Per capirci qualcosa, proviamo a mettere insieme alcuni “pezzi” del tremendo e complesso puzzle che abbiamo davanti agli occhi in Medio Oriente soprattutto  ma anche nel resto del mondo.

1) Mohammad bin Salman (MbS), dopo mesi di faticose trattative, più o meno segrete, stava per concludere uno storico accordo con Israele: la reciproca legittimazione! Dopo quasi ottant’anni di conflitti, di incomprensioni, di stragi, di muro contro muro, il più importante (sia dal punto di vista religioso sia economico) degli stati arabi, l’Arabia Saudita appunto, stava per compiere un passo decisivo di stabilizzazione della pace in quella zona calda e delicatissima del mondo. Una pace che avrebbe modificato profondamente alleanze, ruoli e relazioni tra tutti gli storici protagonisti di questa storia. Il 7 ottobre scorso, Hamas ha deciso di compiere il terrificante attacco terroristico contro Israele di cui ogni giorno conosciamo meglio i terribili dettagli di violenza disumana perpetrata.

La maggioranza degli esperti individua in quell’attacco una scelta ben precisa da parte dell’organizzazione palestinese: bloccare o almeno rinviare, la firma dell’accordo tra Arabia Saudita e Tel Aviv. Impedire che tale accordo rendesse sostanzialmente marginale il ruolo di tutte quelle organizzazioni paramilitari palestinesi che non vogliono in nessun caso trovare una strada di pacificazione con Israele. Hamas storicamente e istituzionalmente (ce lo ha scritto nel suo atto costitutivo del 1988 di non dover riconoscere la legittimazione dell’occupazione della Palestina da parte degli ebrei!) ha sempre lottato contro qualsiasi mediazione che tendesse ad un accordo e che quindi ipotizzasse soluzioni per i profughi palestinesi. Per Hamas, come per le altre organizzazioni paramilitari palestinesi, l’unica possibile via per far cessare le violenze è il ritorno dei palestinesi nella loro terra occupata illegittimamente da Israele.

L’attacco del 7 ottobre ha raggiunto il suo scopo: ha bloccato, per ora, la trattativa e il progetto di MbS di firmare l’accordo con Tel Aviv entro la fine di quest’anno. MbS ha dovuto fare mezzo passo indietro per non perdere il consenso del suo popolo. Ha dovuto fare una condanna aperta di Israele, pur con un linguaggio non esacerbato, per non perdere il suo ruolo primario politico-religioso nell’islam sunnita, diviso tra filo sauditi e islam politico (Turchia, Qatar, ecc.) e per arginare l’islam sciita guidato da Teheran.

2) MbS, fin dal 2017, ha pianificato una nuova strategia di sviluppo per il suo paese. Da quell’anno è diventato il principe ereditario e quindi ha potuto mettere in pratica il suo progetto: ha eliminato la concorrenza di parenti pericolosi e ha ottenuto il consenso di tutto l’establishment saudita per un piano di investimenti da 100 miliardi di dollari, denominato Vision 2030. In questa sua ascesa MBS è “inciampato” nel caso Khashoggi. Il 2 ottobre del 2018 il giornalista del Washington Post veniva assassinato da dei killer “ispirati” dal nuovo leader dell’Arabia Saudita. Tutto il mondo gli si scatenava contro e al G20 di Buenos Aires MbS si ritrovava isolato. Biden arrivava addirittura a definirlo in pubblico un “paria”.

MbS capiva che non era il momento di polemizzare o di prospettare delle difese senza prove e si concentrava sulla politica interna, sulla modernizzazione del paese. Cancellava l’obbligo del soprabito nero per le donne, le autorizzava a guidare l’automobile e ad andare in giro, anche in viaggio, da sole. Apriva le frontiere, diminuendo i controlli, rilanciava un grande piano di accoglienza per i turisti di tutto il mondo. Iniziava ad investire quantità di risorse finanziarie inimmaginabili nel mondo dell’etertainment, importando i più famosi eventi sportivi e culturali a Riad e sul territorio saudita. Nel mondo del calcio diventava il driver dell’ingaggio delle stelle più famose del football europeo. D’altronde i petro-dollari stanno comprando l’intero modello di intrattenimento a livello mondiale: il Qatar ha avuto il mondiale 2022, Dubai l’Expo 2020. L’Arabia avrà l’Expo 2030 e il mondiale di calcio 2034. MbS incomincia, dunque, a realizzare il sogno di far diventare l’Arabia Saudita uno dei protagonisti delle nuove geo-mappe internazionali che stanno nascendo dopo l’invasione russa in Ucraina e anche alla luce di cosa sta accadendo in Medio Oriente.

Il suo pensiero strategico, spiegatogli dall’allora suo mentore Mohamed bin Zayed (MbZ), uomo forte degli Emirati, primo firmatario degli Accordi di Abramo era il seguente. In sintesi è in corso una rivoluzione nel mondo pari a quella seguita alla scoperta dell’America da parte degli europei. Il baricentro si sta spostando verso est e potrebbe posizionarsi proprio nel Golfo, a metà strada tra la Cina e l’Europa. Questo è il momento per, come ha scritto Giordano Stabile, “gettare la rete” e i pesci sarebbero entrati. Riad ha le più grandi riserve di greggio al mondo; ne produce 10 milioni di barili al giorno pari a 300 miliardi di dollari all’anno. E’ in grado di finanziare anche progetti inimmaginabili. MbS vuole mettere in pratica la lezione impartitegli dal suo ex amico MBZ. Oggi la Exit Strategy della crisi in Medio Oriente non può non passare che da Riad.

3) La guerra in Ucraina ha offerto a MbS un’altra straordinaria opportunità: una crisi energetica mondiale che ha costretto lo stesso Biden ad andare a Gedda a stringere la mano “insanguinata” di quel leader arabo che aveva definito pochi anni prima un “paria”. MBS ha chiuso un accordo con Putin per un rialzo del prezzo del petrolio, garantendosi ulteriori importantissimi profitti. Come ha giustamente sottolineato Federico Rampini l’Arabia Saudita merita di essere studiata più che contestata. Ormai è una realtà non solo religiosa ma anche economica, con un leader politico dalle grandi ambizioni strategiche.

Diventa così importante per tessere la tela di nuove alleanze strategiche contro le dittature degli autarchi coinvolgere lo stesso MBS: riaccoglierlo, in altre parole, nella comunità internazionale dell’Occidente dopo l’espulsione causata dall’assassinio di Khashoggi. Soltanto un’operazione di real politik potrebbe ridare fiato, respiro ed alleanze importanti alla zoppicante Unione Europea e al Presidente degli Stati Uniti Biden, troppo distratto – secondo Kissinger – dalle vicende interne per assumere il ruolo di driver in questo rimescolamento di carte.

4) Il nuovo puzzle, in fase di ricomposizione, ci suggerisce alcune riflessioni scaturite dal cinico linguaggio della diplomazia internazionale basato sulla real politik e non sull’etica. Ci aiuta, in tale direzione, un’analisi del think tank Globis di cui è co-direttore Carlo Pelanda:

5) MBS sarà il protagonista dei prossimi mesi e raggiungerà con ogni probabilità un accordo con Israele che auspicabilmente potrebbe porre fine all’attuale drammatica situazione.

6) Come mai l’Iran ha dichiarato, falsamente secondo Globis, di non essere responsabile dell’attacco del 7 ottobre?  Perché non vuole un’estensione del conflitto che vada oltre quel territorio e a tal fine ha agito per procura attraverso Hamas, Hezbollah e gli Houthi. L’Iran, oltre ad evitare di farsi bombardare in modo distruttivo da Israele, ha cercato anche di dare un segnale per depotenziare il progetto strategico denominato “Via del Cotone” di cui abbiamo già parlato in un precedente contributo su questa testata. La Via del Cotone si pone in alternativa alla Via della Seta, proprio in queste ore formalmente disdettata dal nostro governo. Cina, Russia e Iran temono di perdere le alleanze con l’India, l’Arabia e gli Emirati ed è pertanto ragionevole l’ipotesi, sempre secondo il think tank di Globis, che Teheran abbia concordato l’intervento di appoggio ad Hamas in via assolutamente riservata proprio con Pechino.

7) L’America, da parte sua, sta cercando di limitare l’azione di Israele e cerca anch’essa di salvare la “Via del Cotone” tenendo dentro MbS e l’Arabia. Fu proprio Biden, lo scorso settembre del 2023, a lanciare il progetto a Nuova Delhi coinvolgendo India, Emirati, Arabia, Francia, Germania e Italia con Israele e Giordania candidati ad entrare. Come ha detto in una delle sue ultime interviste il centenario Henry Kissinger, purtroppo Biden è troppo condizionato, in questo momento, nelle sue scelte attuali di politica internazionale dall’evolversi della campagna presidenziale: il rischio che Trump vinca è tutt’altro che marginale e questo “non lo fa dormire la notte”!

8) E l’Italia? Il recesso dalla Via della Seta è un esempio di come Giorgia Meloni si stia allontanando dalla Cina e si stia avvicinando sempre di più all’America. Questo è l’unico modo per poter perseguire il programma Mattei e cioè una collaborazione paritetica e non coloniale come quella francese, instaurando relazioni stabili con l’Africa islamica che rappresenta la costa sud del Mediterraneo e, soprattutto, la via di transito per l’emigrazione clandestina.

Il Grande Gioco è dunque in pieno svolgimento. Abbiamo denominato MbS il Talleyrand del III millennio: cinico, visionario, sottile e spietato come hanno riconosciuto dai suoi stessi avversari. MbS sarà il protagonista dei prossimi mesi.

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