nel gestire possibili emergenze legate a “evasioni” più o meno dolosamente facilitate o colposamente causate dai responsabili di questi laboratori.
A meno che non si avvii un dibattito serio e costruttivo sull’abolizione reale e non solo astratta delle armi chimiche e batteriologiche e quindi dei luoghi dove queste vengono studiate, immaginate e realizzate!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.