Il gioco di parole mutuato da un famoso slogan pubblicitario, ci offre una sintesi formidabile di cosa stia avvenendo nel mondo in queste ore: in particolare in Medio Oriente.

L’orco cattivo incriminato a marzo dalla Corte Penale Internazionale per la deportazione di migliaia di ragazzini ucraini e per gli orrendi massacri del suo esercito, e destinatario di un mandato di arresto internazionale, sta per riassumere un ruolo centrale nel controverso e pericolosissimo scacchiere palestinese.

Sono gli apparenti paradossi della cosiddetta real politik che non è mai fondata sulla morale ma sui rapporti di potere, sugli interessi e, in definitiva, sui rapporti di forza.

Una real politik (per certi versi, a nostro avviso, fortunatamente) che sta imponendo a tutti una riflessione cruciale per cercare di arrestare un’escalation  militare pericolosissima per le sorti del mondo intero.

Non si può pensare di arrivare, se non ad una vera e propria pace almeno ad una tregua in Palestina, senza il contributo relazionale e diplomatico della Russia di Vladimir Putin.

Perché Mosca può vedere nella crisi medio-orientale un’occasione per rientrare nei giochi, per essere riammessa ai tavoli della diplomazia internazionale?

La risposta la possiamo ricercare dando un’occhiata alle geo-mappe attualmente esistenti sullo scacchiere internazionale ed in particolare su quello medio-orientale.

La Russia gode, infatti, di storici rapporti commerciali e finanziari con Israele, anche e soprattutto per i numerosissimi cittadini israeliani con doppio passaporto.

Mosca, anche negli ultimi diciotto mesi, ha continuato ad avere stretti rapporti con l’Iran che gioca un ruolo fondamentale in Siria e soprattutto in Libano.

Inoltre, sarebbe davvero stupido pensare di fare a meno di Mosca in zone geografiche come il Caucaso e i Balcani: a questo proposito basta vedere cosa stia succedendo nel Kossovo dove il regista dei rapporti tra serbi e albanesi sembra proprio essere Putin.

Esistono anche forti preoccupazioni che l’Azerbaijan, dopo aver ripulito il territorio del Nagorno Karabakh, stia pianificando un bis in Armenia, azzerando completamente l’etnia locale.

Per finire, il ruolo di Putin e dei corpi paramilitari russi in Africa è un dato di fatto ormai da anni: “Questo radioso quadretto – ha scritto recentemente il vice direttore de La Verità Francesco Borgonovo, – insegna almeno tre cose. La prima è che la morale, in politica, serve solo per ammaestrare le folle (e purtroppo spesso funziona). La seconda è che non conviene fare troppo il tifo per questa o quella squadra, perché il campione avversario che la curva ha insultato per mesi, potrebbe a stretto giro ritrovarsi a indossare una maglia diversa. La terza è che il diavolo non è brutto come lo si dipinge”.

Senza Putin seduto ad un tavolo negoziale, è dunque difficile tentare di mettere d’accordo le varie anime che stanno svolgendo un ruolo primario nella caotica situazione palestinese.

Contestualmente a questa “necessità” di una interlocuzione anche con Mosca da parte degli occidentali, Putin, proprio in queste ore, è a Pechino ospite di Xi Jinping al Forum sulla Via della Seta.

La “collaborazione senza limiti” promessa da Xi a Putin venti mesi, fa viene confermata dall’abbraccio che Xi ha voluto riservare a Putin, pubblicamente, al suo arrivo nella capitale cinese.

L’attacco terroristico di Hamas ha aperto nuovi scenari.

Finora le decisioni di Mosca non avevano troppo agevolato i piani di espansione del leader cinese: gli occidentali avevano fatto quadrato e Taiwan era diventata l’occasione per rivendicare la volontà di arginare ogni forma di imperialismo dei cinesi da parte degli Stati Uniti.

La Via della Seta ha perso via via alcuni dei protagonisti, come l’Italia che si prepara a recedere dal memorandum di intesa firmato nel 2019 dal governo Conte.

Nonostante tutto questo, Pechino mostra al mondo di voler continuare a sostenere Putin se non dal punto di vista militare comunque dal punto di vista diplomatico ed economico.

E qui sta proprio il secondo successo del leader del Cremlino: non solo ha mantenuto l’alleanza con Xi, pur avendogli reso la strategia espansionistica più complessa e irta di difficoltà, ma proprio in queste ore dal podio del Forum sulla Via della Seta, Putin può dimostrare al mondo di avere ancora un ruolo importante verso tutti i paesi alleati a Pechino.

C’è solo un punto che lo preoccupa e sul quale deve accelerare i tempi di una soluzione del conflitto ucraino: la Cina deve proteggere a tutti i costi i propri affari con l’America e l’Europa che valgono almeno dieci volte di più di quelli con Mosca.

Ad una delegazione di senatori americani in visita a Pechino, Xi Jinping ha detto nei giorni scorsi: “Abbiamo mille ragioni per migliorare le relazioni con gli Stati Uniti, nessuna per rovinarli”.

Washington e Pechino stanno lavorando per un incontro bilaterale a novembre a San Francisco tra Jo Biden e Xi Jinping, proprio per suggellare, in un contesto internazionale delicatissimo, il loro interesse ad andare d’accordo e a cercare, a tutti i costi, di evitare dei conflitti che potrebbero portare a delle tragiche escalation militari.

Ci troviamo dunque di fronte ad uno scenario nuovo in cui, nei prossimi giorni, nei silenziosi e segreti tavoli delle mediazioni diplomatiche in corso per fermare la crisi palestinese, il ruolo di Putin tornerà ad essere importante se non decisivo.

A rimetterci potrebbe essere proprio l’Ucraina che invece continua a ribadire che dietro l’azione terroristica di Hamas ci sia proprio Putin che non merita altro che una nuova Norimberga per i criminali atti da lui compiuti sul territorio ucraino: “Non abbiamo le prove che dietro all’attacco terroristico di Hamas ci sia Mosca – ha dichiarato proprio in questi giorni il ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba – ma non c’è bisogno di prove, basta riflettere su chi sia davvero interessato allo scoppio di un’altra guerra. La Russia. Spera così che i nostri alleati siano distratti. E alla Russia fa comodo un’altra crisi di rifugiati in Europa. Infine, Putin, è interessato al rafforzamento dell’Iran, il suo alleato più vicino”.

Diverso il giudizio sulla Cina: “La Cina da quanto ne so – ha detto Kuleba – non fornisce armi a Putin e questo ci basta”.

Putin cerca dunque disperatamente di uscire dal suo isolamento internazionale, si gode la conferma dell’alleanza con Pechino e si gioca la sua autorevolezza verso paesi che nel medio-oriente sono determinanti per ricercare un’ipotesi di pace in Palestina: l’Iran e la Siria. Vedremo nei prossimi giorni le mosse dei principali protagonisti di questo delicatissimo e sempre più fibrillante Grande Gioco

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