La sentenza della Suprema Corte americana sta dividendo la pubblica opinione mondiale.

Tutti i media hanno le prime pagine piene di commenti contro (la maggioranza apparentemente) o a favore (una minoranza da non sottovalutare però anche dal punto di vista quantitativo) della decisione.

Molti lettori ci hanno scritto dopo il nostro ultimo articolo, confusi dalle varie tesi messe in campo dai vari e opposti sostenitori, chiedendoci quale sia veramente “la portata” della decisione dei giudici americani in termini giuridici e legislativi.

Eccovi dunque il quadro della situazione legislativa in America dopo la decisione della Suprema Corte.

Nella sostanza la scelta operata dai membri della Suprema Corte è stata quella di non considerare l’aborto un diritto costituzionale, rinviando ai Parlamenti dei singoli stati americani la scelta legislativa da effettuare.

I giudici hanno stabilito che a dover decidere “se” e “come” l’interruzione di gravidanza possa avvenire, debbano essere i cittadini (o meglio, i loro rappresentanti in Parlamento) e non i giudici. Sono loro che attraverso il voto hanno la possibilità di mandare in Parlamento i propri rappresentanti, ovviamente affidandosi alle loro promesse elettorali a favore o contro l’aborto.

La Corte Suprema americana si è mossa dunque all’interno di un quadro costituzionale, non rilevando che l’interruzione preventiva di una gravidanza sia uno specifico diritto previsto dalla costituzione americana.

Adesso, la palla passa dunque ai singoli Stati, o meglio, ai loro Parlamenti che sono formati dai rappresentanti democratici e repubblicani eletti dai cittadini dei singoli Stati.

Ogni Parlamento avrà l’autonomia e l’indipendenza di decidere in merito alla legge da votare e deliberare sulla liceità o meno dell’aborto e sui suoi eventuali limiti e vincoli.

Non sappiamo se sia corretto affermare che “Il diritto all’interruzione di gravidanza passa di fatto da un diritto costituzionale ad un diritto amministrativo, non un diritto garantito, ma in balìa della temperatura e dalla politica di una certa amministrazione. Questo ha sancito la Corte, questa è l’ombra livida che si allunga su di noi” come ha scritto Chiara Valerio su La Repubblica.

Certo, da oggi in avanti, la libertà della scelta delle donne in questa materia non è più tutelata a livello federale da un diritto protetto dalla Costituzione americana: in ogni Stato bisognerà iniziare o continuare quelle battaglie per la libertà di scelta delle donne finalizzate ad evitare anche una discriminazione sociale ed economica inaccettabile in una società civile e democratica.

Come abbiamo già scritto, i diritti anche acquisiti, vanno continuamente “coccolati”, difesi, tutelati: non si deve mai pensare che siano acquisiti per sempre come ci dimostra la Suprema Corte americana, al di là di ogni valutazione politica.

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