Pickett vi socializza una emozione in diretta. Non per pubblicizzare una situazione privata, assolutamente irrilevante, ma per condividere un’emozione forte, rara in questo contesto piuttosto triste.

L’episodio accade questa mattina. Alle 7 quando la collina torinese si anima abitualmente di due serpentoni di auto: in discesa quelli che vanno al lavoro, tutti con lo stesso orario; in salita quelli che accompagnano i figli a scuola nei vari istituti sparsi tra il verde dei boschi, allo stesso orario. E’ una mattina piena di sole, dopo tanta acqua e dopo tanto “grigiume” londinese. E’ una mattina in cui si sentono i primi profumi primaverili e le prime temperature meno rigide. Insomma l’uscita di casa tende a farti migliorare l’umore. Sei pronto ad affrontare però il solito serpentone di auto, quello che, anche con lo scooter, ti obbliga a un continuo zizzagare, a volte anche pericoloso, per superare auto, smog, clacson, gente già innervosita dal dover perdere tempo in una colonna infinita tutta indirizzata verso la stessa meta, alla stessa ora. Psicologicamente ti attrezzi, ti imponi la calma, ti costringi a cercare di incominciare la giornata già non nevrastenico come probabilmente dovrai diventarlo nel corso delle ore.

E qui succede l’evento.

La strada è stranamente libera. Non c’è nessun rumore, né di clacson né di radio ad alto volume. Il sole illumina invece gruppi di studenti che stanno salendo a piedi verso le scuole. Parlano tra di loro, ridono, scherzano, ripassano la lezione … non hanno finalmente in mano la loro protesi tecnologica, il loro smartphone. In senso contrario, scendono verso la città gruppi di altri giovani, molti di colore, che lasciano il centro di raccolta dei Salesiani, posto nella prima collina torinese e vanno verso il centro cittadino. L’atmosfera è ovattata, strana, sorprendente per chi è abituato al solito scenario nevrotizzante di ogni mattina. Sembra di tornare indietro negli anni ai periodi in cui le macchine erano meno, gli smartphone non esistevano e si andava a piedi o al massimo in bicicletta chiacchierando piacevolmente con gli amici.

Cosa era successo? Poche ore prima, nella notte, era scoppiata una tubatura dell’acqua che aveva creato una voragine, da marciapiede a marciapiede, per tutta l’asse della strada. Un buco profondo qualche metro che impediva il transito in ogni direzione, di ogni mezzo. Erano intervenuti prontamente i tecnici che con i vigili urbani avevano provveduto a chiudere la strada, transennando gli accessi e iniziando i lavori di ripristino del manto stradale. La collina, almeno in quel versante, era dunque chiusa, bloccata a causa di questo incidente.

E cosa era successo conseguentemente? Tutti avevano dovuto prenderne atto modificando i loro programmi o i loro itinerari. Avevano dovuto modificare i loro comportamenti e le loro abitudini. I ragazzi avevano dovuto, forse all’inizio mal volentieri, farsi lasciare dal pullman ai piedi della collina e continuare a piedi verso la scuola. Anche i loro coetanei che scendevano dall’istituto dei Salesiani avevano rinunciato al pullman e si erano mischiati ai gruppi di studenti che si dirigevano alle loro mete. Scherzavano tutti insieme, si confrontavano probabilmente sugli impegni della giornata, alcuni corteggiavano le loro giovanissime compagne di scuola. Insomma un’atmosfera gioiosa, inclusiva, allietata dall’arrivo del “giovane” sole primaverile, strana e sorprendente rispetto alla nevrotica quotidianità a cui ci siamo purtroppo tutti abituati.

Torino, a causa di questa voragine, aveva ripreso una sua vecchia immagine di città inclusiva, con la gente a piedi, per le strade a camminare, a parlare, a incontrare altra gente, integrandosi nella comunità. Sembrava di vivere per un attimo nella Ferrara dei ciclisti, nella Ravenna dei pedoni, nella Venezia dei silenziosi calli. Pickett non è assolutamente un assertore della “decrescita felice” però vivendo in diretta, con una certa emozione, questo scenario non abituale per i nostri risvegli mattutini, qualche riflessione se l’è fatta. Non è che il concentrare tutti i nostri sforzi sull’efficienza delle nostre giornate e sull’efficacia delle tecnologie che ce lo consentono sia un “cosmico” errore strategico? Non è che ci perdiamo per strada, quasi senza accorgercene, il vero senso della qualità della vita, del nostro stare insieme? La risposta è sicuramente sì! E quindi Pickett non può far altro che ringraziare, per una volta, una voragine che si merita però l’appellativo di “buona”.

Comments (2)
  1. Maurizio Baiotti (reply)

    2 Marzo 2017 at 16:55

    Ma non basta girare in via della Villa Quiete? hahahahahah

  2. Maurizio Scaccabarozzi (reply)

    24 Aprile 2017 at 21:55

    All’autore un complimento per aver trasferito questa piacevole immagine a noi lettori in modo perfetto, in sottofondo si sentono le voci dei ragazzi ed il fresco di questa mattina di marzo sa di aria pulita; alla natura, che anche in questo caso ha vinto sull’uomo, per averlo ispirato…

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