“Cresce l’esigenza di definire principi validi per tutti e per dare certezze a coloro che operano nelle attività spaziali”, l’onorevole Luciano Violante non ha dubbi in merito: “Occorre fare in fretta anche qui in Italia, valorizzando quanto esiste e quanto hanno già fatto altri paesi, per andare oltre”. Nella terza stagione della sua vita, ricca di impegni pubblici sempre rivolti a monitorare la società, l’evoluzione dei suoi costumi, la necessità di adeguare le norme alla rivoluzione tecnologica che ci sta travolgendo, Violante si occupa di Spazio, di futuro, di rapporti tra l’uomo e la scienza, tra i principi filosofici classici e la continua necessità di ripensarli nel nuovo contesto che stiamo vivendo.

La prima stagione della sua vita, Luciano Violante l’ha vissuta da giovane magistrato, soprattutto a Torino, a confrontarsi con il terrorismo e i drammatici problemi scaturiti da quel fenomeno nel nostro Paese. La seconda, da uomo politico, impegnato direttamente in battaglie parlamentari (è stato Presidente della Camera dei Deputati) sulla difesa della Costituzione, sulla riforma della Giustizia, sulla necessità di tutelare sempre e comunque la democrazia che “non è gratis”, come recita il titolo del suo ultimo saggio (“La democrazia non è gratis – i costi per restare liberi”, Marsiglio Editore).

La tutela e protezione della Costituzione impone dei costi, scrive Violante, che rappresentano un investimento virtuoso per rimanere liberi. L’ex Presidente della Camera ha sempre cercato negli ultimi anni, attraverso i suoi saggi, di riportare la distrazione generale della nostra partitocrazia sui temi della difesa della nostra Carta costituzionale, intrisa di diritti ma anche di doveri. Oggi, nella terza stagione della sua intensa vita pedagogica, si dedica all’insegnamento e, come Presidente della Fondazione Leonardo, sente la responsabilità di attivare iniziative e progetti, mirati a trovare un adeguato bilanciamento tra l’innovazione tecnologica e i diritti delle persone; tra i valori della Costituzione e le emergenze belliche, pandemiche ed economiche.

Alla conquista dello Spazio

I convegni organizzati proprio dalla Fondazione Leonardo vertono negli ultimi tempi proprio sul tema dell’esplorazione dello Spazio, ripartita clamorosamente negli ultimi anni. Lo scorso 30 maggio, alle 8,30 del mattino, gli esperti hanno calcolato che 17 esseri umani, in quel preciso momento, abitavano nello spazio. Erano astronauti, di diversi paesi, che condividevano questa nuova grande sfida. È successo per qualche ora e per stabilire un record. Non era mai successo prima e la coincidenza dimostra quanto interesse sia riesploso per la conquista dello Spazio.

Ormai intorno al nostro pianeta c’è un vero e proprio traffico di navicelle che impone tutta una serie di riflessioni. Abbiamo nella mente, negli anni ’60-’70 dell’altro secolo, che gli unici concorrenti nella corsa alla conquista dell’ignoto erano le due superpotenze, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica: ora ci sono una moltitudine di imprese private che vogliono conquistare un loro spazio nel nuovo far west delle galassie. Proprio per fare un punto della situazione, abbiamo intervistato l’onorevole Violante che è stato uno dei primi a lanciare un grido di allarme sulla necessità di riscrivere e condividere nuove regole per disciplinare la conquista delle… per ora… “terre di nessuno”. Una questione che abbiamo già trattato di recente su questa testata, proprio in occasione del convegno svoltosi alla Camera dei Deputati lo scorso dicembre e denominato “Una legge italiana per lo Spazio”.

“Man mano che crescono le valorizzazioni economiche, gli avanzamenti tecnologici, le scoperte scientifiche – ci ha detto Luciano Violante – cresce il numero degli attori, delle opportunità e dei rischi. Cresce parallelamente l’esigenza di definire principi validi per tutti e per dare certezze a coloro che operano nelle attività spaziali”. Si ipotizza che ci sia un immenso patrimonio di materie prime sconosciute e conosciute da conquistare nei nuovi mondi.

“Per fortuna non è vicino il momento dell’acquisizione di queste ricchezze – precisa Violante – ed è paradossalmente una opportunità positiva perché se tutti quei metalli arrivassero improvvisamente sulla Terra, importati dai nuovi colonizzatori, crollerebbe l’intera economia del mondo, che vale circa 75.000 miliardi di dollari. Il Sud Africa, ad esempio, che con l’industria del platino occupa circa mezzo milione di persone, dovrebbe probabilmente chiudere le sue miniere. L’oro perderebbe valore e i paesi più poveri, generalmente ricchi di minerali pregiati, potrebbero dichiarare bancarotta. In ogni caso dobbiamo porci oggi il problema di regolamentare i diritti connessi a questo enorme patrimonio. Le possibilità di utilizzazione economica, pur se non immediate, sono certamente meno lontane”.

Un industria da quasi 500 miliardi nel 2021

Nel recensire il libro di Marcello Spagnulo “Capitalismo stellare” (Rubbettino Editore) abbiamo registrato l’esistenza di una forte preoccupazione dell’autore sulla replicabilità della creazione di un secondo oligopolio di conquistatori dello Spazio, curiosamente composto dagli stessi protagonisti che hanno conquistato il dominio assoluto del mondo digitale nell’ultimo ventennio. “Certamente una seconda frontiera dell’economia dello Spazio è costituita dall’ingresso di privati in un campo che tradizionalmente vedeva solo investimenti pubblici  – spiega Violante – quest’avventura è cominciata nel 2008 quando Elon Musk ricevette per il suo progetto Space X un contratto da 1,6 miliardi di dollari per 12 lanci di rifornimento con la capsula Dragon Cargo. Le nuove “regole del gioco” serviranno anche a disciplinare gli eventuali nuovi oligopoli che si dovessero determinare nel settore”.

L’industria spaziale è cresciuta in maniera rilevante negli ultimi anni arrivando a 469 miliardi di dollari nel 2021. La Space X e la Blue Origin (la società aerospaziale di Jeff Bezos, il proprietario di Amazon) sono i due campioni del settore, ma non sono ormai i soli: possono far leva su un vasto ecosistema di circa 10.000 piccole e medie imprese del “nuovo Spazio” come viene chiamato il settore. Si tratta di una costellazione di aziende, sparse in tutto il mondo, che va dalla produzione di componentistica per satelliti e sistemi di controllo terrestre, fino alla progettazione di razzi, oltre alla promessa del suggestivo progetto sul turismo spaziale. “Questa per l’Italia è una grande opportunità – sottolinea Violante – il nostro Paese è presente nelle politiche spaziali con 200 grandi aziende e PMI e con un piano strategico che prevede investimenti per circa 4,7 miliardi di euro. Inoltre l’Italia è il Paese che negli ultimi tre anni è cresciuto di più in Europa tanto in termini di investimenti assoluti, quanto per la percentuale dei propri investimenti nel bilancio europeo nello spazio”.

Un altro elemento che desta preoccupazioni in questa nuova grande sfida, oltre al citato rischio di un nuovo oligopolio dei “soliti noti”, è quello del crescente inquinamento provocato dalla “immondizia orbitale”, i resti di satelliti che ormai hanno smesso di funzionare ma continuano a galleggiare nello spazio senza controllo, creando così una fitta coltre di detriti. “Questo aspetto dimostra ulteriormente quanto sia necessario condividere delle nuove regole che disciplinino i diritti e i doveri dei nuovi imprenditori del settore. Il quadro generale delle relazioni internazionali fa ancora riferimento al trattato sullo spazio del 1967, ancora valido, in molti suoi principi fondamentali nonostante il tempo trascorso. Finora – continua Violante – 40 paesi si sono già dati una legge nazionale. L’Italia non lo ha ancora fatto. Occorre fare presto per evitare guai futuri”.

Spazio, i quattro obiettivi principali per una legge ben definita

Abbiamo già segnalato nel nostro precedente contributo i quattro obiettivi principali di una possibile legge italiana in materia, così come studiati ed immaginati dal prof. Sergio Marchisio dell’Università Sapienza di Roma: (i) sostenere la ricerca e l’innovazione; (ii) aiutare la crescita delle attività spaziali; (iii) determinare i diritti, i doveri e le responsabilità di tutti gli attori; (iv) adeguare il quadro normativo nazionale a quello dell’Unione Europea e a quello dei principali stati con cui l’Italia intrattiene relazioni nel settore spaziale.

Nel nostro vissuto abbiamo sempre considerato l’esplorazione dello spazio un tema di competenza delle grandi potenze: una questione lontana, ma appassionante e che, in ogni caso, riguardava più, una volta gli americani e i russi e oggi probabilmente gli americani e i cinesi. In realtà la nostra filiera dell’aerospazio è una delle più importanti del mondo: gli stranieri ci riconoscono creatività, innovazione e conoscenza in un comparto che presume competenze sempre nuove e sempre all’avanguardia. Proprio per questa ragione, come ci stimola Luciano Violante, dobbiamo considerare la regolamentazione dello spazio come una delle priorità anche del nostro Parlamento. Il non farlo, consoliderebbe quel filone di pensiero che in parte ha già trovato consensi sia in Cina sia in America per cui, come scrisse Donald Trump in un decreto presidenziale durante il suo quadriennio, gli Stati Uniti “non vedono lo spazio come un bene comune” quindi le risorse, le ricchezze che possono derivare dallo sfruttamento delle risorse, sono di chi arriva per primo!

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