Immagino che il titolo di queste note faccia scattare riflessi condizionati che innescano giudizi a prescindere, rimandi a situazioni della Storia Russa, a Lenin, a Stalin e alla dittatura del proletariato.

Molti quando parlano di Karl Marx ne parlano sottintendendo di averlo letto e molti dei molti danno ad intendere di avere letto Il Capitale. A tal proposito io nutro qualche perplessità e confesso che salvo qualche pagina, qua e là, neanche io ho letto Il Capitale.

Ho letto, di Karl Marx un libretto, molto meno impegnativo, dal titolo “Il Manifesto del Partito Comunista”. Quello dello spettro che si aggirava per l’Europa. In queste pagine Karl Marx descrive in forma dettagliata l’avvento dell’industria moderna e la rivoluzione che aveva provocato: ferrovie, comunicazioni, telegrafo e denunciava anche quella scarsa parte di ricchezza che veniva distribuita.

I ricchi e i possidenti avevano e controllavano il 90% del tutto. La maggioranza della popolazione lavorava per consolidare quel 90%, limitandosi a consumare un povero 10%. Questa era la situazione a metà dell’ottocento. Oggi quella situazione continua a combaciare con l’attuale realtà della globalizzazione e della rivoluzione digitale. Con una differenza di non poco conto. Fino al 1970 il 90% della ricchezza era concentrata sulla produzione e sul commercio e il 10% era dedicato alla speculazione. Dal 1990 la proporzione si è capovolta: il 90% è speculazione, il 10% è produzione e commerci, con un trend a salire per la speculazione e a scendere per produzione e commerci.

L’analisi di Karl Marx di metà ottocento non necessariamente indicava la via della dittatura del proletariato. Anche perché questo concetto era sbagliato in sé e Karl Marx non poteva prevederlo. A metà ottocento si parlava di dittatura del proletariato perché si pensava che il proletariato sarebbe diventato la stragrande maggioranza della popolazione e dunque si sarebbe giustificata la sua dittatura su una sparuta minoranza di sfruttatori.

Invece la quota degli operai salariati non ha mai superato il 50/55% e oggi nei paesi sviluppati non supera il 30% e tende a diminuire sempre di più, con buona pace dei sindacati che tentano di gestire una realtà sempre più complessa e che non somiglia minimamente alle ragioni costitutive ottocentesche e novecentesche dei sindacati dei lavoratori. Karl Marx non poteva prevedere la “share economy” che crea a getto continuo eserciti di “free lance” senza diritti e senza previdenze. Esiste qualche sindacato che se ne occupa? Karl Marx non poteva prevedere la produzione data in “out sourcing” con conseguente proliferazione di tipologie di lavori “la qualunque” e di lavoratori senza tutele. Esiste qualche sindacato che se ne occupa?

Inoltre la produzione in “out sourcing” ha creato le condizioni per  le dimissioni dell’azienda dalla RESPONSABILITÀ SOCIALE che in molte aziende degli anni 60/70/80 esisteva. Oggi nel migliore dei casi l’azienda svolge qualche opera assistenziale e nei peggiori si nasconde dietro le sponsorizzazioni più o meno umanitarie. Il salto tecnologico dalle macchine a vapore all’era digitale è un passaggio che nessuno avrebbe potuto prevedere e quindi neanche Karl Marx, ma l’ingiustizia sociale di metà ottocento che Karl Marx denunciava è ancora presente e aleggia su di noi come l’ombra del partito comunista aleggiava sull’Europa di metà ottocento. Oggi il pericolo non è più il comunismo che ha fallito la sua prova. Oggi il pericolo ha volti diversi, è diffuso perché la disuguaglianza è diffusa.

Con una precisazione: la disuguaglianza non ha partito, non ha colore politico, non è destra né sinistra, è miseria che non partecipa perché il gioco della partecipazione appartiene a quelli che in qualche modo sono riusciti a difendersi dall’emarginazione.

Fidelio Perchinelli

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